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rostagno-mauro-web0Il neo sindaco Damiano, lo stesso giorno, “è male parlare di mafia”
di Rino Giacalone - 31 maggio 2012
“La mafia non esiste”. Garuccio sindaco di Trapani, aprile 1985. “La mafia esiste perché ci sono i professionisti dell’antimafia”. Fazio sindaco di Trapani tra il 2002 e il 2012. "Non bisogna parlare di mafia perché si rischia di dargli soltanto troppa importanza".

Damiano neo primo cittadino. Buongiorno, benvenuti a Trapani. La “continuità” è servita a proposito di mafia e antimafia. Garuccio fece quell’affermazione dinanzi ai corpi straziati delle vittime della strage di Pizzolungo (ma lo aveva detto anche due anni prima quando a Valderice la mafia ammazzò il pm Gian Giacomo Ciaccio Montalto). Fazio uscì con quell’affermazione nei giorni della polemica per la mancata concessione della cittadinanza onoraria a quel prefetto, Fulvio Sodano, che aveva respinto l’assalto delle mafie ai beni confiscati.

Damiano questa dichiarazione l’ha fatta nel giorno in cui e nelle stesse ore in cui in Tribunale un ex deputato del Pci, Ino Vizzini, teste nel processo per il delitto del sociologo e giornalista Mauro Rostagno, raccontava l’attualità trapanese riferendosi anche al passato, “qui Cosa nostra si è legalizzata”. Ovviamente il neo sindaco Damiano, generale dei carabinieri in pensione, ha parlato senza nulla sapere di quello che accadeva nell’aula di giustizia, quindi la sua è una dichiarazione fuori da quel contesto, non era certo una risposta a Vizzini, però suona strano che un alto ufficiale come lui, uomo per un periodo dei servizi segreti, sfugga che in questi anni è stato proprio il non parlare di mafia, negandone prima l’esistenza, e poi in anni recenti dichiarandone una sconfitta inesistente, ad avere permesso a Cosa nostra di infiltrarsi bene nel tessuto sociale e politico.

Oggi c’è la mafia sommersa come molti la chiamano, proprio grazie al fatto che di mafie non si è parlato, anche quando c’erano anniversari da celebrare. Vito Damiano ha fatto le sue dichiarazioni poi in una scuola dove invece l’impegno contro le mafie dovrebbe essere più attivo: per il neo sindaco di Trapani invece "i progetti dove si parla sempre e solo male della mafia, in realtà danno importanza ai mafiosi… bisogna invece puntare su progetti improntati che riguardano lo sviluppo sociale". Damiano ha apprezzato, ad esempio, due progetti della scuola certamente importanti: uno sull'educazione alimentare e l'altro sull'integrazione tra gli alunni e ha chiosato, "questi sono i tipi di progetti che io sosterrò in qualità di sindaco".

L’udienza di ieri del processo per il delitto di Mauro Rostagno probabilmente meritava ben altri scenari e invece la testimonianza dell’ex segretario e deputato del Pci, Ino Vizzini, sulla Trapani degli anni ’80, e in particolare della città che fu palcoscenico giornalistico di Mauro Rostagno e che diede alla mafia gli uomini per uccidere Rostagno, è scemata via senza tanti commenti.

Vizzini è stato chiamato a testimoniare dalla parte civile, avv. Lanfranca, per conto della sorella e della figlia primogenita di Mauro Rostagno, Carla e Monica (Lanfranca rappresenta anche l’ex moglie di Rostagno). Ed è andato diretto a descrivere la Trapani di quegli anni. Poteri nascosi? “Niente affatto – ha detto l’on. Vizzini - Trapani era dominata da un potere visibile....semmai poi se uno non ha la capacità di vederlo diventa un potere occulto ma non era così, era un potere che dominava tutto e alla luce del sole, informazione, attività pubblica”.

