Dopo l'ex magistrato del pool antimafia di Palermo, già Presidente della Corte d'Appello di Palermo, la procura di Caltanissetta guidata da Salvatore De Luca, nel filone di indagine sul presunto insabbiamento della pista mafia-appalti, ha aperto un fascicolo nei confronti del generale di corpo d’armata Stefano Screpanti (in foto), attuale collaboratore del ministro Fitto.
Il quotidiano La Repubblica Palermo approfondisce la questione andando oltre a quell'invito a comparire che era stato consegnato al magistrato (Natoli sentito nei giorni si è avvalso della facoltà di non rispondere riservandosi di essere sentito in un secondo momento).
Natoli, indagato anche per calunnia, sostanzialmente viene accusato di aver cercato di insabbiare un filone della cosiddetta inchiesta mafia-appalti.
Si tratta di un’indagine per riciclaggio, nata su input della Procura di Massa Carrara, che aveva puntato i riflettori sulle infiltrazioni di Cosa Nostra nelle cave di marmo in Toscana. L’inchiesta riguardava i fratelli Nino e Salvatore Buscemi, imprenditori mafiosi vicini a Totò Riina poi divenuti soci del gruppo Ferruzzi di Raul Gardini.
Nei mesi scorsi questa vicenda è stata ricostruita davanti alla Commissione Antimafia dallo stesso Natoli dopo le accuse a lui rivolte da Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino e legale dei figli del giudice ucciso in via D’Amelio.
In particolare secondo i pm nisseni l’inchiesta su Buscemi e Bonura sarebbe stata archiviata su richiesta di Natoli dopo aver condotto “un’indagine apparente" in particolare "richiedendo, tra l’altro, l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale (inferiore ai quaranta giorni per la quasi totalità dei target) e solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione”.
Al contempo si accusa Natoli di aver disposto, “d’intesa con l’ufficiale della Guardia di finanza Screpanti che provvedeva in tal senso, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la ‘messa a disposizione’ di Di Fresco in favore di Bonura, nonché una concreta ipotesi di ‘aggiustamento‘, mediante interessamento del Di Fresco stesso, del processo pendente innanzi alla Corte d’Assise di Appello di Palermo, sempre a carico del Bonura, nonché di Fontana Stefano e Di Maio Vincenzo per il duplice omicidio Chiazzese/Dominici".
Gioacchino Natoli © Imagoeconomica
Le bobine sono al centro dell'intera indagine nissena. Recuperate dalla Procura di Palermo era stato lo stesso Natoli a chiedere una verifica. In un'intervista alla Rai diceva: "Chiedendo, così come la legge mi consente di fare, di rivedere le carte del fascicolo, rifletto sul particolare periodo storico sul decreto di smagnetizzazione che mi era stato richiesto e chiedo al Procuratore di Palermo di fare un accertamento sulla effettiva esecuzione o meno di quel decreto. Appena il 25 settembre del 2023 con una certificazione il Procuratore di Palermo mi dice che la smagnetizzazione e la distruzione non ha avuto esecuzione e che i plichi contenenti i nastri ed i brogliacci sono presenti nella Procura depositati dalla polizia giudiziaria".
Atti che furono poi trasmessi alla Procura di Caltanissetta che ha fatto riascoltare i nastri. Sempre l’allora sostituto procuratore Natoli, sentito in Commissione antimafia, aveva spiegato il perché della richiesta di smagnetizzare ("era questa la prassi all’epoca, in caso di intercettazioni negative, per recuperare i supporti").
Il dato che però emergerebbe dal riascolto delle bobine, operato dai finanzieri del comando provinciale di Caltanissetta, è che in quelle intercettazioni non vi sarebbero elementi “negativi”.
Nello specifico i boss parlavano dell’aggiustamento di un processo e di alcuni imprenditori insospettabili che avrebbero fatto da prestanome.
Così si arriva all'accusa di Natoli e Screpanti.
In particolare sembrerebbe che il Gico non abbia trascritto tutto le intercettazioni.
Perché? La Procura nissena, come riporta La Repubblica Palermo, ha ascoltato i componenti di quella squadra, per capire che metodo di lavoro utilizzassero, per ricostruire i giorni di quell’inchiesta coordinata da Natoli, che andò avanti fra il gennaio e il marzo 1992.
E' possibile che fu commesso un errore di valutazione su quegli atti? Oppure davvero si trattò di un'operazione di insabbiamento?
Nell'atto di citazione si fa riferimento all’ex procuratore Giammanco in qualità di “istigatore dell’operazione”.
C’è un aspetto che comunque va chiarito. L’indagine di cui Natoli chiese ed ottenne l’archiviazione a Palermo non si occupava di appalti, ma delle infiltrazioni mafiose nelle cave del marmo toscane. Inoltre si trattava di un fascicolo collegato a quello principale che rimase sempre alla procura di Massa Carrara, prima di essere spostato a Lucca per competenza.
Diversa è invece la storia del dossier del Ros dei Carabinieri, consegnato alla procura di Palermo il 16 febbraio 1991. In quel rapporto a parte Buscemi, però in quell’elenco non c’era nessuno dei nomi degli imprenditori a cui si riferisce l’atto d’accusa della Procura nissena.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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