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La storia della giovane lavandaia crivellata di colpi è il simbolo di una giustizia tardiva che lascia ancora l’amaro in bocca

La vita di Graziella Campagna viene spezzata dalla mafia il 12 dicembre 1985, a soli 17 anni. La sua è una storia tragica che rappresenta non solo la brutalità mafiosa, ma anche l’inefficienza delle istituzioni nel garantire giustizia in tempi adeguati: la sentenza definitiva della Corte di Cassazione, che ha confermato l’ergastolo per i responsabili della sua morte, Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera, è stata emessa il 18 marzo 2009, ben 22 anni dopo.
Ma partiamo dall’inizio.
Nata il 3 luglio 1968 a Saponara, in provincia di Messina, in una famiglia umile, Graziella cresce in un contesto semplice, dove manifesta fin da piccola la sua passione per il ricamo. Per necessità economiche, decide di abbandonare gli studi e lavorare come aiuto lavandaia in una città vicina, Villafranca Tirrena. Fu proprio questo impiego in nero a condurre la giovane Campagna a una scoperta che si rivelerà fatale: la vera identità di Gerlando Alberti jr., un boss mafioso latitante nascosto sotto falso nome. Un giorno, mentre Graziella era impegnata nelle sue mansioni abituali in lavanderia, ricevette una camicia da lavare da un cliente abituale, l’ingegner Tony Cannata. Durante la routine di svuotare le tasche dei capi consegnati, trovò un’agenda contenente una carta d’identità che svelava la vera identità del cliente: Gerlando Alberti jr. Alberti era il nipote di Gerlando Alberti senior, un noto capomafia arrestato anni prima grazie all’azione del generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Graziella scopre inoltre che un altro uomo che frequentava la lavanderia, conosciuto come Gianni Lombardo, è in realtà Giovanni Sutera, un altro latitante ricercato per gravi reati come associazione mafiosa e traffico di droga. Purtroppo, l’ingenuità della giovane Graziella complica ulteriormente le cose. Graziella, infatti, condivide questa scoperta con la sua collega Agata Cannistrà, la quale, invece di proteggerla, le strappa l’agenda dalle mani facendola sparire. Un gesto che si è rivelato cruciale, poiché ha impedito che l’agenda potesse diventare una prova contro i due mafiosi.


Il giorno della sparizione

Il 12 dicembre 1985, dopo aver terminato il lavoro, Graziella si reca alla fermata dell’autobus per tornare a casa. Sono circa le 19:45, ma quella sera non arriverà mai a casa. La famiglia, preoccupata, comincia a cercarla ovunque. I genitori si recano in caserma per denunciarne la scomparsa, ma il maresciallo sottovaluta la situazione, ipotizzando una fuga d’amore.


campagna graziella compagna

Il fratello di Graziella, Piero Campagna, carabiniere in servizio a Gioia Tauro, prende in mano la situazione. Due giorni dopo la scomparsa, grazie a una segnalazione di un medico, scopre che il corpo di una ragazza è stato avvistato in un luogo isolato a Forte Campone, vicino a Villafranca Tirrena: era quello di Graziella Campagna. Il corpo senza vita della giovane viene trovato rannicchiato contro un muro, con un braccio alzato in segno di difesa. Graziella è stata crivellata da colpi di arma da fuoco sparati a distanza ravvicinata: viso, spalla, petto, mano e braccio, colpiti durante una vera e propria esecuzione. I sicari, con quel brutale omicidio, intendevano eliminare ogni possibile minaccia, temendo che la ragazza potesse rivelare ciò che aveva scoperto. Tuttavia, è probabile che non avesse nemmeno compreso la gravità delle informazioni in suo possesso.


Le indagini e il processo

Le indagini sulla morte di Graziella iniziano con colpevole ritardo. Il maresciallo della caserma locale si era persino preso un giorno di vacanza, convinto che la giovane fosse scappata volontariamente. Testimoni raccontano di aver visto Graziella salire tranquillamente su un’auto sconosciuta, presumibilmente fidandosi di chi era alla guida.
Il primo processo si apre il 1º marzo 1988. Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera vengono accusati del delitto, ma il giudice considera debole il movente ipotizzato dalla Procura, ovvero che Alberti avesse ucciso Graziella per paura che svelasse la sua identità. Entrambi vengono assolti. Solo sei anni dopo, nel 1996, grazie alla trasmissione televisiva Chi l’ha visto?, il caso viene riaperto. L’11 dicembre 2004, quasi vent’anni dopo l’assassinio, la Corte d’Assise di Messina condanna Alberti e Sutera all’ergastolo. L’accusa stabilisce che l’omicidio è stato premeditato e commesso durante la loro latitanza. Vengono condannate anche Agata Cannistrà e Franca Federico, rispettivamente collega e titolare della lavanderia, per favoreggiamento e per aver deviato le indagini. Tuttavia, entrambe ricevono pene lievi di soli due anni. Nel 2008, la Corte d’Assise d’Appello di Messina conferma l’ergastolo per Alberti e Sutera, sentenza ribadita dalla Cassazione nel 2009. Tuttavia, nel giugno 2022, Sutera ottiene la semilibertà, potendo uscire dal carcere durante il giorno per svolgere volontariato con un’associazione di Firenze. La decisione suscita la rabbia e l’amarezza della famiglia. Piero Campagna, fratello di Graziella, critica duramente lo Stato, accusandolo di favorire i criminali e di spingere i cittadini a perdere fiducia nella giustizia.
Oggi, Graziella Campagna è diventata un simbolo della lotta contro la mafia e della memoria collettiva delle vittime innocenti. Le iniziative a lei dedicate, come quelle organizzate ogni anno da associazioni e scuole, testimoniano il tentativo di mantenere vivo il suo ricordo e sensibilizzare le nuove generazioni. Tuttavia, il dolore della famiglia resta acuito dall’inefficacia della giustizia e dalle contraddizioni di uno Stato che, nonostante le condanne, continua a offrire vantaggi ai criminali.

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