L’omicidio Taormina come segnale del passaggio di potere dalle vecchie gerarchie di Cosa Nostra alle giovani bande armate

Il 12 ottobre 2025 a Palermo, davanti al locale “O Scrusciu” Paolo Taormina di 21 anni, figlio dei proprietari del pub, nel tentativo di sedare una rissa viene ucciso da Gaetano Maranzano di 28 anni, con un colpo di pistola dritto alla fronte. Lo scontro avvenuto quella notte vedeva due gruppi giovanili avversi, quello dello Zen, al quale appartiene il killer Gaetano Maranzano e quello dei Marinella. “L’omicidio però si consuma per una diversa causa e va inserito in quadro ben più ampio”, spiega Roberto Saviano sul suo canale You Tube. “Maranzano conosceva bene Taormina e confessa di averlo ucciso perché innervosito nel vederlo in azione e per vendetta, avrebbe fatto dei complimenti alla sua ragazza”, ha commentato. Dopo aver freddato Taormina, “Maranzano posta un filmato su Tik Tok con alcune frasi di Totò Riina, estrapolate dal Capo dei Capi, il cui linguaggio è utilizzato per rivendicare l’omicidio appena compiuto per ‘ragioni d’onore’, il riferimento a Riina è lo specchio di un enorme dibattito all’interno dell’organizzazione criminale siciliana: come e in che forma tornare a comandare”. Il giornalista e scrittore analizza come “le famiglie palermitane si stanno infatti ‘paranzizzando’, lasciano infatti alle bande giovanili la possibilità di scalare le gerarchie controllando il territorio, il narcotraffico e le estorsioni, le paranze si sentono pronte a prendere il potere perché autoregolamentate, anche se dietro il loro operato sono presenti vecchie generazioni di Cosa Nostra, dedite all’uso della paura e della violenza su cui basano i propri codici e compiono mattanze ispirandosi alla retorica dei capi mafiosi tentando di assumerne la personalità ed il carisma”. “L’omicidio Taormina infine non si può considerare un episodio isolato e casuale”, ha affermato, considerando che nello stesso gruppo proveniente dal quartiere Zen, protagonista della rissa avvenuta la notte del 12 ottobre, figurano diversi soggetti responsabili della Strage di Monreale. Questo precedente, così come la dichiarazione di Maranzano “giro armato perché Palermo è una città pericolosa”, rivela la prassi di girare appunto armati per la città, cosa assolutamente impensabile nel vecchio regime di comando dove era necessario essere uomini d’onore o avere l’autorizzazione del capo mandamento di appartenenza. Su questo caso è intervenuto Federico Mollicone, deputato di Fratelli d’Italia e presidente della commissione culture, già noto alla cronaca per alcune squallide dichiarazioni sulla Strage di Bologna, appellava come “teorema per attaccare le destre” le sentenze definitive che motivano il coinvolgimento di gruppi neofascisti. Riferendosi a Maranzano lo definisce “uno dei figli di Gomorra e delle serie tv”, Saviano commenta così “è una retorica basata sull’ignoranza secondo cui chi descrive o rappresenta il male lo promuove e alimenta, chi guarda nell’abisso lo allarga. Dichiarazioni inaccettabili davanti a un omicidio frutto di assenza di politiche sociali, fallimento delle istituzioni, fallimento culturale e scolastico, mancanza di strumenti investigativi per contrastare l’evoluzione della realtà mafiosa palermitana”. Invece di analizzare l’intera complessità del fenomeno, la politica è tornata inquisitoria, non risponde e pensa di far ricadere la responsabilità di questi avvenimenti a chi li racconta. L'esperto di criminalità organizzata ricorda in particolare la storia di Maria Cristina Gallo, donna che trovò la morte per un ritardo del risultato di un esame istologico scoprendo troppo tardi di avere un tumore, finì sotto accusa il reparto di Anatomia patologica di Castelvetrano per una serie di 3300 ritardi nei risultati con una sola eccezione, un paziente che ricevette il referto in meno di 24 ore, si chiamava Andrea Bonafede o meglio Matteo Messina Denaro. In conclusione “il ferimento a settembre di una ragazza incinta, la strage di Monreale, l’omicidio Taormina sono tutti elementi collegati di un territorio che non viene più raccontato dove prevalgono gruppi di ragazzi armati che svolgono operazioni militari, criminali e stanno cercando di costruirsi il proprio profilo malavitoso”. Le istituzioni non stanno comprendendo questo scenario, bensì vogliono e preferiscono il silenzio, pensando che se non ci fosse il racconto, il problema non esisterebbe, ma se “non tutto ciò che viene affrontato può essere cambiato, nulla può essere cambiato se prima non viene affrontato”.

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