di Lara Borsoi - 25 marzo 2012
Si ritorna a parlare della gestione dei beni confiscati alle mafie. Lo si fa, ancora una volta, a causa delle grandi lacune del nuovo codice antimafia.
Protagonista l'Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati alle mafie che nel solo 2011 ha gestito 11.954 beni. Una conduzione difficile, che ha visto il Direttore, Giuseppe Caruso, chiedere aiuto allo Stato spiegando che: “L’agenzia ha un organico di 30 unità e per questi sono stati disposti 4,2 milioni di euro che servono per gli stipendi ed il funzionamento delle sedi. Poi è stata data la possibilità, entro il 31 dicembre 2012, di avere altre 70 unità con l’aggiunta di 6 milioni di euro. Ma con questo organico, ha aggiunto, non è possibile affrontare questa “sfida immensa” per gestire tutto il valore dei beni sequestrati.” Inoltre ora l'Agenzia dovrà assumersi altra responsabilità, ovvero dare supporto alla magistratura nella fase del sequestro dei beni.
Quindi una macchina che in questo momento, per essere efficiente, ha bisogno di personale specializzato, di fondi e di una soluzione per la gestione di beni occupati (da mafiosi perché agli arresti domiciliari o dalle stesse famiglie mafiose), dei beni sotto ipoteca bancaria e delle aziende sequestrate, molte delle quali, dopo la confisca dichiarano fallimento. Chiaro l'allarme lanciato dal Direttore Caruso: “Ho già firmato oltre 200 istanze all´Avvocatura dello Stato per chiedere direttamente l´accertamento della buona o mala fede di chi ha concesso crediti ai mafiosi. È davvero impressionante constatare quante banche hanno erogato soldi senza verificare chi fosse il destinatario di questo fido.”
Ad oggi sono 3500 i beni che non possono essere consegnati perché occupati o perché sotto ipoteca. Un ostacolo al momento insormontabile, per la crisi economica, è costituito delle banche che pretendono la restituzione del credito.
Come ha detto Don Ciotti: “Le banche dicono ai Comuni di pagare l´ipoteca che il mafioso o il prestanome hanno fatto, ma le associazioni antimafia interessate al bene per un uso sociale non hanno i soldi per pagare un´ipoteca e le banche, salvo rare eccezioni, rivendicano il denaro. Questo è un nodo politico che va sciolto”.
Il prefetto Caruso ha proposto come via d'uscita a questa sgradevole situazione, la vendita di questi beni: “Ovviamente con tutte le garanzie del caso sull´acquirente. Il nostro sistema è così avanzato che, anche se qualcosa dovesse sfuggire, saremmo in grado di riconfiscarli. D´altra parte ditemi cosa dovrei fare di particelle di terreno indivisibili o di due stanze divise fra cinque eredi o di edifici con un´errata indicazione di dati catastali?”
Ma questa proposta non può e non deve essere la soluzione perché come ha detto Don Ciotti:
“Il divieto di vendere questi beni e' un principio che non può e non deve, salvo eccezioni, essere messo in discussione. Se l'obbiettivo è quello di recuperare risorse finanziarie strumenti già ce ne sono, a partire dal 'Fondo unico giustizia’ alimentato con i soldi 'liquidi' sottratti alle attività criminali, di cui una parte deve essere destinata prioritariamente ai famigliari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia.” “È un tragico errore vendere i beni correndo di fatto il rischio di restituirli alle organizzazioni criminali, capaci di mettere in campo ingegnosi sistemi di intermediari e prestanome e già pronte per riacquistarli, come ci risulta da molteplici segnali arrivati dai territori più esposti all'influenza dei clan.”
Resta poi la gestione della aziende sequestrate, confiscate ed affidate agli amministratori giudiziari Se in un primo momento la gestione “mafiosa” garantisce utili e benefici, quando passano nelle mani dello Stato e affrontano le leggi del mercato la maggior parte chiudono i battenti. Ovviamente creando nuovi disoccupati. Manco a dirlo, anche qui entrano in gioco le banche, come spiega il Direttore Caruso “Già in fase di sequestro le banche revocano i fidi, i clienti ritirano le commesse e la regolare fatturazione porta ad un inevitabile innalzamento dei costi di gestione. In più molti amministratori giudiziari sono incompetenti. Come faccio a mettere a reddito aziende così?”
Molte domande a cui, speriamo, seguano delle risposte soddisfacenti. Per i cittadini s'intende, non per i boss.