di AMDuemila - 25 ottobre 2011
Agrigento. Sono stati arrestati tutti e quattro tra Realmonte e Porto Empedocle con l'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. Si tratta di Filippo Focoso, 41 anni, di Realmonte, fratello del killer pluriergastolano Joseph, arrestato il 13 luglio del 2005 nella regione tedesca Land-Saar, nonché cugino di Pasquale Salemi (il primo pentito della mafia Agrigentina ndr); Domenico Seddio, 38 anni, di Porto Empedocle, cugino dei Romeo; Salvatore Romeo, 52 anni, di Porto Empedocle, imparentato con Maurizio Romeo che è stato arrestato il 10 novembre del 2010 in quanto esattore del pizzo per conto del boss Gerlandino Messina; e Francesco Luparello, 37 anni, di Realmonte, la cui moglie è cugina di primo grado di Focoso ed imparentato, in via indiretta, anche con Gerlandino Messina, capo provincia di Cosa Nostra Agrigentina, arrestato il 23 ottobre dello scorso anno a Favara dopo quasi 12 anni di latitanza. Il quarto arrestato, infine, Salvatore Romeo, secondo le dichiarazioni del pentito Pasquale Salemi, sarebbe il braccio operativo di Seddio, “occupandosi di incendiare autovetture e sistemare bottiglie incendiarie per intimidire le vittime delle estorsioni”.
L'operazione è stata denominata ‘Dna’, perché‚ gli arrestati sarebbero direttamente o indirettamente imparentati fra di loro e con alcuni importanti boss di Cosa Nostra agrigentina.
Hanno contribuito alle indagini le dichiarazioni dei pentiti Maurizio Di Gati, Alfonso Falzone, Pasquale Salemi e Luigi Putrone.
Fondamentali anche i racconti delle vittime delle estorsioni che hanno ammesso “d'aver dovuto fare dei favori, assumendo le persone che venivano consigliate”.
Il titolare di una struttura ricettiva dell'Agrigentino ha riferito ai carabinieri del reparto operativo: “Ricordo che quando ho assunto la moglie di Francesco Luparello, nonché cugina di Focoso, non avevo bisogno di personale. La donna inoltre non aveva i requisiti richiesti per ricoprire la figura professionale per la quale è stata presa”. Secondo i carabinieri del reparto operativo di Agrigento, l'imprenditore si sarebbe trovato “in una condizione di assoggettamento” sapendo che Luparello e Focoso facevano parte dell'ambiente mafioso. L'imprenditore ha, inoltre, raccontato che “per motivi di lavoro, in più occasioni, aveva avuto a che fare con la famiglia Focoso come anche con la famiglia di Gerlandino Messina di Porto Empedocle e d'aver sempre avuto nei loro riguardi un trattamento di favore praticandogli sconti consistenti, riuscendo a malapena a rientrare nelle spese di gestione”.