di Miriam Cuccu - 23 ottobre 2012
C'era aria di fermento all'interno del clan della Noce, a Palermo. Questa notte, però, la sezione Criminalità organizzata della Squadra Mobile ha messo fine alla lotta di poteri interna al mandamento, arrestando 41 esponenti di una famiglia che risultava una delle più potenti di Cosa nostra palermitana, oltre ad alcuni membri delle famiglie vicine di Cruillas e Altarello.
Non si faceva mancare niente, il clan della Noce. All'interno dell'indagine, coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dai pm Lia Sava, Francesco Del Bene e Gianluca De Leo, l'immancabile accusa di associazione mafiosa e dell'imposizione del pizzo nei confronti di diversi commercianti del quartiere, oltre al traffico di sostanze stupefacenti, possesso ed uso illegale di armi da fuoco, interposizione fittizia, e la scoperta di sette agenzie di scommesse, tutte sequestrate dalle forze dell'ordine. In aggiunta, un più che discreto interesse per la cinematografia, come dimostrano le diverse intercettazioni telefoniche e ambientali, la carta vincente usata dalla Squadra mobile palermitana che ha permesso la fine delle innumerevoli attività criminali facenti capo al mandamento. Come “location” del misfatto, il set de “Il segreto dell'Acqua” gestito dalla “Magnolia Fiction” e avente come protagonista Riccardo Scamarcio. Nella veste di “registi” i fratelli Tommaso e Gaetano Castagna, accusati di estorsione aggravata e di rapporti eccessivamente “cordiali” con il clan della Noce. Le cimici hanno intercettato le ripetute minacce rivolte ai produttori di Magnolia, appena celate dietro la messa a disposizione dei server dell'agenzia Castagna per costumi e attrezzi per la scena, oltre all'imposizione di diverse assunzioni, in primis quelle di due fratelli, divenuti entrambi “capogruppo di set”. Diceva Tommaso durante un colloquio con un responsabile della “Magnolia Fiction”, di permettere in questo modo la totale tranquillità delle riprese del film, perchè “i film a Palermo li fa i Castagna, altrimenti ti vanno tutte cose male”. I responsabili della produzione hanno però denunciato il fatto alla Squadra Mobile, che già teneva d'occhio i più importanti boss della Noce in seguito a un'indagine aperta mesi prima dalla Dda di Palermo. Boss in forte conflitto tra loro, secondo le più recenti ricostruzioni, in quanto era in corso un “colpo di stato” da parte di un gruppo di ribelli, giustificato dagli arresti domiciliari imposti al capomafia Franco Picone e dall'arresto del “boss in seconda” Fabio Chiovaro detto “u picciotteddu”, in carcere da ottobre 2010 a maggio 2011. I sovversivi, detti anche “stiddari” e individuati nei panni di Salvatore Seidita e dei suoi sottoposti Giuseppe Sammartano, Umberto Maltese, Antonino Bonura, ne hanno dunque approfittato per ribaltare il sistema di potere, ma con Chiovaro nuovamente in libertà le spedizioni punitive contro i rivoltosi non si sono fatte attendere, soprattutto nei confronti di Sammartano, indicato come il massimo ispiratore del piano eversivo.
Insomma, il clan della Noce si è rivelato essere in pieno sviluppo, “sempre in grado di reinventarsi trovando nuove occasioni di guadagno” come ha dichiarato il procuratore di Palermo Francesco Messineo a operazione conclusa. Un guadagno che spaziava nei più diversi settori di sviluppo del capoluogo siciliano, grazie soprattutto al silenzioso beneplacito concesso dai cittadini. Questa volta però, alcune delle vittime del pizzo hanno denunciato il fatto agli investigatori e hanno permesso la cattura degli esattori che battevano cassa presso numerosi esercizi commerciali su mandato del clan. Questo è stato possibile grazie anche alla partecipazione attiva delle associazioni antiracket Addiopizzo e Libero Futuro, che hanno accompagnato alcuni commercianti a denunciare i loro estorsori presso la Sezione Criminalità organizzata della Squadra Mobile di Palermo. “Con 'cosa nostra' non si deve trattare e questo vale sia per le articolazioni pubbliche dello Stato sia per i privati” ha affermato Antonio Ingroia, che ha partecipato all'operazione “l'intransigenza deve essere un atteggiamento sia del pubblico che del privato” per fronteggiare con fermezza una mafia che “mantiene un dinamismo criminale che le consente di avere un efficace controllo del territorio che si manifesta sia in modo tradizionale, ad esempio con le estorsioni, sia con investimenti in nuove attività economiche”.