Dopo il rilascio dal penitenziario di Vigevano (Pavia) di Anna Patrizia Messina Denaro, sorella dell'ex superlatitante, altri tre boss hanno finito di scontare il loro debito con la giustizia; e per questo sono stati scarcerati.
A Palermo sono rientrati Calogero Lo Piccolo, erede della dinastia mafiosa di Tommaso Natale, e Giovanni Sirchia, boss di Passo di Rigano. A Corleone è tornato invece Rosario Lo Bue, vecchio capomafia cresciuto sotto l’influenza di Totò Riina e Bernardo Provenzano. La notizia è stata riportata da Repubblica.
Sono stati figure centrali nella riorganizzazione di Cosa nostra dopo le stragi. L’Antimafia è in allerta, aspettando che il reintegro dei tre nel reticolo mafioso scateni un’onda d’urto con possibili conseguenze sugli equilibri di potere.
Rosario Lo Bue (arrestato nel 2015) è nato nel 1943 e cresciuto sotto l’egida di Totò Riina e Bernardo Provenzano; Calogero Lo Piccolo invece è un membro di spicco della Cosa nostra palermitana. Già in carcere ad Alghero prima di una seconda condanna, era tornato a prendere il suo posto come “barone” del clan di San Lorenzo ed erede di Tommaso Natale. Il fratello Sandro e il padre Salvatore sono entrambi all’ergastolo. Nel 2016 Lo Piccolo è stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta Cupola 2.0 e accusato di essere uno dei principali fautori della riorganizzazione di Cosa nostra dopo il maxi processo degli anni Novanta. Secondo l’accusa, nel 2017 aveva partecipato alla prima riunione della nuova Cupola, l’organo direttivo che riunisce i capifamiglia, per tentare di scongiurare una nuova guerra di mafia tra il suo clan e un altro mandamento.
Per Giovanni Sirchia sono scattate le manette nel 2018, all’interno dell’inchiesta Cupola 2.0; si sarebbe occupato della parte più prettamente logistica del summit tra i capifamiglia in cui sarebbe poi stata decisa la rinascita dell’organo direttivo.
Anna Patrizia Messina infine reggeva il delicato sistema delle comunicazioni del latitante: lei è a conoscenza dell'identità di “Parmigiano”, di “W” e del “Politico”, sono alcuni dei soprannomi che proteggono gli insospettabili complici segnati nei pizzini di Matteo Messina Denaro.
Tutti gli scarcerati hanno dei segreti: beni mai sequestrati, relazioni all’interno della società civile e del tessuto economico.
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