Artificiere delle stragi del ’93, fu lui ad azionare il telecomando per l’esplosivo contro Costanzo
Il tribunale di sorveglianza di Milano ha riconosciuto Salvatore Benigno, condannato all’ergastolo per le stragi del 1993, come detenuto modello, concedendogli permessi premio per partecipare ad attività sociali fuori dal carcere di Opera. A dare la notizia è stato Salvo Palazzolo sulle colonne di Repubblica Palermo. Benigno, oggi cinquantasettenne, è il secondo esponente di Cosa nostra coinvolto nelle stragi a ottenere benefici simili, dopo Giovanni Formoso, anche lui ergastolano, che attualmente lavora ogni giorno in un istituto religioso di Scampia con autorizzazione a uscire dal carcere di Napoli Secondigliano. Entrambi originari di Misilmeri, i due facevano parte della cerchia dei fratelli Graviano e si occupavano della preparazione degli esplosivi. Formoso ha ricevuto la condanna per aver assemblato l’autobomba esplosa a Milano in via Palestro il 27 luglio 1993, causando cinque vittime. Benigno, invece, ha partecipato a tutte le stragi mafiose del 1993, quando era ancora uno studente di Medicina senza precedenti penali, ma già competente in materia di esplosivi. Il 14 maggio 1993 fu lui ad attivare l’autobomba destinata a uccidere Maurizio Costanzo in via Fauro a Roma, mentre il 27 maggio contribuì all’attentato di via dei Georgofili a Firenze, dove morirono cinque persone. Il 28 luglio fu coinvolto negli attentati a Roma, nei pressi del Vicariato di San Giovanni in Laterano e a San Giorgio in Velabro. A gennaio del 1994, Benigno e altri membri del commando mafioso tentarono un nuovo attentato nei pressi dello stadio Olimpico di Roma, con l’obiettivo di colpire un pullman di carabinieri, ma l’esplosivo non si attivò nonostante i ripetuti tentativi. Oggi, dopo trent’anni di detenzione, Benigno ha conseguito la laurea in Medicina con una tesi in Ortopedia, ottenendo una valutazione di 91 su 110. Gli educatori del carcere e i giudici hanno riconosciuto in lui segnali di revisione del proprio passato, motivando così la concessione dei permessi premio. Dal 2019, una sentenza della Corte costituzionale ha stabilito che anche i mafiosi condannati all’ergastolo possono accedere a benefici penitenziari, purché non risultino ancora affiliati o in contatto con organizzazioni criminali, una condizione che deve essere verificata dalle procure distrettuali o dalla Direzione nazionale antimafia. Tuttavia, i giudici di sorveglianza non sono tenuti a richiedere il parere della procura nei casi di permessi reiterati. In assenza di un obbligo normativo, si è generata una lacuna nell’ordinamento penitenziario, che ha permesso l’uscita temporanea dal carcere di numerosi esponenti mafiosi, nonostante le riserve espresse dalla Procura di Palermo e dalla Direzione nazionale antimafia, secondo cui tali soggetti restano pericolosi.
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