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giambrone-giuseppeAumentiamo la sicurezza a Telejato
di Aaron Pettinari - 3 settembre 2012
È notizia di qualche giorno che che Giuseppe Giambrone - detto Pino Stagnalisi - implicato in vari omicidi di mafia nei territori di Partinico e Borgetto, da due giorni è tornato in libertà per scadenza dei termini di custodia cautelare. Questi è uno dei principali protagonisti dell'operazione Carthago che mise in evidenza le faide interne della mafia partinicese.

Erano due le fazioni che si erano create dopo che l'operazione del 2005, Terra Bruciata, aveva portato all'arresto dei fratelli Vito e Leonardo Vitale.
Erano due le fazioni che si contendevano il potere. Da una parte c’era proprio quella del Corrao, che godeva anche dell’appoggio del supervisore del mandamento, allora ancora latitante, Domenico Raccuglia, dall’altra quella di Antonino Giambrone (classe’71), sostenuta dal capomandamento di Partinico Francesco Nania, che si trovava negli Stati Uniti.     
Tra il 2005 ed il 2006 infatti Antonino Giambrone aveva assunto il controllo della famiglia di Borgetto, scalzando Corrao che era finito in carcere ed il nipote Santo Musso. Un cambiamento che non piacque a diversi associati e che metteva persino in discussione la leadership di Domenico Raccuglia, decretata in passato dalla storica famiglia mafiosa dei Vitale.
Dalla fitta trama di conversazioni intercettate è stato quindi possibile far luce sull’intero percorso di riconquista del potere da parte del gruppo di Corrao. Un percorso di morte pianificato e che si è susseguito nel tempo con l’omicidio di Maurizio Lo Iacono, uomo di Provenzano (3 ottobre 2005), la scomparsa di Antonino Frisella (maggio 2007), gli omicidi di Giuseppe Lo Baido (13 luglio 2007), del nipote di Giuseppe Giambrone, Antonino (31 ottobre 2007) e il duplice omicidio dei fratelli Giuseppe e Giampaolo Riina (febbraio 2008).

Nel 2006 il rapporto tra Giambrone ed il gruppo Corrao - Salto arriva agli sgoccioli. Appare ancor più chiaro nell’intercettazione dell’8 luglio in cui Musso si incontra con lo zio. Quest’ultimo riferiva di aver parlato con Francesco Rappa, in occasione di un processo a Milano, e di avere il suo appoggio per organizzare una controffensiva. Quindi Corrao indicava gli esponenti mafiosi antagonisti da eliminare ovvero Guseppe Giambrone (chiamato in questo caso “valigia”), il nipote Antonino Giambrone e Giuseppe Lo Baido (“a’zzotta”): “Non sbagliare a mandare in ferie sti picciotti! E li fai andare … perciò, tu mandi soltanto in ferie valigia  e nipote ... e a ‘zzotta”. Rimaneva escluso Francesco Nania, parente dello stesso Francesco Rappa, poiché Corrao riteneva il latitante condizionato da Giuseppe Giambrone: “che c’entra u bocciolo ... valigia! Eh. Hai capito? Bocciolo niente…Va bè, lo so che è da lui, poi c’è un altro verso là …cioè lui era quello che ... ma, è quello che gli ha riempito la testa! Lo hai capito? Di tragedie”.
Così in poco tempo gli uomini del sodalizio coordinato da Salto e Corrao, benedetti dal placet di Raccuglia, organizzavano l’azione di fuoco. Dalla registrazione delle conversazioni tra i fratelli Gaspare e Giuseppe Bacarella e Salvatore La Puma, è stato possibile raccogliere una serie di dettagli sul piano di eliminazione di Antonino Giambrone. I tre, infatti, ne avevano studiato gli spostamenti e le abitudini, si erano procurati le armi necessarie (testandole anche su cani randagi), avevano rubato un’auto appositamente per l’omicidio ed aspettavano solo il via libera ad agire. Un ordine che sarebbe giunto soltanto dopo la scarcerazione di Nicolò Salto (1 febbraio 2007 per effetto dell’indulto).
Proprio quando tutto sembrava pronto, ed anche i carabinieri avevano adottato tutte le contromisure per impedire l’evento criminoso, un imprevisto mandò all’aria il piano.

Nel processo scaturito dall'operazione dei carabinieri nel Palermitano, lo scorso aprile la IV sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Vittorio Alcamo, condannò i boss di Borgetto e Partinico accusati a vario titolo di associazione mafiosa ed estorsione. La pena più alta (20 anni) è stata comminata al boss di Altofonte Domenico Raccuglia (nella foto), a 14 anni è stato condannato Salvatore Corrao, a 10 anni Santo Musso, a 5 Pietro Brugnano, a 9 Giuseppe Giambrone, a 14 Francesco Nania. Per questi ultimi due i giudici però hanno ordinato la scarcerazione. Il processo ai due nasceva da una riunificazione di due procedimenti, uno dei quali su annullamento con rinvio della Cassazione. I due sono stati condannati per mafia per episodi fino al 2004: per questo procedimento erano stati scarcerati per scadenza dei termini di custodia cautelare. E a Partinico torna l'allarme. A denunciarlo è proprio Telejato, di Pino Maniaci che non solo ricorda la pericolosità del soggetto ma al tempo stesso getta un allarme sulla giustizia: “E' la legge - giusta o sbagliata che sia - che impone la scarcerazione. Una legge malata, in questo caso, quella che regola il nostro ordinamento giudiziario. Una legge che permette a pluriomicidi, uomini di spicco della criminalità organizzata, di poter camminare liberamente per la strada. Processi interminabili, che non hanno come scopo quello di "fare giustizia" ma di perder tempo. Processi gestiti da un personale, quello della procura palermitana, che ogni giorno viene ridotto. Il numero dei processi cresce, il numero di chi i processi li deve celebrare diminuisce. Il risultato è questo. Lo vediamo con i nostri occhi. Tutte le operazioni compiute sul territorio vengono nullificate, l'impegno delle forze dell'ordine viene vanificato. La legge su cui si fonda questo Stato sta convincendo i cittadini, che è vero, si, la mafia non finirà mai. La magistratura non può fare nulla, la cittadinanza nemmeno. E il risultato è che un elemento così pericoloso è tornato a calpestare queste strade così disgraziate.
L'ordinamento giuridico italiano ha delle regole complesse. Se i termini per custodia scadono, a causa dei lunghi tempi processuali, è la legge stessa ad imporre la scarcerazione. Da una parte la legge quindi, e dall'altra la realtà. Il clima che si respira a Partinico non verrà certo favorito dal ritorno di Giuseppe Giambrone. I cittadini come fanno a sentirsi sicuri sapendo che criminali di tale rango girano per le strade? Dobbiamo prepararci ad un'altra stagione di faide? Ad un'altra guerra? Dobbiamo ricominciare a vedere morti ammazzati distesi sulle nostre strade? Dobbiamo credere che questa lotta quotidiana contro la mafia non serve a niente se la legge non è dalla nostra parte”.
Quel che è certo è che a Partinico va aumentata la sicurezza soprattutto per Telejato che da sempre denuncia il malaffare e che più volte è stata messa al centro del mirino con minacce ed intimidazioni non solo al direttore Pino Maniaci ma anche a chi lavora nell'emittente.

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