Avvocato Luigi Li Gotti: libertà riacquistata grazie a legge voluta da Falcone
Giovanni Brusca è tornato libero a tutti gli effetti, benché ancora scortato dal Servizio centrale di protezione, che segue ogni suo movimento.
Fu lui che azionò il telecomando della strage di Capaci e che fece uccidere e sciogliere nell'acido il cadavere del piccolo Giuseppe Di Matteo, tenuto per due anni e due mesi in prigionia. Oltre a questo le sentenze lo indicano come uno dei responsabili dell’organizzazione della strage di via d’Amelio e della pianificazione degli attentati del 1993 a Milano, Roma e Firenze.
A questo si aggiungono circa 150 omicidi da lui commessi.
A partire da oggi non avrà più l'obbligo di stare a casa dalle otto di sera alle otto del mattino né di firmare tre volte alla settimana nella caserma dei carabinieri del luogo in cui risiede. E' libero in tutti i suoi movimenti, benché scortato: quando finirà anche questo sarà in grado di spostarsi dove e come vorrà.
"L'ho sentito stamattina per altre ragioni, lui era già libero dal 2021, oggi non è che cambi molto. È sempre alla ricerca di una attività lavorativa per il reinserimento sociale. Lo stava già facendo prima, stava cercando un lavoro, di svolgere una attività: cercherà di fare questo, come ha fatto in questi anni, sapendo che non è facile, ma proverà" ha detto a LaPresse l'avvocato Luigi Li Gotti, legale di Giovanni Brusca, ricordando che il pentito di mafia "fa sempre parte del programma di protezione che dovrà continuare a rispettare: è comunque un soggetto a rischio". "La sua liberazione un successo di Falcone? Certo, è la legge per cui Falcone e anche Borsellino si sono battuti e hanno perso la vita. Questa legge, che ha favorito la collaborazione di giustizia, ha creato un vero terremoto in Cosa nostra con la sconfitta dell'ala militare. Certo, rimane Cosa nostra ad alti livelli, ma l'ala militare è stata spazzata" ha continuato ricordando che "Falcone sarebbe stato sconfitto se questa legge non fosse stata applicata. Si tratta di una legge fondamentale, che ha portato alla sconfitta della mafia militare".
La legge di cui parla l'avvocato è la numero 82 del 1991: “Nuove norme per la protezione e il trattamento sanzionatorio dei collaboratori di giustizia”, si chiama e a progettarla è stato il giudice siciliano. Per quella norma Falcone si era ispirato al Witness protection act in vigore negli Stati Uniti, grazie al quale Tommaso Buscetta aveva ottenuto la libertà vigilata. Senza sconti di pena, senza la possibilità di avere permessi premio e soprattutto senza la garanzia di avere protezione per sé e per i propri cari, un mafioso non avrebbe motivo di collaborare con la giustizia, né tanto meno di autoaccusarsi di stragi e delitti efferati, chiamando in causa ex sodali ed esponendo i propri famigliari al rischio di finire assassinati. Era il 31 maggio 2021 quando il capomafia di San Giuseppe Jato lasciò il carcere di Rebibbia dopo 25 anni per fine pena (con 45 giorni di anticipo).
Vennero infatti applicati i benefici previsti per i collaboratori affidabili.
Nel 2022, un anno dopo la scarcerazione, la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo aveva accolto la valutazione del questore del capoluogo siciliano Leopoldo Laricchia, che lo riteneva ancora “socialmente pericoloso”.
Dopo la scarcerazione, era stata imposta a Busca la sorveglianza speciale. Perché è “scemata, ma tuttora esistente la sua pericolosità sociale”, avevano scritto i giudici di Palermo. E perché “non può radicalmente escludersi una possibile ricaduta nel reato”.
Brusca era stato arrestato la sera del 20 maggio 1996 nel suo covo in provincia di Agrigento in contrada Cannatello.
Durante la sua collaborazione con la giustizia parlò di essere stato l'artificiere della strage di Rocco Chinnici e si autoaccusò della strage di Capaci e dell’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo; oltre a questo parlò anche di quando nell’inverno del 1991 Riina ordinò la strategia dell’attacco allo Stato e della Trattativa aperta nel 1992 con alcuni esponenti delle istituzioni.
Foto © Imagoeconomica
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