Petrocciani, condannato nel processo “Stirpe”, entra nel programma di protezione e potrebbe svelare i segreti del mandamento
Vincenzo Petrocciani, 43 anni, condannato in primo grado a undici anni di carcere, ha deciso di collaborare con la giustizia. L’uomo, ora entrato nel programma di protezione, potrebbe dare una svolta significativa svelando possibili retroscena riguardo a estorsioni, traffici di droga e omicidi di mafia collegati al mandamento di Brancaccio, a Palermo.
Petrocciani era stato arrestato nell’ambito dell’operazione “Stirpe”, un’inchiesta che aveva scoperchiato un sistema capillare di estorsioni mai denunciate, con numerosi episodi che avevano spinto i commercianti a versare somme di denaro al clan per poter lavorare in pace. Il controllo del territorio era talmente esteso che - raccontano gli investigatori - persino i riscossori del pizzo faticavano a ricordare tutti i negozi da cui dovevano passare.
Secondo i sostituti procuratori Bruno Brucoli, Federica La Chioma e Francesca Mazzocco, dietro le estorsioni si muoveva anche un cartello della droga capace di unire gli interessi di tre mandamenti mafiosi: Porta Nuova, Tommaso Natale e Brancaccio. Dalla Calabria e dalla Campania arrivavano fiumi di cocaina e hashish destinati a rifornire le piazze di Palermo, dove il consumo di stupefacenti è in costante crescita. È in questo intreccio di affari, pizzo e traffico di droga che si inserisce ora la figura di Petrocciani. Infatti, pur non essendo un capo, l’uomo potrebbe conoscere retroscena cruciali su un mandamento dove si è tornato a sparare, anche per il controllo delle scommesse clandestine. È proprio in questo contesto che, nel febbraio dello scorso anno, è stato assassinato Giancarlo Romano, boss emergente legato alla famiglia Lo Nigro e figura di riferimento della nuova generazione mafiosa di Brancaccio.
Oggi il quartiere, che avrebbe dovuto essere il motore industriale della città, resta un terreno minato e molto pericoloso, perché i vecchi equilibri criminali si stanno ridefinendo. Diverse scarcerazioni eccellenti, come quella di Nino Sacco per fine pena, e il ritorno di cognomi storici come Lo Nigro confermano infatti che la vecchia guardia mafiosa starebbe tentando di riprendersi e consolidare gli spazi territoriali da poter controllare. È all’interno di questo scenario che le dichiarazioni del nuovo pentito potrebbero aiutare gli inquirenti a ricostruire i nuovi assetti di potere, svelando alleanze, rivalità e strategie di una mafia che, nonostante i colpi subiti, continua a reinventarsi per mantenere il controllo del territorio.
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