E il nodo, lo ha detto l’on. Vizzini, che non è certo l’ultimo dei politici siciliani, era proprio l’informazione: “Era affidata a voci canoniche, ricordo che se dovevo parlare di mafia nessuno mi ospitava, al contrario se volevo parlare di altre faccende trovavo accoglienza negli organi di informazione, questa era la regola...Rostagno invece ti cercava per discutere anche in contraddittorio, in polemica se serviva e c’era necessità di farla, era un giornalista che faceva le domande, per questo suo comportamento costituiva una novità”. A Trapani all’epoca c’erano due tv, Rtc, la televisione dove lavorava Rostagno, e Tele Scirocco: “quest’ultima non mi invitava mai per parlare di mafia”.

Durante l’udienza da Parma, dove è detenuto il capo mafia Vincenzo Virga, imputato di essere mandante del delitto per ordine di don Ciccio Messina Denaro, padrino di Castelvetrano e morto nel 1998, l’avvocato difensore di Virga, Vezzadini, ha tirato fuori un nome di un altro “giornalista”, che a suo dire come Rostagno, così hanno fatto intendere le sue domande, attaccava dalla tv la mafia, ha chiesto insistentemente se il giornalista Bologna (in realtà non giornalista ma editore di tele Scirocco) aveva fatto trasmissioni contro la mafia, Vizzini ha risposto, “Non mi ricordo e per non ricordarmene credo che non ne abbia fatte”.

“Ho visto Rostagno pochi giorni prima che venisse ucciso – ha ancora detto Vizzini – era una intervista su una mia interpellanza sulla presenza di un bilancio parallelo al Comune di Trapani, una interpellanza non considerata da altri, e Rostagno diede molto rilievo alla cosa”. Tra le cose che avevano colpito anche l’on. Ino Vizzini la vicenda dello scandalo dell’ente teatro di Marsala, anche su questo forti i toni usati da Rostagno, ma anche le denunce a proposito di massoneria deviata e quelle riguardanti il processo per il delitto del sindaco di Castelvetrano, agosto 1980, Vito Lipari.

“Rostagno conduceva una campagna persistente...Dobbiamo essere grati a Rostagno che ha svolto un lavoro utile, avrebbe potuto fare il giornalista come lo facevano gli altri e invece i suoi interventi erano così puntuali e precisi che ad alcuni facevano venire il bruciore di stomaco”. Solo che per combattere questo bruciore di stomaco invece di prendere un apposito medicinale, i mafiosi hanno preferito caricare a pallettoni un fucile e uccidere Rostagno. “Io escludo – ha proseguito Vizzini – che la mafia uccida senza prima lanciare degli avvertimenti e penso che Rostagno questi avvertimenti possa averli ricevuto, ma ha resistito e continuato a fare il giornalista”.

Elencando poi i suoi ricordi sui fatti trapanesi, come quelli relativi alla massoneria segreta Iside 2, l’on. Vizzini ha rimarcato a favore di Rostagno, “Gli riconosco il merito di avere portato a conoscenza dei trapanesi fatti che non sarebbero stati conosciuti con una campagna seria e insistente...sulla commistione di interessi tra politica e massoneria sono state dette cose essenziali, altre tv e altri giornali hanno taciuto....e in quel periodo si avvertiva molto bene che su Trapani soffiava un vento di normalizzazione man mano che gli scandali venivano scoperti”.

Una situazione analoga ad oggi? “A Trapani – ha risposto l’on. Ino Vizzini - Cosa nostra è legalizzata...è stata legalizzata in quegli anni '80. C'era un sindaco che diceva che la mafia a Trapani non esisteva mentre nel resto della Sicilia le distinzioni ben nette venivano fatte, c'era chi diceva che parlare di mafia diffamava la Sicilia ma l'esistenza non veniva messa in discussione a Trapani, invece no a Trapani non si muoveva foglia se non c'era di mezzo la mafia, dagli appalti alle assunzioni se non si accettano regole non c'era nulla da fare… A Trapani il malaffare è connaturato....e quando c'era da uccidere un magistrato lo uccidevano tanto poi a coprire tutto ci pensava la grande cappa di oblio che veniva fatta scendere.....anche ora”. Addirittura uno dei ricordi dell’on. Ino Vizzini ha riguardato l’allora procuratore di Trapani, Vincenzo Lumia: “una volta lo incontrammo e parlammo della mafia a Trapani, lo vidi quasi contorcersi sulla sua sedia per il fastidio suscitato”.

