Corte d'Appello, non semplice concorrente esterno. Strinse patto politico-mafioso
Raffaele Pippo Nicotra non sarebbe stato un semplice concorrente esterno del clan Santapaola, ma avrebbe stretto con la famiglia catanese di Cosa nostra un vero e proprio patto di scambio politico-mafioso. Questo sarebbe avvenuto nel 2008, anno delle elezioni regionali siciliane e della sua elezione a sindaco di Aci Catena. A stabilirlo è stata la Corte d’Appello di Catania, che ha emesso una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, dopo aver riqualificato il reato contestato all'imputato. La decisione è stata riportata dal quotidiano La Sicilia. La vicenda giudiziaria di Nicotra si inserisce in un contesto complesso. Il processo, infatti, era stato riaperto dopo che la Corte di Cassazione, il 5 giugno 2023, aveva annullato con rinvio la sentenza della seconda Corte d’Appello di Catania. Quest’ultima, il 21 aprile 2022, aveva condannato l'ex deputato regionale ed ex sindaco a quattro anni e otto mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, ma lo aveva assolto dal reato di tentativo di estorsione. In primo grado, Nicotra era stato condannato a sette anni e quattro mesi di carcere per entrambi i reati, mentre era stato assolto dall’accusa di corruzione elettorale, come richiesto dalla Procura. L’arresto di Nicotra, avvenuto il 10 ottobre 2018 nell’ambito dell’operazione “Aquilia” della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, aveva fatto emergere presunti legami con il clan Sciuto, vicino alla famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. Secondo l'accusa, l'ex sindaco avrebbe versato 50.000 euro per ottenere l’appoggio del clan nelle elezioni regionali siciliane del 2008 e avrebbe pagato 50 euro per ogni voto nelle successive elezioni del 2012. Inoltre, grazie al suo ruolo di imprenditore, avrebbe favorito economicamente il clan attraverso la gestione dei suoi numerosi supermercati. Nicotra, oggi 69enne, ha sempre respinto le accuse, proclamandosi innocente. Difeso dagli avvocati Giovanni Grasso e Orazio Consolo, aveva fatto ricorso contro la condanna, sostenendo la propria estraneità ai fatti. La vicenda giudiziaria si conclude ora con una prescrizione, lasciando però in sospeso i dubbi e le polemiche che hanno accompagnato il caso negli ultimi anni.
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