La morte di Berlusconi ha sconvolto il Paese fra tutti coloro che lo hanno amato – addirittura adorato - fino allo sfinimento ma anche fra tutti coloro che non lo hanno mai amato; anzi, direi, che lo hanno detestato avendolo considerato il demolitore ed il massimo responsabile del disfacimento della cultura italiana.
Ho osservato bene cosa è accaduto quasi un mese addietro, quando abbiamo dovuto assistere assolutamente inerti, ad un governo tanto deferente nei confronti del cavaliere da compiere, senza neanche appurare il pensiero altrui, scelte assolutamente imponderate e scriteriate, prive di qualsivoglia rispetto nei confronti di un Paese democratico. Io credo che il governo abbia vilipeso la popolazione ed abbia compiuto atti moralmente esecrabili nei confronti dei nostri principi di democrazia.
Vogliamo elencare dette scelte? lutto nazionale con sospensione dei lavori parlamentari (almeno per le attività di votazione) per sette giorni; esposizione della bandiera a mezz’asta in tutti gli edifici pubblici per tre giorni; funerali di Stato.
Come faremo a spiegare ai nostri figli che, in occasione delle esequie di un signore che è stato indagato, processato, condannato, per efferati crimini, il governo italiano – con la complicità di tutti i suoi componenti, ha inteso onorarlo in tale maniera inadatta e smisurata che non ha avuto mai eguali. A memoria, non mi pare di ricordare che i vari Aldo Moro, Sandro Pertini e, perfino Giulio Andreotti, per non dire di tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita per la difesa della popolazione: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici, Carlo Alberto dalla Chiesa, Pio La Torre e tanti, tanti altri, abbiano goduto di tale trattamento.
Ed è a tutti noto come, per diversi giorni le TV, le radio nazionali e locali, abbiano parlato di Berlusconi raccontandone mirabilie.
Eppure, nel trascorso ventennio del suo governo, siamo stati costretti a prendere atto di tutte le sue malefatte, degli illeciti, dei crimini da lui compiuti mentre tutti i suoi fiduciari che prendevano posto nelle poltrone parlamentari, assumevano la precisa funzione di revocare leggi non gradite al cavaliere e di proporne altre con lo scopo di creare intorno a lui la condizione di una perenne impunità.
E la dimostrazione più eclatante che il Parlamento sia stato al suo servizio, la rileviamo nel provvedimento del governo che ha disposto, fra le altre cose, la sospensione dei lavori parlamentari.
Travaglio dice che ci siano state processioni televisive incessanti in cui si cancella la storia per rivalutarne un’altra.
E comunque non si può proclamare il lutto nazionale come un sentimento voluto dall’intera popolazione ben sapendo che invece buona parte di essa non si identifica nel cavaliere. Non si può proclamare il lutto nazionale per commemorare un uomo che ha ricoperto la carica di capo del governo per circa un ventennio e per questo gli è stato attribuito il titolo di “statista”, infangando così tutti quegli uomini delle istituzioni che statisti lo sono stati davvero.
Nessuno ha pensato che Berlusconi ha impoverito l’Italia culturalmente se non economicamente, ha insultato i magistrati cattivi e colpevoli di avere scoperto i suoi gravissimi reati? Nessuno ha pensato, durante le esequie, quanto il cavaliere si sia sentito ufficialmente al di sopra delle leggi delle quali era un perfetto manovratore? Nessuno ha pensato alle riforme della giustizia volute ed ottenute da Berlusconi che hanno depenalizzato alcuni gravi reati, che hanno modificato i termini della prescrizione, facendo in modo che molti processi a suo carico, fossero cancellati?
Ebbene, se la politica berlusconiana avesse avuto un minimo di dignità e di buon senso, avrebbe potuto evitare tutte le manifestazioni di cordoglio pompose e solenni che non hanno reso merito a Berlusconi se non che invece tutta la cerimonia è stata resa grottesca dall’inopportuna ed eccessiva eleganza dei suoi familiari che hanno sfilato acconciati con abiti rigorosamente neri, cappelli da modisteria e fascinator con velette.
