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Fra giugno e settembre incubi di mezza estate

Trent’anni fa sono stati uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. (È morta anche Rita Atria, settima vittima di Via D’Amelio). Le loro idee erano considerate pericolose, molto, tanto che hanno tentato di distruggerle con camionate di mafioso tritolo. Non ci sono riusciti, perché hanno sbrindellato i loro corpi e quelli delle loro guardie del corpo, ma le loro idee cavalcano cieli e praterie e migliaia di giovani si impegnano quotidianamente per portarle avanti.
In coincidenza del trentennale di queste stragi ci sono state le elezioni nazionali e qui in Sicilia anche quelle regionali e prima ancora, a giugno, quelle amministrative di Palermo.
Lo schifo è stato ed è generale. Non mi soffermerò su destra e sinistra. Non in questo caso e in questo editoriale.
La campagna elettorale per il comune della capitale siciliana, è stata segnata dal ritorno di due figure quanto mai discutibili: Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri. Un rientro, il loro, alla grande. In pompa magna. Da protagonisti. Anzi da padroni.
Totò Cuffaro, oggi commissario del nuovo partito Democrazia Cristiana Nuova, ex presidente della regione Sicilia, ex assessore alla agricoltura e foreste, ex senatore della repubblica, ex capo e frequentatore di qualche partito (DC, PPI, CDU, UDR, UDEUR, CDU, PID…), è stato accusato e condannato a 7 anni per favoreggiamento aggravato nei confronti di Cosa Nostra.
Marcello Dell’Utri, colto e anziano signore, ex senatore della repubblica per il Popolo della Libertà e di Forza Italia, assieme a un gruppo di amici è stato il fondatore di quest’ultimo partito. Era il 1993 e già da anni lui e Berlusconi erano culo e camicia in Fininvest e Publitalia. È stato condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa perché fu riconosciuto quale mediatore tra Silvio Berlusconi e la mafia. Recentemente durante il processo sulla trattativa “Stato-Mafia” è emerso un suo coinvolgimento, ma in appello nel 2021 è stato assolto per non aver commesso il fatto.
Per la stessa motivazione in primo grado era stata chiesta una condanna a 12 anni di reclusione.
Le due condanne sono diverse. I personaggi sono diversi.
Se lor signori hanno scontato la loro pena e difronte allo stato sono in regola, non abbiamo nulla da eccepire, pur mantenendo tuttavia sul loro conto le nostre idee e i nostri giudizi personali. Però qualche brandello di storia sui loro operati in tanti ce lo ricordiamo e ci siamo posti alcune domande alle quali non ci sono e non ci sono state risposte. La legge è legge e permette alcune cose strabilianti.

Oggi piccole cortesie, domani saranno affari
Totò Cuffaro, ritornato alla ribalta, cavalca il palcoscenico da gran cavallo di razza qual è. Mi vergogno di quello che ho fatto avrebbe detto all’incirca… e io aggiungo e non voglio dimenticare, di quando diceva “la mafia mi fa schifo” e invece… diciamo semplicemente non era vero.
Dell’Utri non ha mai detto una cosa del genere.
La cosa peggiore è il fatto che le condanne ai politici non destano nell’opinione pubblica il minimo accenno di indignazione e quando i tipi ritornano qualcuno gli metterebbe quasi quasi una medaglia al petto. Certamente il prezzo pagato con la galera, la riabilitazione nei confronti della società... ma tutto ciò ha a che vedere col ritornare ad essere capo di un partito? Dirigere, dare esempio ai militanti? Peggio, indicare o imporre candidati?
Cuffaro dal suo ottimistico frenetico nuovo impegno e Dell’Utri dall’alto del suo colto piedistallo si “incontrano” sullo stesso personaggio. “Una casuale convergenza di intenti”!
Il loro candidato a sindaco di Palermo per il centro destra sarà e così è stato l’ex rettore dell’università professore Lagalla. Ex assessore alla sanità quando Totò Cuffaro era presidente della regione, ex assessore all’istruzione durante la presidenza regionale siciliana guidata da Nello Musumeci che il 25 settembre scorso è stato eletto senatore della repubblica.
A ciascuno il suo avrebbe detto Sciascia che di Sicilia ne sapeva tanto.
Pare che sia Lagalla che Musumeci per la loro campagna elettorale abbiano chiesto aiuto e sostegno a Dell’Utri (“l’uomo che sussurrava ai cavalli” si diceva una volta ironicamente per ricordare il suo rapporto con il boss pluriomicida Vittorio Mangano che su suo suggerimento divenne lo stalliere della villa di Berlusconi ad Arcore).
Voci ostili? Maliziosi pettegolezzi? Fatto sta che in giro non si avverte alcun sintomo di indignazione. Come se fosse tutto normale. Eppure qualcuno dell’opposizione nei comizi lo urlava, diceva che stavano succedendo questi fatti. E a proposito di Musumeci si aggiungevano particolari: Musumeci sarebbe andato chiedere a Dell’Utri un favore del tipo vai a chiedere a Berlusconi di sostenermi.
Dell’Utri non ha mai smentito, mentre invece Musumeci non solo ha negato ma ha anche insultato il presidente dell’antimafia Sicilia che secondo lui avrebbe sostenuto queste tesi per interessi personali.
E allora ci si domanda, come è possibile immaginare un riscatto di questa isola senza rabbia, indignazione, voglia di ribellarsi a questa “normalità”???
A settembre in concomitanza con le elezioni nazionali c’è stata la campagna elettorale regionale siciliana: tutto molto noioso. Una noia fatta di silenzi, mezze verità, programmi che sembravano fotocopiati. Hanno vinto i volti di sempre, quelli con su scritto a fuoco sulla fronte ETERNI e sulla guancia un tatuaggio con la faccia di Berlusconi.
Intanto sulla scena i personaggi di cui sopra, che rivendicano il prezzo pagato alla giustizia e quindi decisi a non fare un passo indietro o passare il testimone, insieme e appassionatamente dopo il sostegno sono impegnati a festeggiare il loro trionfo, ma qualche vocina stridente e fastidiosa insiste nel dire che già sarebbero impegnati a far di conto per i soldi che arriveranno.
Cateno De Luca, personaggio strano e stravagante, bizzarro e arrogante, rifugio di tutti gli scontenti di destra o di sinistra, arrivato secondo dopo il neoeletto Renato Schifani a caldo alla testata Palermo Today dichiara “Niente congratulazioni a Schifani perché figlioccio di Cuffaro, Dell’Utri e Lombardo”. Quest’ultimo, un altro ex presidente della regione finito sotto processo.
Si potrebbe continuare all’infinito, ma non ci si può tediare all’infinito.
Spesso la Sicilia è stata definita laboratorio politico. Forse il laboratorio c’è ma non per la politica. Non c’è nulla di politico in un intreccio di accordi sottobanco e intrallazzi, rilancio di ex galeotti o personaggi semplicemente criticabili.
A tutti i livelli, comunali, provinciali, regionali, nazionali, la questione morale? Non si sa più che cosa sia. La lotta alla mafia? Probabilmente si è ritornati al periodo in cui si diceva che era una invenzione di giornalisti e intellettuali per farci sopra dei film.
Come giustificare altrimenti il fatto che in ogni programma di destra o di sinistra, sia per le comunali, sia per le regionali, che per le nazionali il capitolo lotta alla mafia non esiste più.
Forse che l’abbiamo confitta? Giuro, non me ne sono accorta.

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Tratto da: lesiciliane.org

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