La vittima avrebbe offeso il capo mafia di Porta Nuova, da qui la decisione di eliminarlo. Ma per l’incriminazione mancano prove
La Procura di Palermo ha chiesto al gip l’archiviazione del capomafia di Porta Nuova Tommaso Lo Presti (“u pacchiuni”), indagato per l’omicidio del boss Giuseppe Di Giacomo, ucciso alla Zisa nel 2014.
Nell’inchiesta, con l’accusa di essere l’esecutore materiale, c’è anche Onofrio Lipari, arrestato due anni fa dopo aver terminato di scontare una pena per mafia. I pm avrebbero voluto arrestare anche Lo Presti - che si ipotizza essere il mandante - ma il Gip respinse la richiesta. Al centro dell’inchiesta ci sono le deposizioni dei pentiti. Tra queste spicca quella di Vito Galatolo, ex boss dell’Acquasanta. “Giuseppe Di Giacomo aveva offeso Tommaso Lo Presti che voleva impadronirsi del mandamento e per questo fu ucciso. Lui mi dice il Graziano (Vincenzo Graziano, mafioso dello stesso mandamento del pentito nuovamente incarcerato di recente, ndr) che l’omicidio Di Giacomo è stato avvenuto che forse… siccome era uscito Tommaso Lo Presti ‘u pacchiuni’, figlio di Totuccio, ed era uscito male intenzionato con tutti dice che si doveva prendere tutte cose nelle mani lui…”.
Graziano avrebbe saputo “che forse il Di Giacomo Giuseppe gli avrebbe dato o uno schiaffo a Lo Presti Tommaso, il pacchione, o lo avrebbe offeso con la bocca… ci dissi è per questo lo hanno ucciso a Giuseppe?’. ‘Sì dice, ci sono stati discorsi interni, però il pacchione so… mi ha riferito questo fatto che è male intenzionato, perché si doveva prendere tutte cose nelle mani’”. Subito dopo l’omicidio, ricorda Live Sicilia, era stata registrata una conversazione in carcere fra i fratelli della vittima, Marcello e Giovanni Di Giacomo (uomo di Pippo Calò recluso con pena all’ergastolo per due omicidi). “… Si preparano fanno l’appuntamento e mentre c’è il discorso fanno bum bum e s’ammogghia tutto”, diceva Giovanni Di Giacomo. Anche loro facevano riferimento alle tensioni con Giuseppe per la gestione del “pannello”, il cartello delle scommesse sportive. Avevano individuato in Lipari il possibile assassino e avevano chiesto a Tommaso Lo Presti di vendicarli. Ed invece, secondo la Procura, Lo Presti avrebbe deciso di liberarsi di un boss ingombrante. Nel frattempo qualche mese fa febbraio il capomafia è tornato in carcere con la maxi retata da 183 arresti eseguita dai carabinieri, coordinati dalla procura di Palermo. L’anno scorso, invece, il suo nome era su tutte le pagine nazionali per le nozze d’argento che decise di celebrare il 15 aprile nella basilica di San Domenico, la stessa dove riposa Giovanni Falcone.
Fonte: livesicilia.it
Foto © Paolo Bassani
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