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Chi ha voluto la morte dell’ex segretario regionale del PCI? Le domande ancora aperte

Sono trascorsi quarantatré anni da uno degli omicidi più dolorosi nella storia della lotta alla mafia in Italia: quello di Pio La Torre, ex segretario regionale del Partito Comunista Italiano in Sicilia, e del suo fidato collaboratore Rosario Di Salvo. Il 30 aprile 1982 era una mattina come tante. La Torre e Di Salvo, a bordo della loro auto, si stavano dirigendo verso la sede del partito, ma non vi arrivarono mai. I sicari di Cosa Nostra, su una moto di grossa cilindrata, li intercettarono costringendoli a fermarsi. Seguì un attacco brutale: una pioggia di proiettili si abbatté su di loro. La Torre morì all’istante; Di Salvo riuscì a estrarre la pistola e a rispondere al fuoco, prima di essere sopraffatto. Solo grazie alle confessioni di importanti collaboratori di giustizia come Tommaso Buscetta,  e successivamente di altri mafiosi del calibro di Francesco Marino Mannoia, Gaspare Mutolo e Pino Marchese, la verità sul delitto emerse chiaramente anche in sede processuale. Fu così che il Maxiprocesso di Palermo, e poi il Maxiprocesso Quater dedicato ai cosiddetti “omicidi politici”, riconobbero ufficialmente l'assassinio di La Torre come un delitto mafioso. Con la sentenza definitiva, arrivata nel ‘95, furono condannati all'ergastolo alcuni dei boss più potenti della mafia siciliana: Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci. Eppure, a oltre quattro decenni da quell'assassinio, resta aperta una domanda inquietante: chi furono i mandanti esterni alla mafia? E soprattutto, a quali ambienti di potere appartenevano?

Del resto, Pio La Torre, con la sua visione politica innovativa, rappresentava una minaccia per molti. Aveva sviluppato un approccio “intersezionale” al fenomeno mafioso, cogliendone la natura complessa e l'intreccio con il potere politico, economico e sociale. Non si limitava a combattere la criminalità organizzata come fenomeno isolato, ma la descriveva come un sistema di potere radicato nella società, sostenuto da politici e funzionari in posizioni chiave. La Torre aveva compreso che la lotta alla mafia doveva necessariamente passare per il controllo del territorio: non bastava colpire i singoli mafiosi, bisognava aggredirne il potere economico. Per questo elaborò una proposta di legge rivoluzionaria che introduceva nel codice penale il reato di associazione mafiosa e prevedeva la confisca dei beni dei mafiosi. Quella proposta, divenuta legge poco dopo la sua morte, segnò una svolta nella storia della legislazione antimafia. Ma La Torre non si fermò qui. Insieme al giudice Cesare Terranova, anch’egli assassinato da Cosa Nostra, nel 1976 firmò una relazione di minoranza per la Commissione parlamentare Antimafia che anticipava scenari allora inimmaginabili: l'espansione della mafia al Nord Italia, l’infiltrazione nel mondo della finanza, i legami con l’estrema destra politica.


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© Paolo Bassani

La sua capacità di leggere in anticipo i grandi movimenti del potere lo portò a denunciare anche il ruolo ambiguo di figure come Michele Sindona, il banchiere siculo-americano coinvolto in trame golpiste e nei piani separatisti in Sicilia, manovrati da interessi che univano mafia, ambienti americani, alta finanza e settori deviati della politica italiana. Inoltre, La Torre si oppose con forza al progetto di trasformare la Sicilia in un avamposto militare internazionale, denunciando il rischio che l’isola diventasse un crocevia di spie, terroristi e provocatori manovrati da forze oscure, in cui la mafia avrebbe inevitabilmente avuto un ruolo centrale. Memorabile fu la sua battaglia contro l’installazione dei missili Cruise della NATO nella base di Comiso: riuscì a mobilitare ben 80mila persone contro un progetto che, oltre a minacciare la pace, avrebbe offerto nuove opportunità di potere e infiltrazione a Cosa Nostra. Insomma, ancor prima che venisse alla luce l’esistenza di Gladio, La Torre aveva già intuito la presenza di strutture paramilitari occulte capaci di condizionare la vita politica italiana.

Oggi, mentre ci si prepara a celebrare il 43° anniversario del suo assassinio e di quello di Rosario Di Salvo, la memoria del loro sacrificio viene rinnovata con una manifestazione organizzata dal Centro Studi Pio La Torre. L’evento si svolgerà dalle 10 alle 12.30 nell’Aula Magna dell’Istituto Vittorio Emanuele III di Palermo, in via Duca della Verdura 48, e vedrà la partecipazione attiva di studenti e scuole provenienti da tutta Italia. Tra rappresentazioni teatrali, premiazioni di concorsi antimafia e interventi di importanti personalità come Pietro Grasso, Antonello Cracolici, Emilio Miceli, Stefano Musolino e altri, la giornata sarà un momento di viva e partecipata riflessione.

Foto di copertina © Imagoeconomica

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