di AMDuemila - 26 aprile 2012
Roma. Dal novembre del 2003 al novembre del 2005, presso la direzione nazionale antimafia di via Giulia a Roma, si svolsero tre colloqui investigativi tra magistrati e un commercialista con precedenti penali che sosteneva di essere in contatto con il boss Bernardo Provenzano e che sarebbe stato in grado di far arrestare il vecchio capo mafia con il tramite di una terza persona.
La notizia viene pubblicata sull’Unità il 22 aprile scorso. In poche parole il vecchio capo mafia vuole due milioni di euro per consegnarsi e un mese di tempo prima che trapelasse la notizia. Il giorno dopo rispondono sulle colonne dello stesso giornale sia il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso che l'ex capo della Dna Pierluigi Vigna uno dei protagonisti della vicenda. Quest’ultimo, in particolare, ha precisato che il mediatore avrebbe posto come condizione della sua intermediazione: due milioni di euro che avrebbe condiviso con il contatto che doveva consegnare Provenzano, un mese di silenzio sull’arresto del capo dei capi e che la procura di Palermo fosse tenuta all’oscuro della vicenda. A parlare per la prima volta, il 14 dicembre 2011, innanzi al Csm che un intermediario provò a trattare con lo Stato per la resa di Provenzano, è lo stesso Grasso in occasione del trasferimento del procuratore aggiunto antimafia Alberto Cisterna (indagato per corruzione in atti giudiziari a Reggio Calabria ndr). “Quando nell’ottobre del 2005 presi il posto del procuratore Vigna, mi fu prospettata, da parte dei colleghi, la situazione di un informatore, di un qualcuno che voleva rendere delle dichiarazioni e collaborare per la cattura di Provenzano”. Il primo incontro tra il faccendiere, già informatore della polizia giudiziaria portato in via Giulia dalla Guardia di Finanza, e l'allora capo della Dna Pierluigi Vigna insieme ai sostituti Vincenzo Macrì e Alberto Cisterna (scelti da Vigna per seguire il caso ndr)- scrive il quotidiano - avvenne nel novembre 2003. Il commercialista disse di non voler parlare con i magistrati palermitani e indicò le condizioni dettate da Provenzano. Il secondo incontro, sempre in via Giulia, avvenne - riporta ancora L'Unità - nel luglio 2004 e l’informatore ribadì le richieste di denaro e segretezza. Aggiungendo il particolare che il boss versa in gravi condizioni di salute e che è complicato incontrarlo (solo dopo sapremo che in quel periodo Provenzano fu costretto ad una operazione in una clinica di Marsiglia). Nell'agosto 2005, Vigna andò in pensione, per cui il terzo e ultimo incontro avvenne nel novembre del 2005: a condurlo fu Pietro Grasso, nuovo capo della Dna, che, per verificare l’attendibilità del personaggio, chiese al faccendiere di fornire una prova biologica sul boss latitante da poter comparare con il Dna di Provenzano già in possesso degli investigatori. Ma per Grasso, l’uomo che sosteneva di essere in contatto con Provenzano “era un millantatore”, scrive l'Unità, perché la richiesta del procuratore cadde nel vuoto. E’ della stessa opinione anche l’ex procuratore Antimafia Pierluigi Vigna. Anche per lui l’impressione fu “che quel tipo (l’intermediario ) non fosse troppo attendibile”. Alla richiesta di Vigna infatti che rivelasse il nome della terza persona cioè di colui che realmente avrebbe gestito l’operazione, inizialmente l’uomo risponde che si trovava “sotto giuramento” e che avrebbe dovuto vedere se poteva “essere sciolto”. Ma la cosa si concluse con un nulla di fatto. Così come le altre richieste dell’informatore che Vigna ha precisato essere “assurde” visto che “in base ad alcune garanzie richieste ci rendemmo conto che questo signore non ci avrebbe portato da nessuna parte”.