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L'ex pm del pool antimafia: quell’aggiunta al documento non è riferibile alla mia persona

Chi è l'autore segreto della frase che avrebbe causato la distruzione dei documenti sulle intercettazioni riguardanti i fratelli Nino e Salvatore Buscemi?
È su questo che si sta interrogando la procura di Caltanissetta guidata da Salvatore De Luca che sta indagando su Gioacchino Natoli, magistrato oggi in pensione già componente del pool Antimafia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Le accuse mosse a suo carico dai magistrati nisseni sono pesantissime: la prima è favoreggiamento alla mafia per aver ipoteticamente insabbiato l'inchiesta sui Buscemi e i Bonura, imprenditori mafiosi vicini a Salvatore Riina, poi divenuti soci del gruppo Ferruzzi di Raul Gardini. La vicenda, nello specifico, riguarda un filone dell'inchiesta Mafia-appalti, svolta dalla Procura di Palermo agli inizi degli anni '90.
La seconda accusa, invece, è quella di calunnia nei confronti di Damiano Galati, storico funzionario del Centro Intercettazioni telefoniche, sentito come testimone dai magistrati della stessa procura.
Nel giugno del 1992 Natoli aveva disposto la smagnetizzazione dei nastri d’indagine, "perché le intercettazioni avevano dato esito negativo - aveva spiegato in Commissione antimafia - ed era prassi che i supporti dovessero essere recuperati per altre indagini". Una prassi "dettata sia dalla necessità di riutilizzare le bobine smagnetizzate per la nota carenza di fondi ministeriali fortemente presente in quel periodo, sia per la mancanza di spazi fisici per la conservazione dei nastri”, aveva spiegato Natoli davanti ai commissari di Palazzo San Macuto.
Le argomentazioni sono contenute anche in un documento di 28 pagine intitolato ‘brevi note di chiarimento’ e depositato agli atti dell'Antimafia da Natoli e inviato via PEC anche alla procura di Caltanissetta.
Nell'atto da lui firmato, pubblicato dal 'Fatto Quotidiano', si può vedere una frase aggiunta a penna: "e la distruzione dei brogliacci", cioè degli appunti scritti dagli uomini del Gico della Guardia di Finanza durante l’ascolto delle intercettazioni.
Quell’ordine, ha sostenuto Natoli, “non è riferibile alla mia persona, essendo stato aggiunto a mano da qualcuno con una calligrafia che, all’evidenza, non è la mia, dopo la consegna all’Ufficio Intercettazioni in data 25 giugno 1992″.
L’ex pm, inoltre, in una email indirizzata alla procura ha dichiarato che "quell'annotazione non è mia ma è stata apposta dopo il deposito del mio provvedimento presso la segreteria del Centro intercettazioni telefoniche della procura".
Anche lo stesso Galati, sentito dai Pm, secondo quanto riportato da 'Repubblica', avrebbe detto ai magistrati che "quella non è la mia scrittura", negando quindi la paternità della frase.
Quindi chi scrisse quell'ordine?


L'indagine per calunnia

Nell’invito a comparire - riportato dal 'Fatto' - inviato all’ex pm c’è scritto: “Affermando che la locuzione manoscritta e la distruzione dei brogliacci, vergata sul provvedimento di smagnetizzazione delle bobine delle intercettazioni telefoniche eseguite nel procedimento penale n. 3589/1991, recante la sua firma e depositato in data 25 giugno 1992, era stata apposta dopo il deposito del predetto atto presso la segreteria del C.I.T. (Centro Intercettazioni telefoniche), incolpava Galati Damiano, in quel momento responsabile amministrativo di tale Ufficio, che aveva ricevuto personalmente il suindicato provvedimento, del sopra citato delitto di falso materiale, pur sapendolo innocente”.
In altre parole per i magistrati Natoli avrebbe addossato la responsabilità a Galati di aver scritto quella frase affermando tale dicitura era stata apposta sul documento dopo il deposito al Centro Intercettazioni telefoniche.
Tuttavia nella mail mandata dal magistrato alla procura non vi sono scritti né nomi né accuse specifiche.
Una cosa per ora è certa: la procura di Caltanissetta ha fatto riascoltare tutte le bobine recuperate ai militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza facendo emergerne eventuali punti di approfondimento.
Secondo i magistrati, si tratterebbe di dialoghi "rilevanti" contenenti "vere e proprie autonome notizie di reato". Queste registrazioni non compaiono tra i 29 dialoghi trascritti e riportati nelle annotazioni conclusive del Gico, presenti nel fascicolo d'indagine originale archiviata nel giugno del 1992 e nata su input della procura di Massa Carrara, che aveva puntato i riflettori sulle infiltrazioni mafiose nelle cave di marmo in Toscana.


L'indagine per favoreggiamento

Com'è noto, Natoli e indagato assieme al generale di corpo d'armata (allora capitano del Gico) Stefano Screpanti: secondo gli inquirenti sarebbe stato “coesecutore materiale” delle condotte di Natoli.
Se fosse ancora in vita, anche l'allora procuratore della Repubblica di Palermo, Pietro Giammanco, sarebbe indagato, poiché i magistrati di Caltanissetta lo considerano "l'istigatore" di tutta la vicenda.
Ricordiamo che Natoli è stato interrogato dai magistrati tre giorni fa avvalendosi della facoltà di non rispondere.
I suoi difensori, gli avvocati Fabrizio Biondo ed Ettore Zanoni, hanno fatto sapere che l’ex pm “si riserva di chiedere alla procura un successivo interrogatorio in cui fornire ogni utile chiarimento”.

Foto © Imagoeconomica

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