L’operazione ha svelato i movimenti del boss Calvaruso in Brasile e le operazioni societarie tra Svizzera, Hong Kong e Singapore
Una vasta operazione antimafia, condotta dalle Fiamme Gialle di Palermo in collaborazione con la polizia federale brasiliana, ha coinvolto Italia, Svizzera e Brasile. L'operazione, ordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo e dal secondo tribunale federale del Rio Grande Do Norte in Brasile, ha portato alla luce i nuovi investimenti di Cosa Nostra all'estero, tra cui ingenti capitali mafiosi investiti in iniziative imprenditoriali brasiliane, attività schermate da prestanome e società di comodo. L’operazione ha portato all'arresto del 47enne boss di Cosa nostra, Giuseppe Calvaruso, e di un imprenditore originario di Bagheria, trasferitosi a Natal in Brasile nel 2016, Giuseppe Bruno.
Al centro dell'indagine è finito il boss Calvaruso, che, nonostante il suo ruolo di capo mandamento di Pagliarelli a Palermo, trascorreva gran parte del suo tempo in Brasile. Questo comportamento ha suscitato parecchi dubbi e perplessità tra i mafiosi rimasti a Palermo, che si chiedevano come riuscisse a gestire gli affari di Cosa Nostra da un luogo così lontano dalla Sicilia. Tuttavia, Calvaruso aveva un piano ben preciso: aveva infatti trasferito una parte considerevole del “tesoro” di Cosa Nostra in Brasile, investendo in immobili di lusso e altre attività redditizie. Calvaruso, noto per il suo coinvolgimento in attività criminali come il traffico di droga, l’estorsione e il riciclaggio di denaro, è stato a lungo considerato un “uomo d'onore” all'interno dell'organizzazione e ha ricoperto il ruolo di vice del boss Settimo Mineo, un altro nome di rilievo nella mafia siciliana che cercava di ricostruire la Cupola, il vertice decisionale di Cosa nostra. Dopo l'arresto di Mineo, Calvaruso è diventato il capo del mandamento di Pagliarelli, uno dei più potenti a Palermo.
L'altro personaggio chiave emerso dall’operazione antimafia e antiriciclaggio è l’imprenditore Giuseppe Bruno, socio in affari di Calvaruso. È stato proprio il sodalizio imprenditoriale tra i due a dare vita a una gigantesca operazione di riciclaggio di denaro sporco. Cifre enormi: circa 500 milioni di euro, che sarebbero stati spostati dalla Sicilia al Sud America attraverso una fitta rete di società di facciata e prestanome. Bruno, trasferitosi in Brasile nel 2016, aveva subito iniziato a investire in maniera considerevole in immobili di lusso e appartamenti, riuscendo a costruire un vero e proprio impero immobiliare con i proventi della mafia.
Le indagini e i dettagli dell’operazione
Tutto sembrava andare secondo i piani. Poi, la Guardia di Finanza di Palermo, in collaborazione con le autorità brasiliane, ha iniziato a indagare sui movimenti di denaro ritenuti sospetti. L'indagine della Direzione distrettuale antimafia di Palermo è partita con l'analisi approfondita dello smartphone di Calvaruso, da cui sono emersi dati cruciali su contatti e affari, sia in Sud America che in Italia. In particolare, come riportato dal quotidiano “La Repubblica”, in Emilia Romagna Calvaruso poteva contare sul supporto di due affermati professionisti per gestire complesse operazioni societarie tra Brasile, Svizzera, Hong Kong e Singapore. “Le prove raccolte finora - ha reso noto un comunicato della procura federale brasiliana - indicano che la mafia italiana ha utilizzato società di comodo e prestanomi per facilitare il movimento e l’occultamento di fondi illeciti provenienti da attività criminali internazionali. Si stima che lo schema abbia investito non meno di 300 milioni di reais (circa 54 milioni di euro) in Brasile, utilizzando questi fondi per acquistare proprietà e infiltrarsi nei mercati immobiliari e finanziari”. Infatti, l’operazione ha portato al sequestro di beni per un valore di circa 50 milioni di euro. Sono stati sequestrati beni mobili e immobili riconducibili a 17 persone indagate e a 12 società operanti in vari settori, tra cui immobiliare, edile e ristorativo. Sono state eseguite 21 perquisizioni in Italia (in Sicilia, Emilia Romagna, Lazio, Toscana e Veneto) e all'estero (Brasile e Svizzera), presso abitazioni, sedi societarie e studi professionali. Più di 100 finanzieri hanno partecipato all'operazione, alcuni dei quali si sono recati in Brasile per collaborare con le autorità locali.
I reati ipotizzati dalle autorità italiane includono concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori, tutti aggravati dalla finalità di agevolare importanti famiglie mafiose. Le indagini hanno inoltre dimostrato che i flussi di denaro venivano riciclati attraverso sofisticati meccanismi finanziari, utilizzando conti esteri. L'operazione antimafia, oltre a evidenziare l'efficacia degli strumenti di cooperazione internazionale nella lotta contro le mafie, dimostra come queste organizzazioni, compresa Cosa Nostra, siano riuscite ad adattarsi e a diversificare i loro investimenti criminali anche all'interno dell'economia legale. Tra le attività illecite emergono il riciclaggio di denaro, l'acquisizione di imprese, la partecipazione a gare d’appalto, e soprattutto una crescente collaborazione con imprenditori. La corruzione sembra essere sempre più la chiave che apre le porte del settore imprenditoriale, sostituendo in molti casi la violenza e l’intimidazione. Da qui deriva anche l'espansione all'estero. Negli ultimi anni, infatti, le mafie hanno incrementato i loro investimenti in mercati esteri, oltre al tradizionale traffico internazionale di droga, che rimane il principale strumento di arricchimento per le organizzazioni criminali.
Fonte: Agenzia Nova
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