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I pm interrogano la figlia dell’ex super poliziotto che però si avvale della facoltà di non rispondere. Nel filone d’inchiesta finisce l’intercettazione di De Gennaro

Prosegue il lavoro dei pm di Caltanisseta, impegnati a srotolare il gomitolo di misteri attorcigliato sulla strage di via d’Amelio. I nuovi sviluppi, riportati da Repubblica, sono ancora una volta su Arnaldo La Barbera, considerato il “deus ex machina” del depistaggio delle indagini sull’attentato. Il ruolo del superpoliziotto (deceduto nel 2002) che guidò la Squadra Mobile di Palermo dal 1988 al 1994 è al centro delle attenzioni della procura. I magistrati si stanno concentrando in particolare sul trasferimento a Roma di La Barbera. Un trasferimento temporaneo e soprattutto improvviso già raccontato in aula, durante il dibattimento del processo Borsellino Quater, dall’ex prefetto ed ex ufficiale del Sisde Luigi De Sena (deceduto nel 2015). “Andava spesso a Roma, perché veniva a riferire l’andamento delle indagini alla sua scala gerarchica, che era poi il capo della polizia”, affermava. Al tempo a capo della Polizia di Stato c’era Vincenzo Parisi. Fu De Sena a parlare di un trasferimento improvviso, in realtà “una promozione per meriti straordinari”, nella Capitale nei primi mesi del 1993 di Arnaldo La Barbera. “Una cosa che non ho capito all’epoca e non capisco tuttora”, commentava. Anche perché, aggiungeva ai pm, “La Barbera soffriva, non era il tipo di trovarsi parcheggiato, anche per motivi particolari, presso la direzione generale della polizia criminale”. Poi il colpo di scena: “Subito dopo tornò a capo della struttura investigativa che si occupava di indagare sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Anche se c’era un grosso punto interrogativo: lui non era più un ufficiale di polizia giudiziaria. Ma si fece un artifizio per quanto riguarda la responsabilità della struttura sotto l’aspetto organizzativo e non sotto l’aspetto giudiziario”. A rimandarlo in Sicilia deve essere stato qualcuno di più in alto di La Barbera, ma chi? E soprattutto perché? Sta alla procura di Caltanissetta capirlo. I pm, riporta ancora Repubblica, hanno avviato una serie di accertamenti ai carabinieri del Ros e hanno sentito la figlia dell’ex superpoliziotto, indagata per ricettazione aggravata (nell’ipotesi che possa avere avuto un ruolo nella sparizione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino). La donna, però, non ha detto una parola avvalendosi della facoltà di non rispondere. L’attenzione dei magistrati sui membri della famiglia La Barbera non è nuova. Già un anno fa avevano fatto perquisire dal Ros l’abitazione dei famigliari a Verona, trovando nella cantina estratti parlano di quasi 115 milioni delle vecchie lire versati in contanti all’ex capo della Mobile fra il settembre 1990 e il dicembre 1992. 
Non è chiaro chi abbia versato quei soldi e per quale scopo. Le carte sequestrate dai carabinieri del Ros - che si inseriscono nel filone d’inchiesta assieme, scrive Repubblica, all’intercettazione disposta sull’utenza di Gianni De Gennaro (non indagato) - raccontano di due assegni consegnati nel 1993 e nel 1997 proprio a Luigi De Sena. I due avevano un rapporto di stretta amicizia. Proprio De Sena ha spiegato che nel 1988 reclutò l’amico poliziotto (all’epoca capo della Mobile di Venezia), per una collaborazione con i Servizi. “Nell’ambito di una collaborazione più ampia - spiegò - che avevo voluto tra Sisde e polizia, d’accordo con l’allora capo della polizia Parisi”. “Ma quella collaborazione - precisò - durò dal 1986 al 1988”, quindi prima dell’incarico delicatissimo di capo della Mobile di Palermo. Eppure tra Sisde e Polizia a Palermo sembrava esserci piena sinergia.
Il centro Sisde di Palermo scriveva a Roma il 13 agosto 1992 nella nota con protocollo 2298/z. 3068: “In sede di contatti informali con inquirenti impegnati nelle indagini inerenti le recenti note stragi perpetrate in questo territorio si è appreso, in via ufficiosa, che la locale polizia di Stato avrebbe acquisito significativi elementi informativi in merito all’autobomba parcheggiata in via D’Amelio nei pressi dello stabile in cui abita la madre del giudice Borsellino”. Del resto i processi sulla strage di via d’Amelio accertarono che La Barbera fu collaboratore del Sisde (nome in codice “Rutilius”) e finanziato dallo stesso servizio segreto. La nota del Sisde suggerisce che la Squadra Mobile di Palermo avesse informazioni precise sull’attentato ben prima dell’arresto di Salvatore Candura (colui che confessò falsamente di aver rubato la Fiat 126 usata per la strage e poi ingiustamente condannato). La stessa nota sembra avere la firma di De Sena, l’ex prefetto ammise a processo che la firma potrebbe essere la sua, ma non ne ricordava il contenuto.

Foto © Imagoeconomica

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