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cattafi-rosario-centonove-webdi Miriam Cuccu - 17 dicembre 2013
Condannato a 12 anni, a fronte dei 16 richiesti dall’accusa, l’avvocato di Barcellona Pozzo di Gotto Rosario Pio Cattafi. Il gup Monica Marino ha dunque stabilito la sua effettiva vicinanza ai boss della mafia barcellonese, con i quali aveva mantenuto i contatti anche tra i vertici del clan e altre famiglie mafiose. La sentenza ha emesso, inoltre, altre cinque condanne: 7 anni e 6 mesi per Giuseppe Isgrò, ritenuto il ‘tesoriere’ del gruppo mafioso, 6 anni e 4 mesi a Tindaro Calabrese, 5 anni e 8 mesi a Giovanni Rao, 4 anni e 8 mesi per Carmelo Trifirò e 4 anni e 4 mesi a Agostino Campisi. Tutte condanne scaturite dall’operazione “Gotha 3”, che aveva svelato, nell’ambito della realizzazione di opere nel messinese, una serie di attività estorsive ai danni di quattro società.
Cattafi, oltre ad essere coinvolto nel processo “Gotha 3” (associazione a delinquere di stampo mafioso con l'aggravante di aver promosso e diretto l’organizzazione mafiosa barcellonese) fu precedentemente condannato per aver aggredito nel 1971 cinque studenti universitari insieme a Pietro Rampulla (il futuro artificiere della strage di Capaci) e in seguito condannato per porto e detenzione abusivi di arma, cessione di sostanze stupefacenti e calunnia. L’avvocato barcellonese prese poi parte al matrimonio del capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto Giuseppe Gullotti – condannato per essere stato il mandante dell’omicidio del giornalista Beppe Alfano – in qualità di testimone di nozze.
Recentemente il legale Fabio Repici, tra i pochi e uno dei primi insieme a Sonia Alfano e Lumia ad aver segnalato la caratura criminale dell’avvocato legato al clan barcellonese, è stato il destinatario di una serie di minacce. Repici, legale di Sonia Alfano, l’europarlamentare e presidente del Crim figlia di Beppe Alfano, di Piero Campagna, fratello di Graziella Campagna, della famiglia di Attilio Manca, l’urologo trovato morto nel 2004 in oscure circostanze, e di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, per citarne solo alcuni, è riuscito a svelare gli assetti del clan di Barcellona Pozzo di Gotto grazie ad un lavoro attento e approfondito che Cattafi non ha certamente visto di buon occhio. E lo scorso 17 ottobre è sbottato: “Avrei dovuto prendere a schiaffi l'avvocato Fabio Repici, mi pento di non averlo fatto – ha detto nel corso delle dichiarazioni spontanee rilasciate ad un’udienza a Messina – auguro con tutto il cuore all'avvocato Repici di subire tutto quello che ha fatto subire ad altri”.
Parole come pietre che però non hanno portato ad alcun provvedimento in difesa del legale che, nel corso della sua carriera, ha difeso molti dei parenti delle vittime di mafia. Cattafi aveva precedentemente accusato Repici di essere la causa delle sue tribolazioni, oltre a ritenerlo responsabile di un presunto complotto ai suoi danni. Il gip messinese Massimiliano Micali si è così espresso nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari ‘Gotha 3’: “Priva di verosimiglianza si atteggia, allo stato delle risultanze, la proposta interpretativa offerta dall’indagato (Rosario Cattafi, ndr). Che le propalazioni accusatorie mosse dal collaboratore (Carmelo Bisognano, ndr) – che più volte ha fatto il nome dell’avvocato barcellonese nelle sue deposizioni – costituiscano, cioè, un momento di un più articolato complotto ispirato da bieche finalità di ordine politico rappresenta, allo stato, mera allegazione rimessa al dato labiale dell’indagato, non priva di conclamati profili di inverosimiglianza e, come tale, persino di carente capacità suggestiva”.
Le minacce di morte pervenute al legale Repici, che ha ad ogni modo coraggiosamente proseguito il suo impegno dentro e fuori le aule del tribunale, se sono state accolte dal silenzio delle istituzioni hanno però suscitato lo sdegno di parte della società civile che ha dato un segno di solidarietà e vicinanza in risposta all’appello, contro le minacce di cui sono stati oggetto Repici e i pm della trattativa – questi ultimi da parte del boss Totò Riina – lanciato dal movimento delle Agende Rosse.
A dimostrazione del fatto che la mafia non può – e non deve – fare il bello e il cattivo tempo, un segno importante per non far passare inosservate le minacce chi, come Cattafi, si è fatto più volte portavoce degli interessi mafiosi locali. Arrestato il 24 luglio 2012, a margine delle dichiarazioni del pentito Bisognano è stato definito come “soggetto apicale dell’organizzazione barcellonese e collettore fiduciario dei proventi illeciti conseguiti dai membri apicali e storici delle due citate organizzazioni mafiose”. Nell’ambito della sentenza “Mare Nostrum” viene ribadito come Cattafi era “…all’epoca indagato per associazione mafiosa a Milano, indicato poi dal – pentito, ndr – Chiofalo come uomo di onore, circostanza ribadita da Sparacio e altri collaboratori”. Riscontrati, inoltre da una serie di intercettazioni i contatti con il boss Gullotti, in merito alle quali il Tribunale di Messina Sezione Misure di Prevenzione ha evidenziato “una familiarità ed una comunanza di interessi che va ben oltre il mero rapporto di conoscenza”. I rapporti dell’avvocato barcellonese con la mafia locale sono stati infine, definitivamente, confermati dalla sentenza.

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