Vizzini ha anche parlato di Gladio e dell’atmosfera dell’epoca che circondava la politica. “Noi del Pci ci sentivamo sotto osservazione e spesso c’erano allarmi che ci portavano anche a rendere più sicura la nostra vita rispetto a possibili azioni criminose, poi abbiamo scoperto che a Trapani c’era Gladio che operava, ma non posso dire se era Gladio o qualcos’altro che ci teneva d’occhio. Ricordo che ci fu una persona che un giorno mi disse di avere visto un piccolo aereo civile atterrare sulla pista dell’aeroporto chiuso di Chinisia, non ricordo oggi chi fu questa persona, del fatto ne parlai nella sede di direzione del mio partito e ricordo che ne parlai anche con Rostagno che mi fece capire che conosceva il fatto ma di più non ci siamo detti”.

L’aeroporto militare di Chinisia torna ripetutamente nel processo a proposito di un traffico di armi che l’avrebbe visto protagonista e che, scoprendolo, determinò l’azione di morte contro Rostagno. Il processo oggi ha consegnato altro scenario, raccontato dai pentiti, e che si sovrappone al racconto di Vizzini per quanto riguarda l’intensità con la quale Rostagno faceva il giornalista a Trapani. I mafiosi ascoltandolo commentavano che lui era una "camurria" e sempre con la mafia in testa, per cui il danno che faceva era questo, suscitava “bruciori di stomaco” male che la mafia sconfigge con la lupara.

E l’impegno di Mauro Rostagno è stato ricordato in aula da un suo amico, il giornalista Andrea Marcenaro, oggi cronista de “Il Foglio”. Amicizia antica la loro cominciata con Lotta Continua. Marcenaro ha raccontato di essere venuto a Trapani poco tempo prima dell’omicidio “ci vedemmo a Saman nell'agosto del 1988....venimmo qui a Saman io, mia moglie e mio figlio passammo due tre giorni a Saman.....Parlammo della sua attività, ho visto una persona contenta impegnata, il lavoro che stava facendo lo faceva con grande entusiasmo...era difficile non farsi colpire da Mauro rispetto a qualsiasi cosa facesse...l'attenzione che lui metteva era l'attenzione che metteva nelle cose che gli interessavano davvero e il lavoro a Rtc e quello a Saman mostravano tutti questi segnali...la questione antimafiosa era il centro del suo impegno”.

E poi ha aggiunto: ”Ricordo del suo entusiasmo accompagnato però da una tensione seria, non era spensierato rispetto a possibili ritorsioni, era cosciente per le cose che ci siamo detti che questo lavoro potessero sfociare in situazioni pericolose, è un fatto che ho colto ma che non posso completare con situazioni precise”. “Mauro – ha continuato Marcenaro - era consapevole che lui da giornalista stava rappresentando una novità per Trapani....Questo era clamorosamente evidente”.

La tensione poteva arrivare anche da altro, dalla comunicazione giudiziaria per il delitto Calabresi che vedeva coinvolti alti esponenti di Lotta Continua? Questa è un’altra tesi che riemerge sempre nel processo (proseguendo un andazzo che è andato avanti per tutti questi 24 anni dal delitto, come a dire che la mafia non c’entri nulla con l’omicidio Rostagno) ma rispetto alla quale Marcenaro ha dato l’ennesima smentita: “Lui era fuori dalla grazia di Dio per l'arresto di Sofri, mi aveva manifestato l'intenzione di andare a Milano a deporre, era sorpreso sia per il coinvolgimento suo sia per l'arresto Sofri.....Rostagno non riteneva che Sofri e compagni potevano avere responsabilità nel delitto Calabresi lui aveva intenzione di rispondere alle notizie che venivano date sulle indagini per dire che non erano vere”.

Infine prima di andare via ha consegnato la copia di un suo articolo successivo al delitto Rostagno, dove era descritta la realtà trapanese e il potere politico che andava a braccetto col potere mafioso. In quell’articolo i nomi dell’attualità, come quello del senatore socialista Pietro Pizzo.

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