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telejato-webdi Lorenzo Baldo - 19 ottobre 2011
Partinico (PA).
“Dobbiamo difendere Telejato perché è una televisione libera, non vedo altre televisioni che accusano così pesantemente la mafia. Dobbiamo scendere in piazza a difenderla ad ogni costo raccogliendo le firme e dicendo ai mafiosi, non solo ai killer, ma anche a chi sta dietro: 'Uccideteci tutti, non solo Pino, uccidete anche me e tutti quelli che difenderanno questa televisione, costi quel che costi!'”. 

Con queste parole martedì 18 ottobre il direttore di ANTIMAFIADuemila, Giorgio Bongiovanni, ha concluso la sua partecipazione al Tg di Telejato insieme al direttore dell'emittente televisiva di Partinico, Pino Maniaci. Non è stato un semplice attestato di solidarietà nei confronti di un giornalista che rischia la vita solo per continuare a fare il proprio dovere di informazione al servizio dei cittadini, bensì un atto di sostegno forte e incondizionato a Pino, alla sua famiglia e soprattutto un segnale. Che dalle telecamere della sua tv è arrivato ai nemici più o meno mafiosi della “televisione più piccola del mondo”. Nella sede storica di via Crispi 33 sono sopraggiunti poi alcuni studenti dell'ITCG Niccolini di Volterra (Pi). Ragazzi di 16-17 anni che insieme ai loro professori hanno partecipato ad un viaggio di istruzione all'interno di un programma di legalità. Dopo essere stati alla Cooperativa antimafia “Lavoro e non solo” di Corleone studenti e professori sono arrivati a Telejato. All'inizio del telegiornale Pino Maniaci ha presentato il libro “Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino” (Bongiovanni-Baldo, Aliberti ed.) introducendo l'intervista a Giorgio Bongiovanni che successivamente è stata realizzata da Salvo Vitale per lo speciale approfondimento di Telejato in onda oggi. L'amico fraterno di Peppino Impastato ha intervistato il direttore di ANTIMAFIADuemila toccando le tematiche contenute nel libro e addentrandosi successivamente in un'analisi storica che ha attraversato la “rivoluzione” di Peppino Impastato fino ad arrivare ai mandanti esterni delle stragi di Falcone e Borsellino. Tantissime le notizie trasmesse dal Tg più lungo d'Italia (oltre due ore), con una particolare quanto rara attenzione alle ultime operazioni antimafia, così come nei confronti della mala politica nel micro e nel macro sistema. Sulla testa di Telejato non pendono solo le minacce della mafia (che sono costate a Pino la tutela dei carabinieri), così come le 308 querele intentate contro Maniaci per i suoi servizi “irriverenti”, un'ulteriore spada di Damocle è rappresentata oggi dall'ipotesi che l'emittente di Partinico chiuda i battenti “per legge”. In alcuni emendamenti della nuova Finanziaria viene sancito che per le televisioni comunitarie (come Telejato) non ci sono spazi sul digitale terrestre. Ed è lo stesso Pino Maniaci a spiegare lo stato dell'arte: “Il Ministero dello sviluppo economico si è riservato il diritto di assegnare, a pagamento, tutte le lunghezze d’onda del digitale terrestre tranne che per le tre reti Rai, per La 7, per Sky e per le società di telefonia mobile, le cui frequenze sono state assegnate gratis”. “Nell’arco di queste frequenze che verranno assegnate – ha specificato il direttore di Telejato –  non si prevede per le comunitarie di diventare operatori di rete e quindi, eventualmente, dovrebbero esserci dei consorzi tra chi diventa operatore di rete per poter fare entrare altre emittenti. Questo significa che, una televisione locale che viene in possesso dei famosi cinque canali, perché operatore di rete significa avere cinque canali, dovrebbe dare il passaggio, pagando io l’affitto”. Ma Telejato è una Onlus e non può in alcun modo sostenere il pagamento di un ‘affitto’. “E poi – ha rimarcato amaramente Maniaci –  chi si carica di responsabilità per il passaggio a Telejato che ha 308 querele e che è una televisione antimafia, costantemente minacciata? Ci siamo fatti un giro e non ci vuole nessuno. Primo, hanno venduto i canali dal 61 al 69, Telejato è 62 e quindi già mi hanno venduto il canale, poi c’è tutta una serie di difficoltà che non riguarda solo Telejato, ma circa 200 televisioni in tutta Italia. Noi abbiamo costituito un comitato ‘Siamo tutti Telejato’ per fare come testa d’ariete anche per le altre emittenti, hanno aderito da Libera nazionale a tutti i presidi di Libera locale. Abbiamo poi un pool di avvocati che sta valutando l’incostituzionalità della legge e, inoltre, stiamo sollevando il problema anche a livello europeo. La nostra intenzione è anche quella di scrivere al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano”. Un'ennesima battaglia per Pino Maniaci e per la sua famiglia che è il cuore pulsante della redazione di Telejato. Nel frattempo Pino continua a correre per tutto il territorio di Partinico (e dintorni) sbugiardando le meschinità del sistema politico locale (e non solo), facendosi portavoce delle richieste di giustizia di semplici cittadini, così come di associazioni ed enti che si rivolgono a Telejato per far sentire il proprio grido. Ma la città di Partinico è decisamente spaccata a metà. Da una parte troviamo quella cittadinanza, più o meno sensibile, che attende ogni giorno il Tg di Pino Maniaci quasi fosse un “evento”. Di contraltare c'è tutto un universo che ruota attorno alla storica famiglia mafiosa di Partinico dei Vitale (il padrino Vito e suo fratello Leonardo sono all'ergastolo da anni) e che è palesemente ostile alla linea di denuncia di Telejato. Il figlio di Vito Vitale, Michele, è di fatto tra i responsabili delle aggressioni fisiche al direttore di Telejato di tre anni fa. E questo è solo la punta dell'iceberg di una vita sotto scorta per un giornalista che ha fatto della propria professione una “missione”. A fronte di ciò Pino non arretra di un passo e con la sua solita dissacrante ironia afferra un microfono mentre con la telecamera sua figlia Letizia continua instancabilmente a riprendere per il prossimo telegiornale.

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