Una maggiore tutela per i magistrati più esposti è quanto mai necessaria
di Lorenzo Baldo - 16 gennaio 2012
Palermo. Lo scorso 9 gennaio il sostituto procuratore di Palermo Francesco Del Bene si apprestava a svolgere la sua requisitoria al processo Raccuglia Domenico + 10 quando il presunto boss di Borgetto (Pa), Giuseppe Giambrone, ha iniziato a inveire contro di lui. Del Bene aveva appena descritto come lo stesso Giambrone avesse evitato di essere ucciso per la circostanza di essere stato arrestato appena rientrato dagli Stati Uniti. Grazie ad un’intercettazione ambientale tra il reggente della famiglia di Borgetto, Salvatore Corrao (detenuto) e il nipote Santo Musso era emerso l’ordine omicidiario di Corrao. Con un linguaggio in codice quest’ultimo ordinava al congiunto di “mandare in ferie Valigia, il nipote e a ‘zzotta”.
Il termine “Valigia” indicava Giuseppe Giambrone in quanto in quel periodo si trovava latitante all’estero, oltre a suo nipote, Antonino Giambrone, l’altra vittima denominata “a ‘zzotta” veniva identificata in Giuseppe Lo Baido. Il 13 luglio 2007 Lo Baido veniva puntualmente ucciso, successivamente il nipote di Giuseppe Giambrone subiva il medesimo destino il 30 ottobre dello stesso anno. La realizzazione di quell’ordine di morte si compiva quindi nella sua quasi totalità. L’idea di risultare agli occhi di Cosa Nostra uno “scampato alla morte” grazie alle forze dell’ordine non è andata a genio allo stesso Giambrone. “La vuole smettere! Lei mi offende – ha urlato il presunto boss di Borgetto –, faccia una esatta ricostruzione dei fatti!”. Nell’aula di giustizia l’aria si è fatta pesante fino a quando a Giambrone non è stato impedito di proseguire. Quattro giorni dopo il pm Del Bene ha segnalato l’increscioso episodio attraverso una relazione di servizio indirizzata al procuratore aggiunto Antonio Ingroia. Al di là della circostanza specifica sulla quale verranno fatti i dovuti accertamenti resta aperta la questione della tutela dell’incolumità dei magistrati antimafia. Francesco Del Bene fa parte della Dda palermitana da diversi anni. Insieme ad alcuni colleghi ha contribuito all’arresto di importanti boss mafiosi del calibro di Domenico Raccuglia e Salvatore Lo Piccolo. Processi come quelli di Addiopizzo, quello per l’omicidio di Mauro Rostagno, così come quello a carico di Savatore Cuffaro sono solo alcuni dei quali si è occupato e si sta occupando il magistrato di origine campana che ultimamente ha riaperto un filone di indagine sull’omicidio Impastato. La mafia partinicese non gli ha mai perdonato le numerose operazioni antimafia realizzate nel proprio territorio sulle quali c’è anche la sua firma. I rischi per Del Bene sono conseguentemente aumentati pur senza un potenziamento della sua scorta. Ogni magistrato antimafia mette sempre in conto le conseguenze dei rischi che corre nel momento che intraprende determinate indagini. Spesso però al fianco di certi rischi si allineano i silenzi degli organi preposti alla tutela dei magistrati più esposti. Nell’auspicio che venga prestata una maggiore attenzione nei confronti dei magistrati più esposti impegnati nella lotta alla mafia esprimiamo la nostra piena solidarietà al dott. Del Bene.