Sequestrati 32 milioni di beni
di Maria Loi - 17 novembre 2011
Palermo. Un tesoro da 32 milioni di euro nella sola città di Palermo. Che di fatto è solo l’argent de poche del loro immenso patrimonio. Il sequestro, disposto dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo (composto da Silvana Saguto, Fabio Licata e Lorenzo Chiaramente) ha colpito lo storico mandamento dei fratelli Graviano.
L’indagine, coordinata dai sostituti procuratori Vania Contrafatto e Dario Scaletta ha preso il via nel 2008. All’inchiesta hanno dato un rilevante contributo le dichiarazioni dei pentiti Gaspare Spatuzza, Fabio Tranchina e Fabrizio Iannolino.
Sotto la lente degli inquirenti sono finiti non solo i fratelli Benedetto, Giuseppe e Filippo Graviano ma anche altri nomi già noti alle forze dell’ordine: Cesare Carmelo Lupo e Giuseppe Faraone (storici favoreggiatori dei boss di Brancaccio ndr) e Giorgio Pizzo che grazie ad insospettabili prestanome avrebbero messo su un vero e proprio impero economico.
Le indagini in particolare hanno portato alla luce l’infiltrazione della criminalità organizzata in diversi settori dalle scommesse, alla ristorazione, alla rivendita di tabacchi e alla vendita al dettaglio di carburante.
Ed è proprio in questo settore che i fratelli Graviano hanno investito cospicue somme di denaro fin dai primi anni Novanta con aree di servizio collocate in posizioni strategiche della città di Palermo, come all’ingresso autostradale.“All’inizio degli anni Novanta - ha detto l’ex killer di Brancaccio Gaspare Spatuzza – la famiglia Graviano acquista un distributore all´angolo fra viale Regione Siciliana e via Giafar, e ci misero prima il cugino, Salvatore Graviano, poi Cesare Lupo. Da quel momento, cercarono di acquisire tutto quello che c´era sul territorio. Presero anche il distributore Ip alla rotonda di via Oreto”. L’arresto di Faraone, nel 1994, uomo di fiducia della famiglia mafiosa non costituì un problema per la holding Graviano. E se inizialmente fu la moglie di Faraone a mandare avanti i due distributori per conto dei padrini, poi il clan nominò un altro prestanome di fiducia: il cognato del boss Giorgio Pizzo, Angelo Lo Giudice”.
La conferma arriva anche da un altro pentito, Fabio Tranchina, l´ex autista di Giuseppe Graviano e anche cognato di Cesare Lupo: “Ci fu un periodo in cui ci furono tanti scioperi della benzina e Giuseppe Gravino mi disse: “Fabio, tu non devi avere problemi perché nella nostra pompa la benzina per noi ce l'abbiamo sempre perciò non ti preoccupare. Poi, Giuseppe fu arrestato.
E fino al 2005 ha proseguito ad occuparsi dei beni l´altro fratello, Benedetto, di cui Faraone era l´ombra”.
Anche un altro pentito Fabrizio Iannolino, un tempo in affari con il clan dei Graviano, ha confermato non solo il ruolo chiave rivestito da Giuseppe Faraone ma anche gli interessi della potente famiglia di Brancaccio negli investimenti immobiliari, fra Palermo, Misilmeri, Bagheria e Cefalù. Era “occultamente della famiglia Graviano” anche una fabbrica del marmo. A riferirglielo sarebbe stato secondo il pentito Filippo Graviano (cugino di Benedetto Graviano) detto “Brillante” . “Filippo Graviano – ha specificato Iannolino – mi disse che quella (la fabbrica, ndr) è una cosa loro”.
I giudici del Tribunale Misure di prevenzione hanno evidenziato “l’estrema pericolosità dei fratelli Filippo e Giuseppe Graviano che pur sottoposti al regime carcerario del 41 bis sono riusciti, grazie al fattivo contributo dei fratelli Benedetto e Nunzia e di una fitta rete di complici, a mantenere il controllo sul territorio di Brancaccio”.
Con l’operazione “Madre natura” siano stati posti i sigilli ad appartamenti, ville, negozi, terreni, distributori di benzina, bar e agenzie di scommesse.
Così come ha affermato il pm Scaletta le indagini non si esauriscono con questi sequestri. Il vero e proprio tesoro dei Graviano resta ancora da individuare in territorio nazionale ma soprattutto internazionale.
Mafia: sigilli all’impero dei Graviano
- Dettagli
- Super User