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E’ stata riproposta ieri sera, in occasione della vigilia del trentaduesimo anniversario della strage di Capaci, la puntata di Atlantide (che andava in onda su La 7), condotta dal compianto Andrea Purgatori, del maggio 2021 dedicata ai misteri che permangono tutt’ora dietro l’"attentatuni" in cui morì Giovanni Falcone, la moglie magistrato Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
Durante quello speciale, Andrea Purgatori intervistò il giornalista e scrittore Saverio Lodato, penna storica de L’Unità che aveva stretto un rapporto con il magistrato assassinato da Cosa nostra in quegli anni. Per lo speciale i due giornalisti avevano dialogato su un’imbarcazione davanti alla villa di Falcone situata all’Addaura. Una location non casuale, in quanto luogo dove, il 21 giugno 1989, era stato organizzato un attentato contro Falcone, fortunatamente fallito.
Secondo il giornalista “il giorno del fallito attentato all’Addaura è l’inizio dell’agonia di Falcone. Ma è anche l’inizio del tramonto della favola che Cosa nostra facesse o potesse fare tutto da sola”, affermava Lodato a La 7. “Da quel momento in avanti sarà sempre più chiaro che Cosa nostra era il braccio armato, il braccio militare di pezzi deviati dello Stato, dei servizi segreti, delle istituzioni, di pezzi della massoneria, di pezzi di un’imprenditoria siciliana e non solo. Questo blocco di potere viene in qualche modo svelato dall’attentato all’Addaura perché Falcone capisce che non è solo la mafia”.
Il fatto stesso - aggiungeva Saverio Lodato - che a 32 anni di distanza non abbiamo ancora la certezza sul giorno esatto in cui dovesse accadere l’agguato, se cioè doveva accadere il giorno della scoperta del tritolo, quando in questa villa erano presenti ospiti di Giovanni Falcone la dottoressa Carla Del Ponte ed il giudice Claudio Lehman che venivano dalla Svizzera per incontrare Falcone, o il giorno prima, ci dice quanto sia stato difficile individuare questa verità”.

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