Il gip di Catania, accogliendo la richiesta della Procura, ha emesso un decreto di archiviazione dell'inchiesta, contro ignoti, sull'omicidio dell’infiltrato Luigi Ilardo, ucciso il 10 maggio 1996.
L’inchiesta era stata aperta dopo la trasmissione dalla Dda di Firenze con una denuncia del generale dei Carabinieri in quiescenza Michele Riccio. E' la seconda volta che un giudice per le indagini preliminari a Catania emette un decreto di archiviazione su questo caso: la prima volta è stato nel novembre del 2022 e in quel caso l'inchiesta aveva come indagato l'ex vice comandante del Ros dei carabinieri, il generale Mario Mori.
Ilardo, ricordiamo, era vice rappresentante provinciale di Cosa nostra di Caltanissetta e cugino dello storico capomafia Giuseppe 'Piddu' Madonia. Prima di essere ucciso a Catania aveva iniziato un'attività di informatore con Riccio consentendo l'arresto di pericolosi latitanti e condotto i carabinieri vicino alla cattura dell'allora boss latitante Bernardo Provenzano.
Ma in quell'ottobre del 1995 i militari si limitarono ad osservare perché impossibilitati ad intervenire, così dichiarò l'ufficiale Mauro Obinu a processo (il militare venne poi assolto assieme a Mario Mori), data la presenza di pecore, pastori e mucche.
Per l’omicidio Ilardo sono stati condannati, con sentenza passata in giudicato, Giuseppe 'Piddu' Madonia, Vincenzo Santapaola, figlio di 'Turi' che era il fratello di Benedetto, Maurizio Zuccaro, Santo La Causa, Benedetto Cocimano, Maurizio Signorino e Piero Giuffrida.
A ordinare il delitto sarebbe stato il cugino della vittima, il boss Madonia.
Il tribunale di Catania © Imagoeconomica
I processi fin qui celebrati hanno stabilito in maniera chiara la responsabilità di Cosa nostra nel delitto ma quel che ad oggi resta avvolto nel mistero è come cosa nostra catanese venne a sapere della volontà di Ilardo di collaborare. In questi anni è emerso dalle dichiarazioni dell'ex boss di Caccamo, oggi pentito, Antonino Giuffrè, che vi fu una fuga di notizie da ambienti giudiziari nisseni, ed anche il colonnello Michele Riccio confermò il dato dopo alcuni colloqui avuti con un altro ufficiale dell'Arma. Una “soffiata istituzionale”, come sancito dalla sentenza con cui sono stati condannati i mandanti e gli esecutori mafiosi del suo omicidio.
È proprio questo ultimo punto ad aver determinato l’inizio dell’inchiesta: la diffusione della notizia della collaborazione di Ilardo con la giustizia.
Tra gli atti del fascicolo anche la notifica del provvedimento di un differimento pena notificato a Ilardo a Gela nell'abitazione della sorella di Madonia che avrebbe insospettito il boss.
Ma dagli accertamenti della Dia è emerso che "era stato lo stesso Ilardo a dichiarare la casa della cugina come proprio domicilio" e dagli atti dell'inchiesta la Procura non "ha ricavato alcun elemento certo e univoco sulle ragioni per cui il Ros notificò il provvedimento non personalmente a Ilardo, ma a sua cugina".
Per la Procura, anche se non c'è la possibilità di dimostrarlo, "si deve ritenere che la vicenda, compresa la notifica del provvedimento del magistrato di sorveglianza venne direttamente gestita dall'autorità giudiziaria e non dalla polizia giudiziaria". Nella richiesta di archiviazione, accolta dal gip, si sottolinea che "rimane fondata l'ipotesi che la collaborazione di Ilardo sia stata portata a conoscenza di chi ne provocò la morte", ma non ci sono elementi per "esercitare l'azione penale con fondata possibilità di condanna".
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