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L'ordinanza del sindaco Miccichè: “Divieto di vendita di qualsiasi tipo di oggetto o souvenir che inneggi a Cosa nostra”

Lodevole l'iniziativa del sindaco di Agrigento che ha vietato la vendita di gadget che rimandano a una immagine della mafia folkloristica e, per certi versi, rassicurante. Iniziativa che non brilla certo per ironia, anche se ha il pregio di essere a ‘costo zero’ per l'amministrazione”. Sono state queste le parole pronunciate da Luigi Patronaggio, ex procuratore della Repubblica di Agrigento e attuale procuratore generale di Cagliari, per commentare l'ordinanza del sindaco Francesco Miccichè, che vieta la vendita di gadget turistici che richiamano alla mafia. “Attraverso questi pacchiani oggettini - ha aggiunto Patronaggio - viene veicolata un'immagine della mafia più folkloristica che reale. Ma invero ben altre dovevano essere le iniziative antimafia, a partire dalla denuncia dei vecchi e nuovi ladri delle risorse idriche, tanto pubblici che privati, nonché rilanciare un'amministrazione della cosa pubblica attenta allo sviluppo del territorio scevra da condizionamenti ambientali e clientelari”. Tuttavia, “mi rendo conto che un’iniziativa simile ha costi economici, ma soprattutto - ha concluso il magistrato - umani e culturali, ancora, purtroppo, insostenibili in questa Isola”. L'ordinanza del sindaco Miccichè, che vieta la vendita di “qualsiasi tipo di oggetto, souvenir, gadget che inneggi o richiami in ‘termini positivi’, in qualunque modo e forma, la mafia e la criminalità organizzata”, è stata pubblicata lo scorso 20 agosto e arriva in vista di un evento che nel 2025 punterà i riflettori sulla città di Agrigento. Il prossimo anno, infatti, la città dei Templi sarà “Capitale italiana della Cultura”. Un progetto - come si legge sul sito della Regione Siciliana - di promozione internazionale realizzato grazie al finanziamento congiunto di Regione Siciliana e ministero del Turismo. In questo contesto si inserisce il dibattito, già avviato negli anni passati, sulla necessità di vietare la vendita ai turisti di souvenir che richiamano la mafia.


patronaggio l davide debari

Il procuratore Luigi Patronaggio © Davide de Bari

Il riferimento di Patronaggio ai “vecchi e nuovi ladri delle risorse idriche, tanto pubblici quanto privati”, non è casuale. Quest’estate, la siccità che ha colpito la Sicilia si è abbattuta con particolare intensità sulla città di Agrigento, causando gravi disagi e speculazioni. In tutta la Sicilia, infatti, le tariffe per il trasporto di acqua tramite autobotti sono quasi raddoppiate, suscitando le proteste di Cia e Agroturismo, che - come ha riportato “Il Fatto Quotidiano” - hanno denunciato: “Fanno affari d’oro. Un carico è passato da 100 a 180 euro”. Quando, nel 2021, Patronaggio era a capo della procura di Agrigento, un’indagine denominata “Operazione Waterloo” ha svelato gli interessi, ma soprattutto il sistema di corruzione e di potere che si sarebbe creato attorno al servizio idrico gestito dalla società Girgenti Acque, e che portò al fermo di otto persone, tra cui il presidente della società idrica, Marco Campione, il quale avrebbe utilizzato persone vicine, inclusi alcuni carabinieri, per ottenere favori, protezione e vantaggi. Un sistema ben oliato che si sarebbe esteso a livello istituzionale, arrivando a coinvolgere anche il prefetto Nicola Diomede, che ha rilasciato una certificazione antimafia favorevole a Girgenti Acque, nonostante l'opinione contraria delle forze di polizia. L’inchiesta ha coinvolto anche personaggi politici come il presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana, Gianfranco Miccichè, in quanto avrebbe ricevuto finanziamenti illeciti da Campione.

Fonte: Ansa

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