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Il Partito dell'Impunità ha vinto: quel gruppo variopinto di uomini politici, intellettuali dell'ultima ora, giornalisti di Palazzo e di show man che ha cercato, fin dagli albori del primo arresto eccellente, di affossare la magistratura.
Ininterrottamente questi personaggi hanno declamato, nel corso degli anni, elogi per i magistrati che "lavorano sodo e in silenzio", ma basta che uno di questi un giorno si metta in testa di indagare un membro della classe dirigente, che subito viene condannato al girone dei 'forcaioli', dei 'manettari', dei giudici 'politicizzati', o in quello dei 'pm star'. Costoro hanno inventato anche una specie di 'Codice penale Privato' proprio per quei magistrati scomodi. I reati ivi contenuti sono tra i più disparati: si va dal'"accanimento giudiziario", a quello di "danneggiamento dell'economia" tramite l'applicazione della legge Rognoni - La Torre, per poi passare al reato di "arroccamento nel culto dei martiri" per i magistrati antimafia, e infine a quello di "mancanza di sensibilità istituzionale", quest'ultimo riservato per i periodi elettorali, quando tra i candidati cominciano a scattare le manette.
I magistrati hanno torto o ragione non per quello che fanno, ma a seconda dei soggetti delle indagini: se i pm avevano arrestato un colletto bianco, erano 'politicizzati', invece se arrestano i poveracci 'sono asserviti al padrone', se il gip manda avanti un'inchiesta, sempre sulla classe dirigente, è 'appiattito nei confronti del pm', se non lo fa, si trasforma magicamente in un giudice serio e imparziale. Questo accade sotto la ferrea supervisione degli alfieri di un garantismo peloso e cucito su misura a seconda delle occasioni.
Se una corte d'appello riforma una sentenza di primo grado, non significa che sta funzionando il sistema delle garanzie, ma che i giudici di primo grado sono autori di un complotto. Ogni riferimento alla sentenza Trattativa Stato-Mafia è puramente casuale. Alcuni dei lorsignori sono arrivati pure a ipotizzare che determinati comportamenti previsti dalla legge come reati, possono essere tranquillamente ignorati se la coscienza morale dominante non li considera tali. Il ragionamento è semplice: se si viene eletti dal popolo, si diventa automaticamente intoccabili. Di conseguenza se un onorevole o un capo partito di turno gode di un grande consenso, costui non può essere indagato proprio in funzione di questo. E il solo atto di fare indagini, o peggio di emettere condanne, costituisce per loro, un atto eversivo.
A ragion di ciò la classe dirigente, in questi ultimi anni, ha limato gli angoli del codice penale che riguardavano i reati tipici dei 'colletti bianchi': concussione, abuso d'ufficio, corruzione, traffico di influenze ecc…l'elenco è lungo. Per decenni la politica si è completamente disinteressata della giustizia, ma solo finché erano i cittadini qualunque ad essere tirati dentro agli ingranaggi della macchina giudiziaria, la cui inefficienza è da imputare in larga misura al legislatore e non alla magistratura. Ma nel momento esatto in cui sul pretorio sono saliti anche loro, la giustizia è diventata immediatamente materia di acceso dibattito.
Il nodo cruciale è sempre stato la durata dei processi e con la piroetta della Riforma Cartabia si è avverato il sogno nascosto: il ritorno della vecchia, cara e schifosa giustizia di classe.Mescolando l'ingegnata della 'improcedibilità' con la norma che consente al Parlamento di decidere a quali reati dovrà essere data la priorità, si verrà a creare un buco nero che inghiottirà tutti quei processi che non sono graditi alla classe dirigente.
Il tutto ovviamente spalmato sullo sfondo di quattro gradi di giudizio: primo grado, Appello, Cassazione, e Corte di Strasburgo.
Si tratta di un garantismo che ha l'aria di voler difendere i diritti dell'indagato ma che di fatto li pregiudica gravemente, perché è nell'interesse dell'innocente arrivare a sentenza il prima possibile. Mentre quello del colpevole è all'opposto: di non arrivarci mai.
Lo scopo dei 'lorsignori' si è rivelato quello di sempre: proteggere i sodali del regime dalle conseguenze delle loro malefatte presenti e future. Che si tratti di ladri, corruttori o corruttibili poco importa. L'improcedibilità è uguale per tutti. Almeno quella.
I poveracci verranno marchiati come bersaglio primario delle procure, mentre i colletti bianchi non verranno neanche sfiorati dalle indagini.
Per giustificare questo razzismo giuridico gli intellettualoidi hanno inventato reati di serie A e di serie B: secondo costoro un tangentista che incassa milioni a suon di mazzette è meno pericoloso di uno scippatore o di un omicida. Tuttavia non si prende in considerazione il fatto che l'azione del corruttore può far cadere ponti e gallerie, uccidendo molte vite.
Inoltre in una società dominata dall'economia i reati finanziari non perdono di gravità, la acquistano.
Non si tratta di 'cultura del sospetto' ma di semplice buon senso.
Su questo sfondo troviamo anche alcuni personaggi che stravedono per aver annullato anche il diritto dell'informazione, con le ultime norme sulla presunzione di innocenza e del dritto all'oblio anche per chi è stato archiviato.
Si sa che in questo Paese fa scandalo il fatto che i giornali informino l'opinione pubblica delle vicende giudiziarie. La Costituzione prevede il diritto di libero pensiero e di opinione, ma i garantisti da tolk show preferiscono il termine ‘gogna mediatica’.  Termine tanto caro al Partito dell’Impunità, mai così egemone dai tempi di Berlusconi.

Foto © Imagoeconomica

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