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Giuseppe "Beppe" Montana, nato il 18 ottobre 1951 a Agrigento, fu un valoroso funzionario di polizia italiano, noto per la sua incessante lotta contro la mafia siciliana. La sua determinazione e il suo coraggio nel contrastare Cosa Nostra lo resero una figura simbolica nella battaglia contro la criminalità organizzata.
Dopo essersi laureato in Giurisprudenza, Beppe Montana entrò nella Polizia di Stato, dove rapidamente si distinse per le sue capacità investigative e la sua dedizione al dovere. Nel 1982 fu trasferito a Palermo, dove lavorò fianco a fianco con altre figure illustri come Ninni Cassarà e Giovanni Falcone. Montana fu assegnato alla Sezione Catturandi della Squadra Mobile, un'unità specializzata nella cattura dei latitanti mafiosi.
La sua attività portò a numerosi arresti di esponenti di rilievo di Cosa Nostra, contribuendo a indebolire le strutture dell'organizzazione criminale.
Assieme a Ninni Cassarà riuscì anche a scoprire numerose raffinerie di droga e depositi di armi.
Il commissario contribuì anche a stilare il famoso “rapporto dei 162”: il primo vero tentativo di delineare una mappa aggiornata di Cosa nostra e degli equilibri in via di definizione a seguito dell’avvio dell’ultima guerra di mafia. Gli indiziati furono 161 affiliati - tra cui il boss Michele Greco - legati tra loro e facenti parte di diverse famiglie della città e della provincia.
Il 28 luglio 1985, mentre si trovava a Porticello, una frazione marinara di Santa Flavia, Beppe Montana fu ucciso da sicari della mafia. Stava rientrando in barca quando fu raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco. Il suo omicidio scosse profondamente l'opinione pubblica e rappresentò una tragica testimonianza della ferocia con cui la mafia reagiva a chi osava sfidarla.
“L’omicidio di mio fratello, come quello di altri investigatori, è un delitto politico-mafioso - ha affermato in passato il fratello del poliziotto, Dario Montana - perché un poliziotto può restare ucciso durante una rapina, ma in questo caso la sua eliminazione ha come obiettivo la distruzione di un patrimonio investigativo”.
Nel 1994 grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia, fratello di Salvatore, per l'omicidio vennero individuati e poi condannati all'ergastolo, mandanti ed esecutori (Totò Riina, Michele Greco, Francesco e Antonio Madonia, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Raffaele e Domenico Ganci, Salvatore Buscemi, Giuseppe e Vincenzo Galatolo e Giuseppe Lucchese). 
Mannoia disse anche che l'omicidio, come poi avvenne per Cassarà, fu reso possibile anche grazie al contributo di una "talpa" di Cosa nostra negli uffici della polizia.
Ma chi fosse è sempre rimasto un mistero.

Foto © Archivio Letizia Battaglia

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