di Lucia Castellana - 13 gennaio 2012
Un grande significato etico e morale è attribuibile a quanto verificatosi questa mattina presso la palazzina di via Bernini, 54, ultimo covo di Totò Riina, confiscata ed assegnata all’Arma. Alla presenza dell’Assessore regionale Pier Carmelo Russo, del generale Teo Luzi, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, e dell’ing. Lorenzo Ceraulo, provveditore interregionale alle opere pubbliche, è stato consegnato il decreto di finanziamento, per un ammontare di 1.309.064 euro dell’assessorato regionale delle Infrastrutture e della mobilità, attraverso il quale l’immobile sarà ristrutturato ed adibito a stazione dei carabinieri.
Alla struttura, composta da un piano seminterrato e da uno rialzato, per una superficie coperta di 500 mq, si aggiungono due ulteriori unità abitative, inserite nell’ambito del medesimo comprensorio e parimenti confiscate, che saranno rese fruibili per gli alloggi di servizio del personale.
Riprendendo le parole del generale Luzi: “Da luogo di criminalità diventerà presidio di legalità. Vogliamo che questa stazione dei carabinieri operi a favore di questa comunità, che la gente ricordi che una villetta realizzata per favorire uno dei più grandi criminali italiani è diventata nel tempo, anche grazie al sacrificio e all’attività di tutte le forze di polizia, un presidio di vicinanza al cittadino”.
Il soggetto attuatore dell’intervento è stato individuato nel Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche che ha redatto il progetto esecutivo delle opere e provvederà ad appaltare i lavori di ristrutturazione che dureranno dodici mesi rendendo, dunque, i locali operativi entro il 2012.
Un bene restituito allo Stato, dunque. Ma soprattutto, per dirlo con le parole dell’assessore Russo, “sottratto a Cosa Nostra. E questa è un’opportunità per la Regione Siciliana. Segno del cambiamento è che dal 21 dicembre 2011 la Regione si trova obbligata per legge a destinare risorse ad interventi di questo tipo. In quindici anni è cambiato moltissimo”.
Ed in diciannove ancora di più, se pensiamo alla questione spinosa che coinvolge questa struttura ora al vaglio dei giudici: la mancata perquisizione del covo dell’ex capo di Cosa Nostra, ripulito in tutta tranquillità di mobilio e segreti dai vari gregari dei boss, che getta ombre e sospetti su una eventuale trattativa tra i carabinieri e la mafia siciliana.
Eppure oggi a questo dibattito non si è voluto fare cenno per spostare l’attenzione, invece, sul messaggio positivo che eventi di questo tipo trasmettono: un’occasione di riscatto della società civile e di reale creazione di consenso sociale verso le istituzioni, insieme ad un indebolimento sensibile del potere economico delle mafie.“E cose di questo tipo valgono a ripagarmi di due anni di assessorato, di alcune difficoltà, dell’avere vissuto per un certo periodo sotto scorta e con la macchina blindata …cose del genere ti ripagano”. È stato questo lo sfogo dell’assessore Russo, che non poteva però non dar luogo alla scontata domanda se, allo stesso tempo, tra questi momenti difficili si potesse ricomprendere anche la condivisione di un percorso politico con personalità che possibilmente non sono completamente in linea con principi di legalità ed antimafia. Domanda tendenziosa, forse, alla quale l’assessore Russo ha trovato opportuno rispondere ricorrendo al valore della presunzione di innocenza, asserendo che non si sente “di condividere un percorso politico con l’unico governo che durò dal 28 ottobre del 1922 al 10 luglio del 1943. Con quel governo io non ho nulla a che vedere quanto a idee. Quindi, la presunzione di innocenza che quel governo abrogò è iscritta nel mio codice etico”.
Innocenza, dunque, che ogni cittadino siciliano auspica. Perché un vero cambiamento è possibile solo nella misura in cui atti di questo tipo discendano da una vera presa di coscienza civile e politica.
“È semplice cadere nella tentazione della facile battuta - commenta l’evento in un comunicato Riccardo Arena, presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia - ma ci auguriamo di poter dire che d’ora in poi, in via Bernini, grazie a noi e ai carabinieri, la legalità avrà trovato finalmente una casa. Anzi due.