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La procura di Palermo ha fatto una richiesta di archiviazione che non esito a definire inaccettabile. Perché è stata un'apparente riapertura di indagini. Noi abbiamo presentato un esposto con il quale chiedevamo di riaprire le indagini e che si facessero le indagini su alcuni filoni che fanno capire la presenza in qualche modo sempre di questo ambiente dei servizi segreti deviati attorno a queste vicende in quegli anni ’80”. Sono state queste le parole dell’avvocato Antonio Ingroia, intervenuto 'Mattino Sud', in merito alle indagini per la morte del piccolo Claudio Domino. L'opposizione delle "persone offese" alla richiesta di nuova archiviazione, formulata dalla Procura di Palermo, è stata dichiarata inammissibile: il fascicolo è stato quindi nuovamente chiuso.
Il 7 ottobre 1986, a Palermo, un colpo di pistola al volto lo strappò per sempre alla vita e ancora oggi non ci sono verità accertate si chi sia stato a premere il grilletto.
Il killer indossava il casco integrale e impugnava una pistola semiautomatica calibro 7.65: giunto in sella ad una moto di grossa cilindrata, probabilmente una Kawasaki, in via Giovanni Fattori, rione San Lorenzo, aveva chiamato Domino, il quale si era avvicinato. Poi il buio. 
Nessun testimone, tranne l’amichetto che però nulla aveva visto. 
Nessun altro testimone è comparso nel corso degli anni, ma di voci che hanno parlato dell’omicidio sono state molte. 
Per esempio il confidente del colonnello Michele Riccio, Luigi Ilardo, disse di aver saputo che era stato commesso dai servizi segreti e poi addebitato a Cosa nostra. In particolare qualcuno aveva visto che a sparare era stato qualcuno che “aveva la faccia di un mostro e … girava imperterrito in Palermo”. 
Potrebbe essere stato un riferimento a Giovanni Aiello, poliziotto oggi deceduto, ma il cui nome compare all’interno di molte vicende ancora irrisolte del nostro Paese.
Sul tavolo ci sono le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia come Antonino Lo Giudice, detto il nano, resa nel 2016 al processo “Borsellino quater” di Caltanissetta e Consolato Villani, ex 'ndranghetista. Ma le acque rimangono sempre molto torbide. 
Oltre a questo ci sono due elementi raccolti dai magistrati. 
Il 26 ottobre 1986, una telefonata raggiunge il cellulare di Antonio Domino, padre di Claudio. A rispondere è la sorella. Un uomo, la cui identità rimane ignota, dichiara di conoscere l’autore dell’omicidio, un individuo del quartiere San Lorenzo di Palermo, e il motivo collegato al padre. 
Anche in questo caso non ci sono stati riscontri. 
La procura di Palermo - ha rimarcato Ingroia - ha fatto una richiesta di archiviazione, mi duole dirlo, senza fare indagini cioè ha riaperto le indagini senza farle perché semplicemente senza sentire un test senza sentire un collaboratore di giustizia senza fare nessun atto d'indagine perché questa è la verità io lo denuncio gravemente questa inerzia investigativa della procura di settore antimafia di Palermo ha chiesto l'archiviazione soltanto sulla base della lettura dei vecchi atti che noi avevamo messo all'attenzione della Procura”. 
Come confermato da Graziella Accetta, madre di Claudio e moglie di Ninni Dominio (il padre), “in questi 39 anni non ci hanno mai chiamato per dirci ‘guardate che è successo questo, oppure c'è stato questo processo, voi siete stati nominati’. No, non c'è stato mai detto nulla. Il silenzio più totale”. 

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