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Emanuele Bonafede resta in carcere.
Cugino del geometra Andrea Bonafede, l'uomo che prestò l'identità all'ex latitante, è considerato uno dei principali favoreggiatori di Matteo Messina Denaro
Emanuele Bonafede, condannato a gennaio scorso per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena a sei anni e otto mesi, ha chiesto al tribunale del Riesame di Palermo la sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari. Istanza respinta dai giudici. L'indagato era finito in cella insieme alla moglie Lorena Lanceri, la donna che per mesi ha accudito il capomafia gestendone anche la rete dei pizzini e che è stata condannata per associazione mafiosa a 13 anni e 4 mesi.
Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri hanno ospitato Matteo Messina Denaro, durante la latitanza, a pranzo e cena nella loro casa di Campobello di Mazara. "Così consentendogli - dissero gli inquirenti - non solo di trascorrere molte ore in piena tranquillità e in loro compagnia in un contesto domestico - familiare ma, anche e soprattutto, di incontrarsi con numerose persone e infine, ma non per importanza, di entrare ed uscire dalla loro abitazione effettuando accurati controlli per ridurre il rischio di essere avvistato dalle forze dell'ordine". Oltre a preparare il cibo al capomafia ricercato, infatti, la coppia effettuava una stretta vigilanza sulla zona: i video della telecamere di sorveglianza di alcuni negozi hanno ripreso i due mentre, dopo essersi accertati che per strada non ci fossero polizia o carabinieri, davano il via libera al loro ospite per farlo uscire indisturbato dalla abitazione. Un rapporto di fedeltà assoluta legava la coppia al boss che ricambiava con regali di valore: al figlio dei Bonafede, nel 2017, il capomafia fece da padrino della cresima e donò un Rolex da 6300 euro. La spesa fu poi puntualmente annotata da Messina Denaro in un pizzino. Dalle indagini è emerso chiaramente inoltre che Lanceri e il boss avevano una relazione. Gli inquirenti hanno trovato una lettera firmata Diletta, secondo i pm nome in codice di Lanceri, in cui la donna, che sarebbe stata vicina al boss durante tutta la malattia, dichiarava a Messina Denaro il suo amore. La donna, inoltre, smistava la corrispondenza tra il padrino e un'altra sua amante Laura Bonafede, anche lei in carcere.


Procura ottiene giudizio immediato per figlia Bonafede

I pubblici ministeri della Dda di Palermo Gianluca De Leo e Piero Padova hanno chiesto e ottenuto dal gip il processo col rito immediato per Martina Gentile, la figlia della compagna storica di Matteo Messina Denaro, Laura Bonafede, arrestata e accusata di associazione mafiosa per aver aiutato il capomafia durante la latitanza, per averne gestito le comunicazioni riservate e per esserne stata la fedele emissaria. Martina Gentile, ai domiciliari da dicembre scorso, è invece indagata per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena. Autrice anni fa di un necrologio in cui si dichiarava fiera di essere la nipote del boss Leonardo Bonafede, la Gentile, figlia di un boss e madre di una bambina, come risulta da decine di pizzini sequestrati a Messina Denaro, era legatissima all'ex ricercato, che per anni l'ha cresciuta come una figlia. Interrogata dal gip dopo l'arresto, aveva scelto di non rispondere, ma ha voluto fare dichiarazioni spontanee per dire di essere stata affezionata a Messina Denaro quand'era bambina, ma di aver capito che quell'affetto lui non lo meritava. La Gentile, il cui padre naturale sconta due ergastoli per omicidi commissionati dal padrino di Castelvetrano, ha raccontato di aver visto il vero volto del boss, compresa la sua relazione con la madre, solo recentemente. Anche per questo avrebbe cercato di prendere le distanze dall'ambiente in cui era cresciuta andando a insegnare a Pantelleria, lasciando il suo paese, Campobello di Mazara e iniziando un percorso di legalità attraverso colloqui con assistenti sociali e associazioni antimafia. Il giudizio immediato consente di "saltare" l'udienza preliminare. Per la madre della Gentile, nei mesi scorsi, i pm hanno chiesto 15 anni di carcere.

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