Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

L’Italia è un paese che grazie alla Costituzione nata dall’antifascismo, garantisce a tutti i cittadini uguale trattamento di fronte alla legge e stabilisce i sacri e inviolabili diritti di un imputato. Per quanto questa Giustizia si sia troppe volte dimostrata non all’altezza del compito che la Costituzione gli ha affidato, mostrandosi debole con i forti e forte con deboli, nascondendo, insabbiando e assolvendo i responsabili di tante pagine buie della nostra Repubblica, nella grande famiglia allargata dei magistrati, di cui è obbligatorio fare parte, tanti sono i servitori dello Stato che esercitano la loro delicata professione con coscienza e onestà. Magistrati che non eseguono ordini calati dall’alto e che nella loro azione di repressione del crimine non guardano in faccia nessuno. Che non vuol dire annullare le garanzie costituzionali, pescare a strascico, incolpare innocenti, come sto sentendo in questi giorni, solo perché nella retata di Gratteri è finito Marcello Manna e altri colletti bianchi: più che una espressione di sincero garantismo, conoscendo i personaggi di questa città, sembra essere una difesa strumentale da parte di chi, direttamente o indirettamente, è colluso con gli arrestati, ed è disposto a difendere anche dichiarati mafiosi, pur di negare l’esistenza della ‘ndrangheta in città e i suoi legami con la politica.
Dopo gli arresti dell’altro giorno a Cosenza e Rende che hanno messo a nudo la grave ingerenza mafiosa in ogni spaccato della vita sociale dei cosentini e dei rendesi, non dico che mi aspettavo i “fuochi di artificio”, ma una ferma condanna morale verso strozzini, mafiosi, narcotrafficanti, estorsori, e delinquenti incalliti, me l’aspettavo. Non dalla politica che come scrivete voi da tempo c’è dentro fino al collo, ma dalla società civile di queste città che spesso si vantano di avere una superiorità morale, etica e culturale, rispetto a tutte le altre città calabresi e non solo. E invece tutti a nascondersi dietro al garantismo, ma verso chi? Verso personaggi che tutti conoscono e che tutti sanno di cosa vivono: soprusi, violenza, e prevaricazione. Gente che gira con macchinoni da 70mila euro, che pippa 5 grammi di coca al giorno, che strozza alla luce del sole padri e madri di famiglia, che impone il pizzo a tutti, che vende bustine a grandi e piccini, e che nessuno ha mai visto svolgere, nella loro vita, un solo giorno di onesto lavoro. Condannare questi personaggi che vivono parassitando sulle fatiche e sul sudore degli altri, indipendentemente dalla valutazione giudiziaria che faranno i giudici, è un dovere civico che qualunque sana comunità avrebbe fatto, e che Cosenza, l’Atene della Calabria, non ha fatto. Sembra quasi che la colpa è di Gratteri che ha messo in galera personaggi autorevoli e al di sopra di ogni sospetto come i Di Puppo, gli Abruzzese, Patitucci, Porcaro, D’Ambrosio e tanti altri, calpestando le loro garanzie costituzionali.
Ma non è così. Non dico che non esistono gli errori giudiziari, ma non è questo il caso. E lo sappiamo tutti. I soggetti arrestati non sono innocenti di fronte al giudizio della società cosentina che ben conosce le loro malefatte. Questo è poco ma sicuro.
Cosenza città dell’apparenza. Altro che Atene della Calabria. In città esistono diverse realtà che svolgono attività di divulgazione contro la cultura mafiosa: c’è Libera, c’è “Musica Contro le mafie”, ci sono le associazioni antiracket, ci sono gli incontro culturali, le associazioni no profit e di promozione sociale, c’è chi scrive libri e chi disegna fumetti contro la mafia, ci sono i giornalisti in prima linea, gli intellettuali, la chiesa, i movimenti, gli alternativi, i radical chic, i Centri Sociali, i sindacalisti, e soprattutto c’è la meglio società civile di tutti i tempi. Tutti zitti, in un corale silenzio che sa davvero di arretratezza culturale e complicità sociale. Nessuno che abbia pronunciato una sola parola contro le cosche cosentine, e questo non solo squalifica la città, ma ci restituisce la vacuità di certa “antimafia” che si espone solo quando c’è da fare passerella a qualche ricorrenza.
Visto l’andazzo preferisco tacere anch’io e restare anonimo, e questo perché non sono diverso da quelli che ho appena finito di criticare. È solo il senso di profonda vergogna che provo verso me stesso che mi ha spinto a “liberarmi vigliaccamente” di questo peso chiedendovi di pubblicare questa mia lettera. Chista è Cusenza! Di cui io sono un degno rappresentante.

Lettera firmata

Tratto da:
iacchite.blog

Foto © Deb Photo

ARTICOLI CORRELATI

Gratteri: ''Lotta alla mafia assente in politica. Riforma Cartabia? È contro la magistratura''

Gratteri minacciato anche su TikTok: ''Campa poco come tutti gli uccellini''

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos