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Con la sua proposta, la Fondazione Falcone di Palermo indica una strada all’attuale immobilismo sul tema dell’ergastolo, auspicando che possa essere di stimolo alle forze politiche per trovare una sintesi normativa necessaria e urgente. Tra gli artefici della proposta di riforma, Antonio Balsamo presidente del tribunale di Palermo e Fabio Fiorentin, eccellente studioso di diritto penitenziario. Per concedere i benefici penitenziari agli ergastolani per delitti di mafia e terrorismo occorrerà che gli stessi agiscano in concreto a favore delle vittime, partecipino alle forme di giustizia riparativa, e, soprattutto, diano loro contributo per la realizzazione del diritto alla verità spettante alle vittime, ai loro familiari e all’intera collettività sui fatti che costituiscono gravi violazioni dei diritti fondamentali della persona umana. Lo abbiamo rilevato più volte anche noi che l’impegno di contribuire alla ricerca della verità debba essere un elemento indispensabile della dimostrazione del percorso rieducativo e riabilitativo per accedere ai benefici penitenziari previsti dalla legge. La proposta della Fondazione Falcone stabilisce che tali benefici “possono essere concessi ai detenuti o internati, anche in assenza di collaborazione con la giustizia, purché sia fornita la prova dell’assenza di collegamenti attuali del condannato o dell’internato con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, e dell’assenza del pericolo di ripristino dei medesimi e sempre che il giudice di sorveglianza accerti, altresì, l’effettivo ravvedimento dell’interessato, desunto dalla sua valutazione critica della sua precedente condotta, dalle sue iniziative a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie sia in quelle della giustizia riparativa, e dal suo contributo alla realizzazione del diritto alla verità spettante alle vittime, ai loro familiari e all’intera collettività sui fatti che costituiscono gravi violazioni dei diritti fondamentali”. Ai fini della concessione dei benefici “il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide, acquisite dettagliate informazioni dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza, dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica in relazione al luogo dove il detenuto risiede, nonché, nel caso di detenuti sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis, anche dal Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo”. “Con il provvedimento di concessione dei benefici il giudice può disporre l’obbligo o il divieto di permanenza dell’interessato in uno o più Comuni o in un determinato territorio; il divieto di svolgere determinate attività o di avere rapporti personali che possono occasionare il compimento di altri reati o ripristinare rapporti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e può altresì prescrivere che il condannato o l’internato si adoperi in iniziative di contrasto alla criminalità organizzata”. Collaborare vuol dire anche inizio di un dialogo tra l’autore del reato e la vittima. Eliminare l’ergastolo ostativo per gli associati alle cosche mafiose che non hanno mai collaborato con la giustizia, significa indebolire un modello di lotta alle mafie voluto proprio da Giovanni Falcone. Apprezzo e condivido il progetto della Fondazione Falcone soprattutto perché arriva in un momento in cui la criminalità organizzata è più potente e supera i confini nazionali. Non possiamo disattendere le istanze di prevenzione generale connesse al contrasto delle nuove mafie pena il grave rischio di soccombere alle stesse. Per cui ancora una volta grazie a Maria Falcone e a tutti i componenti della Fondazione in memoria di un giudice mai dimenticato.

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