carava-ciro-big0Indagine su un dirigente che mandava gli operai a lavorare nella sua villa
di Rino Giacalone - 1 maggio 2012
La proposta di scioglimento per inquinamento mafioso del Comune di Campobello di Mazara è da una settimana sul tavolo del ministro dell’Interno Cancellieri. A dicembre scorso i carabinieri hanno arrestato assieme a mafiosi conclamati o presunti tali anche il sindaco, Ciro Caravà, un politico da ultimo approdato al Pd dopo avere attraversato tutti i partiti dell’”arco costituzionale” ed avere esordito anni addietro col Pci.

Caravà è ancora in carcere, il prefetto di Trapani lo ha sospeso a poche ora dal blitz, ma lui non ne vuole sapere di dimettersi. Recitava l’”antimafia” il sindaco di Campobello e nel frattempo si scusava con i mafiosi per quello che andava dicendo in giro contro la mafia, era sola messa inscena e di questo i boss intercettati se ne compiacevano pure. La proposta di scioglimento per mafia del Comune belicino è la seconda che la prefettura di Trapani inoltra nell’arco di pochi anni al Viminale. La precedente era firmata dall’ex prefetto, Stefano Trotta, quando ministro dell’Interno era il leghista Roberto Maroni e scaturiva dalle indagini denominate “Golem” quelle che riguardavano la cerchia dei complici del latitante Matteo Messina Denaro. Una proposta che è rimasta però non trattata, né un si né un no da Roma, e nel frattempo, due anni addietro, Campobello di Mazara è tornata al voto rieleggendo Caravà. Adesso la nuova proposta di scioglimento. Frattanto il Comune è di fatto bloccato, mancano i commissari ad acta, la Regione ha nominato solo quello che ha sostituito il Consiglio comunale che si è auto sciolto dopo l’arresto del sindaco, si sono dimessi anche tutti gli assessori. Le vicende giudiziarie di Caravà sono anche aumentate, proprio in questi giorni è stato rinviato a giudizio per mazzette dal gup del Tribunale di Marsala e assieme a Caravà a giudizio andranno anche due ex consiglieri, Antonio Di Natale (ex di Rifondazione) e Giuseppe Napoli, accusa concussione, denunciati da un imprenditore che si è visto chiedere una sostanziosa mazzetta per ottenere una concessione edilizia. Vito Quinci, l’imprenditore, da quando ha denunciato vive sotto scorta, a causa di questa faccenda ha visto il fallimento delle sue società, per fortuna il Tribunale ha bloccato la procedura fallimentare riconoscendo che essa scaturiva dal fatto di essere stato “strozzato” dai politici affamati di denaro, e però contro di lui le intimidazioni non si sono fermate e ha subito anche l’incendio doloso di una sua proprietà. In questo scenario di assoluta ingovernabilità del Paese belicino si inserisce un avviso di garanzia, abuso e truffa, che la Guardia di Finanza per ordine della Procura di Marsala ha notificato ad un dirigente del Comune, l’architetto Ignazio Graziano, responsabile del settore “Servizi alla città”. Le Fiamme Gialle hanno scoperto che operai del Comune erano stati impiegati per sistemare il giardino della propria villa, nella località turistica di Tre Fontane; gli operai per condurre meglio i lavori usavano anche una pala meccanica del Comune. Grazino altre volte è stato indagato per peculato ma è stato assolto, a Campobello è conosciuto perché ha un’autista molto particolare, il nipote del capo mafia locale. Tutto questo accade in un territorio molto particolare: siamo nel cuore del Belìce, Campobello di Mazara è terra di intrecci tra mafia, massoneria, politica, impresa. “Cosa Nostra pasce e cresce dove la politica è debole” dice don Luigi Ciotti di Libera e a Campobello è così. Da sempre. Il paese è ad un tiro di schioppo da Castelvetrano, la terra del super latitante Matteo Messina Denaro, e secondo le accuse della Dda di Palermo, il sindaco avrebbe dispensato favori agli “amici degli amici” della cosca di Messina Denaro. Nel suo ufficio teneva le foto di Falcone e Borsellino e però di lui i mafiosi in paese dicevano “Ciro è cosa nostra”.

In foto Ciro Caravà

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