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giunta natale0di AMDuemila - 12 marzo 2013
Gli imprenditori palermitani continuano ad essere vittime del racket imposto da Cosa nostra. Sono sempre più numerosi, però, i commercianti che trovano il coraggio di denunciare gravi forme di estorsione, dall'imposizione del pizzo a vere e proprie persecuzioni protratte nel tempo.
È il caso di Natale Giunta, chef del ristorante “Sailem” al Castello al Mare. Diventato famoso al programma in onda su Rai 1 “La prova del cuoco”, Giunta ha denunciato alle forze dell'ordine una serie di intimidazioni e di pesanti richieste di pizzo che è stato costretto a subire da un anno a questa parte. Il 27 febbraio i carabinieri hanno arrestato gli estorsori del cuoco palermitano: Antonino Ciresi, boss di Borgo Vecchio, Maurizio Lucchese, accusato di reati patrimoniali, Alfredo Perricone e Giuseppe Battaglia, entrambi incensurati.
Ma la mafia ha voluto dare un altro segnale. La scorsa domenica quattro uomini hanno raggiunto in auto la villa della famiglia Giunta. In casa erano presenti la madre e la sorella, mentre lo chef si trovava all'estero per lavoro. Uno degli uomini, sceso dall'auto, le ha avvicinate dicendo di voler “ricordare una ricorrenza”. Probabilmente l'estorsore si riferiva alla denuncia sporta ai carabinieri l'8 marzo.
In seguito all'ennesima intimidazione e alla conseguente segnalazione, avanti alla villa sono stati messi a punto ulteriori controlli militari. “Sono sconvolto e turbato. Ancora non so come gestire quest’ultimo evento. Mi sento confuso. Ho appena finito una riunione di lavoro e ho appreso dalla mia famiglia cosa è accaduto” ha detto Natale Giunta al telefono, precisando che non intende lasciarsi intimidire. “Confermo la mia scelta di legalità” ha poi affermato, ripetendo le convinzioni espresse in un messaggio registrato il giorno dell'arresto dei suoi estorsori: “Spero di vivere in una città dove si possa fare impresa e lavorare serenamente. Questo è il mio desiderio e il motivo per il quale ho scelto di denunciare l’estorsione. Adesso spero di avere tutto questo calore e questa solidarietà anche nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, quando i riflettori si spegneranno. Io non lascio Palermo. Non ci penso neppure, né l’ho mai pensato. Sono loro che se ne devono andare. Vadano via dalla Sicilia”.
Ma Giunta non è l'unico imprenditore che si è ribellato all'estorsione mafiosa. Giovanni Amato, titolare di un'impresa edile a Partinico, è stato recentemente destinatario di una lettera di minacce. “Amato state attenti, vi facciamo saltare in aria” c'era scritto. Amato aveva denunciato insieme al padre alcuni esponenti della famiglia Vitale che riscuotevano il pizzo nel quartiere dell'hinterland palermitano.
Gianluca Calì, concessionario di Altavilla, giovedì scorso ha visto arrivare due uomini: “Dite al titolare che qui c’è da pagare. Non vi spaventate che vi bruciano le macchine o se le portano via?” hanno urlato, facendo riferimento alla notte del 3 aprile 2011, quando vennero bruciate sei auto davanti all'autosalone. Calì, dopo aver denunciato l'accaduto, ha fatto stampare un cartellone che ha appeso fuori dal suo esercizio: “ Appello alla cittadinanza per non morire”.
Si tratta di ulteriori segnali che fanno pensare a un risveglio etico della società civile e della piccola imprenditoria locale, che troppo spesso per paura china la testa di fronte al sistema coercitivo imposto dalla Cosa nostra.

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