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conso-giovanni-web0Lo proverebbe un documento scoperto dalla Dia
di AMDuemila - 24 giugno 2012
Nell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia l’ex ministro della Giustizia Giovanni Conso e l’ex direttore del Dap Adalberto Capriotti avrebbero mentito o, comunque, non avrebbero detto tutta la verità. La prova sarebbe in un documento rinvenuto dalla Dia in un vecchio archivio del ministro della Giustizia. E pubblicato oggi da la Repubblica in un articolo a firma di Salvo Palazzolo.


In foto:
Giovanni Conso


Tre pagine in tutto depositate dai pm che svolgono quelle indagini e che smentiscono la versione fornita dall’ex Guardasigilli secondo cui nel novembre del 1993 fu lui a decidere, in totale autonomia, la mancata proroga di 300 provvedimenti di 41bis nei confronti di boss di Cosa nostra.
Oggi quelle tre pagine smentiscono questa versione e raccontano un’altra verità: quella di Adalberto Capriotti che cinque mesi prima di quei provvedimenti scrive al “signor capo di gabinetto dell’onorevole ministro” per spingere affinché sia dato “un segnale positivo di distensione delle carceri”. “I decreti relativi ai soggetti di media pericolosità, allo stato 373 – suggerisce -,  potrebbero alla scadenza non essere rinnovati” e sul documento si legge una nota del capo di gabinetto: “Conferito col ministro, in attesa di ulteriore appunto già richiesto a Di Maggio (vice di Capriotti, ndr.)”.
Conso e Capriotti, indagati per false dichiarazioni, dovranno ora spiegare il contenuto di quel documento, così come quello delle intercettazioni a cui sono stati sottoposti insieme agli altri indagati dell’inchiesta.
Già il 21 dicembre scorso il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e il sostituto Nino Di Matteo, prosegue Repubblica,  hanno interrogato Conso (convocato per la terza volta) chiedendogli conto di quell’appunto firmato da Capriotti, ma l’ex Guardasigilli ha balbettato: “Non è un atto collegiale… io non voglio mica inguaiare gli altri ministri”. E i pm lo hanno aiutato a ricordare.

Pm: L’atto finale è suo, ma fu istruito dal Dap.(…) Nel documento si legge: “Al fine di dare un segnale di distensione”
Conso (C): Questo l’hanno scritto loro».
Pm: Lo scrive Capriotti. Dopodiché risulta un’annotazione del capo di gabinetto Pomodoro, che dice di avergliene parlato. Se lo ricorda?
C: Se dicono loro, non ho motivo di negare.
Pm: No, scusi, la domanda mia è se lei ricorda o non ricorda.
C: Ma non lo escludo: tutto quello che mi veniva detto, lo sentivo, poi però decidevo io.

In quanto alla natura dei rapporti di Conso con Francesco Di Maggio (deceduto nel ’96) l’ex ministro della Giustizia risponde: erano “ottimi”.
Pm: Ha avuto mai qualche frizione con lui?
C: No, anzi, mi faceva molta simpatia. Un carattere estroverso, impetuoso. Capriotti, invece, una persona quasi docile.
Pm: La domanda non gliel’ho posta a caso. Capriotti ha ricordato un acceso scontro per motivi d’ufficio tra lei e Di Maggio, che l’avrebbe aggredita verbalmente: “Iniziò a dargli del tu e lo insultava…
C: Cosa vuol dire gridare, uno può dire una parola più forte delle altre.
Pm: Lei ha questo ricordo?.
C: Non ricordo.
Pm: Non ricorda proprio una discussione accesa?
C: Oggi si dice, la vita è complicata. Ma allora era peggio, eravamo dopo la strage di Capaci. Era talmente bruciante che le reazioni non erano come sono adesso.
(…)
Pm: Ma a lei il nome di Di Maggio come le venne in mente? Solo perché l’aveva visto in televisione, come ci ha detto? Professore, non è credibile.
C: Ma era molto brillante.
Pm: Però non aveva alcuna esperienza in materia carceraria.
C: Ma forse l’aveva.
Pm: Il dottore Gifuni ha dichiarato di essere a conoscenza del fatto che la sostituzione del direttore del Dap Amato con Capriotti venne da lei concordata sia con i presidenti Scalfaro e Ciampi.
C: Ne parlai a cose fatte.
Pm: Non prima?
C: Ma no, prima no.

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