Gli scappati a capo del mandamento di Passo di Rigano
di Maria Loi - 1° dicembre 2011
Palermo. E così gli scappati, quei mafiosi sfuggiti alla morte nella guerra tra cosche degli anni ’80 e costretti all’esilio negli Usa dai corleonesi di Totò Riina, avevano riconquistato un ruolo di predominio all’interno di Cosa Nostra. La circostanza emerge dalle ordinanze di custodia cautelare firmate dai pm parlemitani Marcello Viola, Lia Sava, Francesco Del Bene e Vania Contrafatto che hanno portato in cella quattro esponenti della cosca di Boccadifalco - Passo di Rigano.
L’indagine condotta dal Ros è una delle tre maxi operazioni antimafia messe a segno nei giorni scorsi dalle forze dell’ordine a Palermo. L’inchiesta ha evidenziato l’operatività dei vertici del mandamento e la loro capacità di relazione con i capi delle altre cosche. Il primo nome importante è quello di Giovanni Bosco, parente dello storico boss ucciso Salvatore Inzerillo, poi c’è quello di Alfonso Gambino, inserito nella famiglia dell’Uditore nonché uomo di fiducia e portavoce di Bosco nelle trattative con gli altri mandamenti, da Porta Nuova alla Noce e Tommaso Natale, quello di Ignazio Mannino uomo d’onore della famiglia di Torretta ed infine di Matteo Inzerillo, nipote del boss Michelangelo La Barbera, incaricato di mantenere i rapporti con altri esponenti del mandamento che incontrava utilizzando mezzi dell'azienda municipalizzata dei trasporti di cui è dipendente. Tutti e quattro erano presenti all'importante summit mafioso di Villa Pensabene del febbraio scorso, segno dell'importanza del mandamento nel contesto mafioso palermitano.
Ritorno a casa degli scappati
Nonostante gli arresti degli ultimi anni le famiglie mafiose di Palermo si erano riorganizzate per mantenere un controllo capillare su tutta la città. L’avevano fatto anche gli Inzerillo attraverso un parente stretto: Giovanni Bosco. Cugino di Salvatore Inzerillo, Bosco era alla guida del mandamento di Boccadifalco-Passo di Rigano dal 2008 (in seguito alla cattura dell’allora capo Vincenzo Greco ndr) grazie al benestare di Salvatore Lo Piccolo quando ancora era in libertà. Anche Bosco, sfuggito alla furia cieca dei corleonesi, era scappato negli Stati Uniti, mettendosi in salvo. Ma era ritornato a Palermo, nella borgata di nascita, a Passo di Rigano, come gli altri Inzerillo, alla spicciolata, nonostante fosse stato posto loro il veto di non mettere più piede in città.
Era tornato Francesco Inzerillo, figlio di quel Pietro che l’Fbi e la polizia canadese “vedono” sempre con Frank Calì (sposato con Rosaria Inzerillo); Tommaso Inzerillo, cugino di Totuccio e cognato di John Gambino. Un altro Francesco, fratello di Totuccio. Era rientrato Rosario, un altro fratello di Totuccio, espulso come “indesiderato'” dagli Stati Uniti. Ed era rientrato anche Giuseppe, figlio di Santo, ucciso e dissolto nell’acido solforico. Soprattutto era tornato l'unico figlio ancora vivo di Totuccio, Giovanni, nato a New York nel 1972, cittadino americano, poi arrestato qualche anno dopo nel febbraio del 2008 nell’ambito dell’operazione “Old bridge”.
I timori di Rotolo
Il ritorno degli Inzerillo preoccupano gli ultimi corleonesi rimasti in libertà Nino Rotolo e Antonino Cinà alla luce soprattutto delle aperture diplomatiche dei Lo Piccolo che stanno trattando con gli “americani” per rilanciare i grandi affari internazionali di Cosa nostra. Viene chiesto un intervento vigoroso di Bernardo Provenzano che, tirato in ballo, prende tempo sostenendo in silenzio i Lo Piccolo che, candidati a diventare i nuovi signori di Palermo, volevano il ritorno degli "scappati".
