C’è chi entra e c’è chi esce dal carcere. Anche se è in odor di mafia o è mafioso. Basti pensare a Giuseppe Corona, boss del quartiere Resuttana a Palermo. La sua scarcerazione è solo l'ultimo episodio in una lunga serie di liberazioni di mafiosi dovute alla decorrenza dei termini di custodia cautelare. Corona, condannato in secondo grado, si unisce a una lista di criminali noti che, pur riconosciuti come membri di spicco di Cosa nostra, sono tornati a piede libero, in un momento storico in cui si sta ridefinendo la mappa della mafia dentro e fuori Palermo.
Non è un caso isolato, sottolinea LiveSicilia. Personaggi centrali nella gerarchia mafiosa, come Giuseppe Di Giovanni, consuocero del boss Giuseppe Incontrera, sono stati liberati per motivi simili. Di Giovanni, scarcerato a luglio 2023, era alla guida del mandamento di Porta Nuova dopo il 2019, periodo in cui prese il controllo degli affari mafiosi, circondandosi di fedelissimi come il parente acquisito. Secondo le intercettazioni, era considerato uno dei "tre pilastri" intoccabili dell'organizzazione.
La Corte d'Appello di Palermo, pochi giorni fa, ha scarcerato anche nove boss trapanesi, tutti legati al potente Matteo Messina Denaro per scadenza dei termini di fase. Questi mafiosi, condannati in primo grado, erano detenuti al 41 bis, ma la complessità dei processi e i numerosi rinvii hanno portato alla loro liberazione, nonostante il rinvio della sentenza per ulteriori valutazioni.
Musica diversa, invece, per Stefano Fragapane, figlio del boss ergastolano Salvatore Fragapane, ex capo della provincia mafiosa. È in carcere dal luglio 2002 per il suo ruolo centrale all'interno della mafia agrigentina ed è condannato all’ergastolo per quattro omicidi e associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta “Sikania”.
Resterà al 41bis dopo che la Cassazione ha rigettato il ricorso. La difesa aveva richiesto la revoca del carcere duro, facendo leva sul comportamento positivo del detenuto nell’istituto penitenziario, ma la Cassazione ha ritenuto insufficienti questi elementi. Secondo quanto riportato dal quotidiano La Sicilia, i giudici hanno motivato il rigetto affermando che non si può ritenere venuta meno la capacità di Fragapane di mantenere collegamenti con la sua organizzazione mafiosa. La sentenza sottolinea che il clan a cui appartiene è ancora attivo e che non c'è stata da parte del detenuto alcuna presa di distanza o rinuncia alla logica mafiosa.
Tornando al caso di Corona, questo riflette un problema più ampio della giustizia italiana nei processi di mafia: procedure lunghe, cambi di collegi giudicanti, vizi formali e annullamenti hanno reso molte scarcerazioni inevitabili. Anche boss di vecchia data come Giovanni Lucchese e Claudio D’Amore, condannati nel 2021, sono stati liberati a Brancaccio in attesa della conclusione del processo d’appello, a causa di errori procedurali e pronunce della Cassazione che hanno annullato il procedimento.
Liberazioni che, sebbene legittime da un punto di vista legale, suscitano preoccupazione per il loro impatto sociale. Molti dei mafiosi liberati, infatti, restano figure centrali per la criminalità organizzata e per il mantenimento dell'equilibrio di potere all'interno di Cosa nostra.
Foto © Paolo Bassani