A ben giudicare neanche il vescovo di Milano, che ha celebrato la funzione in Duomo, è stato molto prodigo di lusinghieri encomi nei confronti dell’uomo, tanto da provocare un’intensa polemica sui social che vedeva la famiglia Berlusconi insoddisfatta e delusa. Il Cardinale ha parlato dell’uomo in quanto “uomo qualunque” – come d’altronde prevede la dottrina cristiana. Nessun richiamo al suo passato di uomo delle istituzioni e, pertanto, nessun apprezzabile elogio innanzi ad una illustre bara che, pur nella sua freddezza, si aspettava una celebrazione più partecipata, una sorta di elogio funebre.
Invero, quando era ancora nei nostri occhi la bara di Berlusconi sul sacrato del Duomo di Milano, non abbiamo potuto fare a meno di pensare che di Berlusconi non ci siamo ancora liberati. C’è una linea di continuità fra il giorno della sua morte e il futuro politico del nostro Paese. C’è un Berlusconi che va via dai nostri occhi ma rimane permanentemente nella nostra vita politica, nella nostra società civile. È il Berlusconi uomo, è il Berlusconi onnisciente e onnipotente, è il prototipo di Dio in terra del quale vantava la sua superiorità.
Berlusconi è morto ma il suo berlusconismo prosegue. Oggi più che mai il governo di destra non potrà fare a meno di operare nel nome di Berlusconi. L’esempio più lampante ce lo fornisce il Ministro Nordio quando in più occasioni sostiene che le riforme all’esame del Governo e delle commissioni parlamentari sono state scritte in omaggio a Berlusconi e nel suo nome. Le riforme politiche di questo Governo, sono state scritte secondo le linee direttive di Berlusconi che prima ancora di esalare l’ultimo respiro, si è curato personalmente della cosa.
Le riforme di questo Governo, specialmente la riforma sulla Giustizia, sono scritte nel segno di Berlusconi e sono fortemente ideologizzate verso un garantismo eccessivo e pericoloso per la libertà e la sicurezza dei cittadini. (Testualmente: “Peccato che non c’è più Berlusconi. Avrebbe visto realizzare il suo grande sogno”). E infatti il suo grande sogno era quello di vedere i Giudici requirenti e giudicanti, privi dell’attuale potere giudiziario; il suo grande sogno era quello di vedere finalmente il potere giudiziario succube e dipendente del potere esecutivo mediante la separazione delle carriere dei magistrati.
Parliamo dunque di riforma della Giustizia.
Intercettazioni
In nome di Silvio Berlusconi. La riforma della Giustizia è stata varata dal Consiglio dei Ministri e depositata in Parlamento che, a sua volta la girerà alle rispettive commissioni per l’esame preliminare.
Già, fin dall’inizio, si capisce che si tratta di una riforma ideologizzata, senza alcun riferimento strutturale, in nome del diritto che non sia piuttosto una ferma e concreta dedica a Silvio Berlusconi.
Sappiamo tutti come le intercettazioni abbiano avuto un peso consistente nello svolgimento delle indagini. Ci hanno rivelato l’esistenza di crimini, di delitti, di illeciti rilevanti, che altrimenti non sarebbero emersi e probabilmente sarebbero rimasti impuniti. In ogni caso le intercettazioni costituiscono uno strumento fondamentale che fornisce la prova del crimine. Dice il giornalista scrittore Lirio Abbate, che, “se l’attuale norma Nordio in discussione fosse stata applicata nel passato, non avremmo saputo nulla, ad esempio, delle violenze dei poliziotti nella Questura di Verona perché i giornali non avrebbero potuto pubblicarle.
Con la riforma in questione, l’attuale norma viene estesa nel senso che il divieto di pubblicazione totale o parziale che in atto è previsto solo per i nastri non acquisiti al procedimento, si estende a qualsiasi atto o dialogo che non sia stato riprodotto dal Giudice nelle motivazioni di un provvedimento o utilizzato nel corso di un dibattimento.”
La nuova norma vieterà sostanzialmente la pubblicazione delle conversazioni intercettate nelle richieste di misure cautelari del PM; né, tanto meno potranno essere citati i dati personali dei soggetti che costituiscono le parti. E ancora, non potrà essere pubblicato l’avviso di garanzia.