Il “discorso dell’America” impegna in discussioni e scontri gli uomini di Cosa Nostra. “Questi Inzerillo erano bambini», dice Rotolo intercettato, “e poi sono cresciuti. Questi ora hanno trent’anni. Come possiamo noi stare sereni? Se ne devono andare. E poi uno, e poi l’altro e l’altro ancora... Devono starsene in America... Se vengono in Italia li ammazziamo tutti. (…) Noialtri non è che possiamo dormire a sonno pieno, perché nel momento che noi ci addormentiamo a sonno pieno può essere pure che non ci risvegliamo più. Se questi alzano la testa, le prime revolverate sono per noi... Vero è, picciotti, che non è finito niente: gli Inzerillo i loro morti li hanno sempre davanti. Ci sono sempre le ricorrenze, si siedono a tavola e manca questo e manca quello. Queste cose non le possiamo scordare. Questi se ne devono andare, punto e basta. Non c’è Dio che li può aiutare. Ce ne dobbiamo liberare e così ci togliamo il pensiero... Questa storia non finisce, non finirà mai...”.
Solo la cattura di Bernardo Provenzano prima, nell’11 aprile 2006 e poi la retata denominata “Gotha” nel giugno 2006, l’arresto dei Lo Piccolo (Padre e figlio) la mattina del 5 novembre 2007, ed infine l’Operazione Old Bridge il 7 febbraio 2008 farà svanire il sogno di un loro ritorno in patria.
Giovanni Bosco, a capo del mandamento
In realtà i timori del vecchio padrino di Pagliarelli non erano del tutto infondati.
Era il 26 maggio 2005 quando in una intercettazione, poi finita nell’operazione Gotha, l’ex capo di Pagliarelli Nino Rotolo, Francesco Bonura e Calogero Mannino (gli ultimi due, rispettivamente, capo e uomo d’onore della famiglia dell’Uditore) parlano del rientro in armi degli scappati sussurrando il ruolo di un certo Bosco. Che inizialmente gli inquirenti identificano in Nunzio (il fratello di Giovanni ndr) ma alla luce della recente operazione potrebbe trattarsi proprio di Giovanni, l’attuale arrestato.
A distanza di qualche anno quegli stessi “scappati”, oltre ad avere assunto ruoli di comando, stavano anche cercando di ricostruire la “cupola” di Cosa Nostra.
Che Bosco fosse alla guida del mandamento di Boccadifalco-Passo di Rigano lo confermano diversi collaboratori di giustizia. “Poi so che per quanto riguarda Boccadifalco c’è Giovanni Bosco” dichiara il collaboratore di giustizia Manuel Pasta, esponente di spicco della famiglia mafiosa di Resuttana. Anche il pentito Antonino Nuccio, l’ex braccio destro di Salvatore Lo Piccolo, è a conoscenza del ruolo di Bosco. Ma è soprattutto su Rosario Naimo, detto Sarino, uomo d’onore della famiglia di San Lorenzo, anche lui arrestato (ottobre del 2010 ndr) e oggi collaboratore di giustizia che puntano gli inquirenti perché potrebbe aiutare gli inquirenti a chiudere il cerchio intorno al rientro a Palermo degli Inzerillo. A Rosario Naimo, infatti era stato affidato il compito di far rispettare quel patto, una resa che i superstiti delle famiglie perdenti, i figli e i nipoti degli Inzerillo, dei Badalamenti, degli Spatola, dei Di Maggio e di tutti gli altri avevano trattato per avere salva la vita a patto di non rientrare mai più in Sicilia.
Nonostante gli arresti e i processi secondo gli investigatori Cosa nostra si è già riorganizzata nei suoi vertici più significativi. Le indagini hanno svelato infatti il profondo cambiamento avvenuto negli equilibri dell’organizzazione criminale con il ritorno nei posti di comando dei vecchi uomini d’onore, questo vale per il mandamento di Brancaccio, dove i Graviano continuano a comandare, vale per San Lorenzo dove i Lo Piccolo avrebbero fatto arrivare il loro benestare alla reggenza di Giulio Caporrimo e vale per Passo di Rigano dove è stato assegnato il comando a un altro personaggio di spessore criminale Giovanni Bosco.