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L’intervista all’ANSA della giornalista che, tra le prime, si recò sul luogo dell''attentatuni'

Se dovessimo bilanciare i trent’anni trascorsi dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio con le verità finora rinvenute, irrimediabilmente la bilancia penderebbe per buona parte proprio da quel lato fatto di anni pieni di dubbi, incertezze e depistaggi.
Lo sa bene Maria Grazia Mazzola, una delle prime giornaliste ad arrivare sull’autostrada di Capaci che il 23 maggio del '92 fu tragicamente dilaniata dal tritolo insieme alle vite di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro.
Un ricordo indelebile nella mente della giornalista che dopo tutti questi anni ancora riecheggia in modo tragicamente chiaro. Un ricordo ingombrante che presenterà al grande pubblico di Rai1 il 22 maggio alle 23.35 con lo speciale “L’ultimo respiro”.
Racconto "dall'interno" come spiega la giornalista, i fatti, i pensieri e le testimonianze straordinarie che descrivono ciò che irrimediabilmente avvenne in quelle ore, oltre che nei mesi successivi.
"Ero a Roma, quando ebbi la notizia e poche ore ed ero sul posto - racconta all'ANSA la giornalista -. Mi ritrovai davanti a uno scenario di guerra, un fronte aperto. Ho visto cose e sofferenze che gli occhi umani non dovrebbero mai vedere. Non potrò mai dimenticare l'immagine delle scarpe della Morvillo abbandonate nell'auto, l'autista Giuseppe Costanza che si salvò per puro miracolo - dice - è diventata la testimonianza della mia vita, ma per me è giornalismo civile. Un dovere"
. Al tempo Maria Grazia Mazzola, lavorò incessantemente. “Non mi sono mai fermata, ingoiando le lacrime - dice - Ho indagato, intervistato i testimoni che avevano tirato fuori dalla macchina Falcone e sua moglie, perché lo sportello era bloccato, e gli agenti di scorta sopravvissuti, Gaspare Cervello, Angelo Corbo e Paolo Capuzza, oltre Costanza. Andai da loro in ospedale e il mio filmato è l'unico documento esistente che testimonia l'abbandono in cui furono tenuti. Non c'era un piantone, nè una stanza dove piangere. Ma c'era tutto l'ufficio scorte di Palermo”. E ancora.
“Documentai il dolore e la rivoluzione di Palermo, la gente in piazza. Al funerale, dietro il carro funebre di Falcone, c'era Antonino Caponnetto”, ha raccontato. “Gli chiesi di Borsellino. Era bloccato da un impegno d'ufficio. ‘Sono molto preoccupato per lui e la sua incolumità’, mi disse". Preoccupazioni che sono divenute realtà quel 23 maggio. La stessa tragica sorte è toccata a Borsellino 57 giorni dopo, il 19 luglio. In quell’assolata domenica, l'ombra lunga della mafia arrivò fino a via D'Amelio dove un’auto bomba, oltre ad uccidere il magistrato, ha ucciso  i suoi cinque agenti di scorta:  Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Quel pomeriggio, la Mazzola era impegnata per un servizio al carcere della Bicocca. In quell’occasione afferma: ”Vidi e ripresi i figli ragazzini dei boss festeggiare".
Lo speciale del Tg1 “L’ultimo respiro” racconterà, inoltre, la nascita di una straordinaria rivoluzione instaurata all’interno della magistratura grazie all’impegno profuso da Giovanni Falcone; arricchito da racconti di vita di chi era sia al fianco del giudice che del collega Paolo Borsellino. Lo speciale di Maria Grazia Mazzola accompagnerà gli spettatori in un viaggio fatto di esperienze reali che descrivono la vita di persone straordinarie che si sono sacrificate nel nome della giustizia e della speranza di una società migliore per le future generazioni.
"Ripercorreremo la grande rivoluzione che portarono all'interno della magistratura - dichiara la giornalista - C’è la storia di Francesca Morvillo. Ascolteremo chi è sopravvissuto, i figli di chi non ce l'ha fatta, Pietro Grasso e, in esclusiva, il magistrato migliore amico di Falcone". E poi le indagini. "In trent'anni è cambiato tantissimo - dice - Però non abbiamo ancora tutta la verità sulle stragi. Fu solo mafia? Le sentenze lasciano aperto uno spiraglio su complicità e connivenze esterne. Bisognerebbe invece chiarire una volta per tutte la verità. E’ cambiato tanto ma rimangono le grandi ferite sul popolo italiano, sui familiari delle vittime e sulla società civile. Perché la nostra è una Repubblica democratica basata sulla Costituzione ma con un perenne nastro nero sul petto".
Insomma, lo speciale di Maria Grazia Mazzola si prepara ad essere un evento all’altezza delle aspettative. Un appuntamento con la coscienza di chi ricorda l’imperitura necessità di dimostrare l’umana natura della mafia, per niente invincibile, e l’importanza di preservare l’inestimabile contributo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; due martiri che con la loro squisita professionalità e indistruttibile diligenza hanno istituito un nuovo modo di fare giustizia. Un modus che sopravvissuto al tritolo, si spera possa sopravvivere anche alle riforme.

Foto © Deb Photo

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