Insomma, pare che la riforma Nordio violi ampiamente l’esercizio del diritto di cronaca per i giornalisti e del diritto d’informazione per i cittadini.
Misure cautelari
Nella riforma delle misure cautelari, ciò che sorprende di più riguarda l’obbligo del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), prima di decidere sulla richiesta del PM - di interrogare l’indagato – notificandogli l’invito a comparire almeno 5 giorni prima del giorno fissato per la comparizione. E tale modifica avrebbe lo scopo di rispettare il diritto alla trasparenza.
Dunque non oso immaginare cosa succederebbe con l’applicazione della nuova norma. Le indagini si svolgerebbero totalmente in discovery; l’indagato sarebbe interrogato prima della notifica dell’avviso di garanzia e, peraltro verrebbe a conoscenza di dover essere arrestato ancor prima dell’applicazione della misura cautelare. Ovviamente è facile immaginare quali potrebbero essere i pericoli: pericolo di fuga e pericolo di inquinamento delle prove prima dell’interrogatorio. Peraltro l’interrogatorio dovrà svolgersi innanzi ad un Tribunale collegiale e non più monocratico. In quest’ultima novità è facile intravedere un dispendio economico non indifferente – dovendo utilizzare tre giudici piuttosto che uno solo. Certamente questa norma non semplifica le operazioni soprattutto in un periodo in cui tutti i Tribunali d’Italia denunciano carenza di organico.
Abuso d’ufficio
Su questo punto ci sono state numerose polemiche, si è discusso già da diversi mesi.
Sostanzialmente la nuova norma prevede la cancellazione dell’art. 323 c.p. (Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio non patrimoniale o per arrecare ad altri un danno ingiusto, abusa del suo ufficio, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione fino a due anni).
Cancellato l’art. 323, finalmente i pubblici ufficiali, i burocrati potranno autorizzare atti senza il timore di essere indagati per un eventuale reato.
Così si risolve il problema della burocrazia; quella burocrazia che rallenta il cammino della macchina pubblica amministrativa. Piuttosto che formare il personale in modo da restituire alla collettività, qualità del servizio e sicurezza al cittadino che richiede di potere esercitare i propri diritti, si preferisce revocare totalmente il reato.
Immaginate un P.M. che contatta il suo imputato per dirgli:”guarda che fra cinque giorni ti arresto”?
Cosicché, con l’assenza dell’attuale articolo del codice penale non avremo più la sicurezza del buon andamento e dell’imparzialità amministrativa e della gestione trasparente. La cancellazione dell’art. 323 c.p., sarà servita solamente per garantire con l’impunità il pubblico ufficiale.
È giusto però annotare che con la promulgazione della nuova norma, l’Italia diverrà l’unico Paese al mondo nel quale questa fattispecie non sarà reato.
Nordio considera questa nuova norma giusta e tranquillizzante per i pubblici funzionari e dirigenti che così avranno superato l’ansia della cosiddetta sindrome della “paura della firma”.
E non si può mancare di osservare che ovviamente l’adozione della nuova norma, con l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, procurerà irrimediabilmente un forte incremento della corruzione. Il pubblico ufficiale di qualsivoglia ufficio di pubblica amministrazione, si vedrà libero di potere concedere qualunque provvedimento, autorizzazione, licenza, senza il timore di commettere un reato.
Inappellabilità delle sentenze
Ricordate la “legge Pecorella?
Quella legge voluta fortemente da Berlusconi, durante il suo Governo, per salvarsi da processi che lo vedevano pluri - imputato, prevedeva il divieto di appello per il P.M. nei casi di pronuncia di proscioglimento nei processi diretti per i quali è possibile saltare la fase dell’udienza preliminare. Ebbene, quella legge è stata dichiarata – in alcuni articoli –illegittima dalla Consulta per violazione del principio di eguaglianza tra le parti del processo.
