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Palazzolo-vito-robertoI pm di Palermo Ingroia e Paci in viaggio per Bangkok per provare a riprendersi il finanziere di Cosa nostra
di di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza - 3 giugno 2012
Palermo. Per oltre 15 anni ha giocato a “guardie e ladri” con la magistratura italiana, sfuggendo alla cattura, alle sentenze passate in giudicato e alle estradizioni e conducendo una vita da nababbo a Johannesburg, in Sudafrica. Ora, per provare finalmente a consegnarlo alla giustizia italiana, sono partiti da Palermo il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e il pm Gaetano Paci, diretti a Bangkok con l’obiettivo di “fornire elementi di valutazione e conoscenza”, su richiesta dell’Attorney locale, sul caso giudiziario di Vito Roberto Palazzolo, alias Robert Von Palace, bloccato il 31 marzo all'aeroporto di Bangkok e sottoposto dal 20 aprile a un arresto provvisorio “per fini estradizionali”, misura che nel paese del sud-est asiatico scade dopo 90 giorni.

I pm di Palermo hanno il compito di dimostrare alle autorità giudiziarie di Bangkok la caratura criminale di Palazzolo, 65 anni, considerato il finanziere dei boss, descritta dalle sentenze ormai passate in giudicato che lo indicano come uno dei primi frontman di Cosa Nostra impegnati nel riciclaggio dei proventi del narcotraffico dalla fine degli anni Settanta.

Il difensore di von Palace, l'avvocato Baldassare Lauria, ha messo in moto la macchina diplomatica chiedendo che il suo cliente possa sfuggire alle maglie della giustizia italiana per rifugiarsi nuovamente in Sudafrica. Ingroia e Paci, però, oltre al documentato dossier con la storia giudiziaria del finanziere condannato per mafia, stavolta hanno in valigia una carta in più: l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Napoli Alessandro Modestino nei confronti di Totò Riina e altri, ritenuti i mandanti e gli esecutori della strage del rapido 904 del 23 dicembre 1984. Tra le accuse citate nel provvedimento, c'è anche un verbale di Giovanni Brusca, reso nel 2010, che chiama in causa Vito Roberto Palazzolo come il fornitore di droga e dell’esplosivo di tipo Semptex (provenienti entrambi proprio dalla Thailandia), quest’ultimo lo stesso utilizzato – sostiene il gip di Napoli – anche per la strage di via D’Amelio. “Nel 1986 – racconta Brusca – durante una delle udienze del maxi-processo, io ero libero, Pippo Calò e Antonino Rotolo, che invece erano detenuti, mi chiesero di far sparire del materiale esplodente che faceva parte di un arsenale che avevamo occultato a San Giuseppe Jato, e che aveva la medesima provenienza del materiale e della droga che erano stati rinvenuti nel casale vicino Roma, ove, nel 1985, era stato scoperto, dietro una parete , quell'esplosivo che era nella disponibilità del Calò e che venne poi ricollegato alla strage del Rapido 904”. Prosegue il pentito: “Tale materiale – e anche la droga – proveniva tutto dalla Thailandia, tramite il medesimo canale, ovvero Vi-to Roberto Palazzolo, attualmente latitante forse in Sudafrica”. Il verbale di Brusca, acquisito in questi giorni anche dalla Procura di Caltanissetta, che indaga sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, sarà ora esaminato e valutato nel contesto delle altre dichiarazioni del collaboratore Gaspare Spatuzza, che invece ha indicato la provenienza dell’esplosivo utilizzato nella campagna stragista '92-'93 nelle bombe di profondità adoperate dai pescatori di frodo e custodite nella borgata marinara di Porticello, a pochi chilometri da Palermo. Per Von Palace si profila adesso un'agguerrita battaglia legale.

Il prestanome dei boss viene fermato alla fine di marzo a Bangkok dalla polizia locale su richiesta dell'Interpol che lo ha localizzato tramite un'indagine informatica. I suoi guai con la legge cominciano, però, negli anni Settanta col processo “Pizza Connection” e proseguono fino ai più recenti rapporti con i boss corleonesi di cui è ritenuto un fidato riciclatore, per arrivare alla condanna a 9 anni, verso la quale ha presentato richiesta di revisione. Nel 2003, Von Palace viene coinvolto in un giro di intercettazioni telefoniche che proverebbero i recenti contatti di alcuni suoi familiari con Marcello Dell'Utri. E il nome di Palazzolo, tra i partecipanti a una riunione con una delegazione italiana in Angola, emerge anche nell’inchiesta sugli affari di Finmeccanica e Agusta condotta dalla Procura di Napoli.

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