Adesso, in alcune parti, viene con testardaggine riproposta nel ddl. Il vice ministro Francesco Paolo Sisto – che nel passato faceva parte del collegio di difesa di Berlusconi, ha dichiarato che la riforma della Giustizia – e, in particolare la nuova norma sull’inappellabilità delle sentenze di primo grado, “è stata studiata e calibrata nel tempo con la diretta partecipazione” del cavaliere “che ha subìto tanto, troppo, a causa della giustizia”. Ovviamente le dichiarazioni del vice ministro sono incommentabili e confermano, ancor più, l’idea patronale che Berlusconi avesse dello Stato.
La riforma fiscale
Non starò a percorrere tutte le nuove norme attinenti alla riforma fiscale. C’è però un principio la cui applicazione è stata più volte tentata nel passato ma con scarsi risultati. È il principio che credo possa chiamarsi “della negoziazione conciliativa”. In sostanza il contribuente, sottoposto ad accertamento fiscale, può sedersi ad un tavolo con il funzionario o dirigente dell’Agenzia delle Entrate e trovare l’accordo sulle imposte da pagare. Questo principio viene adesso ripreso da Nordio, che invero ne va fiero. Per lui la riforma della giustizia e la riforma fiscale, corrispondono ad una sorta di crociata in nome di Silvio Berlusconi al fine di poterlo ripagare per le vicende giudiziarie che aveva dovuto subire nel corso della sua vita politica.
L’intento di Nordio è quello di cancellare tutti i processi per evasione fiscale che gravano sul cavaliere; ma così facendo rende anche un ottimo servigio ai grandi evasori fiscali. Giorni addietro ho scritto un pezzo che riguardava l’incitazione del governo all’evasione fiscale. Ricorderete che riguardava la cancellazione del reato penale per evasione (cosiddetto: condono penale per evasione fiscale) con annessa prescrizione del reato stesso. Tutti i processi vengono così cancellati ed ammessi alla giustizia conciliativa che, essendo frutto di una sorta di negoziato con l’erario, concederà al contribuente taluni benefici dei quali non hanno goduto i contribuenti onesti che le imposte le hanno pagate per intero e rispettando le scadenze di legge.
Il ministro Nordio mostra l’intenzione di cancellare tutte le norme fiscali e penali conseguenti sostenendo che le stesse siano fra loro contraddittorie.
Insomma, il gioco è fatto!
Per ridurre il contenzioso fiscale – e quello penale di riferimento – e per semplificare l’intero sistema, basta sopprimere le norme relative.
Non trovo parole, invero, per giudicare questo stato di cose e le geniali pensate del ministro. Incompetenza, superficialità, analfabetismo della grammatica fiscale. Tutte doti che destano paura alla collettività, soprattutto alla media borghesia – che ormai totalmente impoverita – verrà ancor più schiacciata dalla classe borghese medio alta.
La riflessione che viene spontanea è che Nordio, senza neanche nascondere la sua smaccata passione nei confronti del cavaliere, voglia fare di tutto per rendergli un servigio post mortem portando a termine quello che l’ex capo del governo non era riuscito a fare per effetto dei suoi molteplici carichi giudiziari. E lui invece, da perfetto incensurato è riuscito a concludere la missione.
Diritto di critica
In questi ultimi giorni, il ministro Nordio non ha mancato di fare sentire ancora la sua voce ricorrendo, il più delle volte, a dotte citazioni.
Fino a poco tempo fa si diceva legittimamente che – in uno Stato di diritto - le leggi possono essere criticate purchè osservate, così pure le sentenze emesse dalla magistratura.
Sembra che non sia più così. Sembra che Nordio la pensi diversamente, quando dice: “Il magistrato non può criticare le leggi, come, secondo me, il politico non potrebbe criticare le sentenze. Noi ascoltiamo tutti, avvocati, magistrati, accademici, ma poi è il governo che propone e il Parlamento che dispone. Questa è la democrazia e non sono ammesse interferenze”.
Credo che si tratti di una dichiarazione che lascia senza parole, di una gravità inaudita, della quale penso che il ministro dovrebbe rendere conto alla collettività. Stravolgere in tal modo il concetto di democrazia – se il ministro parla non solo a titolo personale ma anche di componente del governo – vuol dire che stiamo percorrendo una strada infame e ci stiamo spostando inesorabilmente verso regimi assolutistici.
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