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Ossigeno illegale, opera di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, affronta il tema della pandemia da un’angolazione insolita. Il rapporto tra le emergenze (sanitarie, economiche, ambientali) e criminalità organizzata.
Un saggio analitico e razionale che non lascia spazio all’abusata retorica, onnipresente ogni qual volta si parli di mafia.
Senza i consueti proclami, gli stantii appelli o le mirabolanti certezze di chi auspica ferme risposte, pronte riscosse e altri miracolistici accadimenti di stampo risorgimentale, degni dalla penna di un La Marmora.
Espedienti da imbonitore di paese. Bolsi stilemi, comuni a chi non sa che dire e allora dice, purtroppo. Affabula, straparla, tracima in un fiume di inutili manierismi, a cui si può riservare solo un’educata smorfia di risposta.
Vuoto esercizio di stile che rischia di fare più danno delle mafie stesse. Inducendo assuefazione in animi ormai rassegnati alla cronicità del fenomeno. Come se, per una malattia, il medico prescrivesse sempre lo stesso inutile placebo, spacciandolo per panacea.
Tutto questo, ripeto, ci viene risparmiato. Anzi.
Fin dall’incipit, che con pacatezza solo apparente ci costringe ad accettare la prima, desolante verità.
Con le mafie si è scelto di convivere.
Scelto, dal latino seligo. A sua volta composto di lego, verbo di infiniti significati. Cogliere, leggere, sentire. Ovviamente scegliere, ma anche designare, delegare, lasciare in eredità.
Scelta che rischia di diventare delega, dunque, cambiale in bianco, financo discutibile lascito alle nuove generazioni. In virtù di quella magica scienza che è l’etimologia.
L’analisi prosegue inesorabile nelle pagine successive, sgombrando il campo dal mito caro ai tanti fiancheggiatori, consapevoli e non, delle organizzazioni criminali. La mafia buona, riparatrice di torti, intrisa di antichi valori e consacrati rituali, governata da boss saggi e autorevoli.
Codici e rituali, ci ricordano gli autori, valgono solo per i soldati, non per i capi e sono inventati di sana pianta per rinsaldare il branco. Mentre i boss d’animo nobile, paladini dei deboli, esistono solo nei film.
Considerazioni affatto ovvie, nell’epoca in cui i bambini di Scampia giocano imitando i protagonisti di Gomorra e la colonna sonora del Padrino risuona per le vie di Roma, accompagnando il funerale di Vittorio Casamonica.
Il libro punta naturalmente il dito sull’attuale pandemia, sorta di tempesta perfetta che, senza dei rapidi interventi, permetterà alle mafie di radicarsi ancor di più e incrementare il giro d’affari.
Cosa già vista, per altro, e subito dimenticata tra le pieghe della memoria di questo spensierato paese. Come ci spiega la narrazione, ricostruendo con agile puntualità quanto accadde in occasione di passate bufere. Quali l’epidemia di colera dell’ottocento, i terremoti di Messina, del Belice, dell’Irpinia e dell’Emilia Romagna.
Senza per questo dimenticare altre disgrazie, di stampo decisamente meno naturale. La sempiterna emergenza rifiuti, vero e proprio salvadanaio delle mafie, le cicliche crisi economiche, le nuove opportunità fornite dal cyberspazio e da infelici decisioni politiche. Inclusa la mancata armonizzazione delle normative europee, che permette l’esistenza di molte zone d’ombra, riparo e pascolo per ogni tipo di criminalità.
Ossigeno illegale, in conclusione, è un libro che non delude. Che lascia ben poco all’immaginazione, analizzando in modo snello, ma efficace, fenomeni che siamo abituati a misconoscere o vedere sotto altra luce. Leggendovi solo l’iniziale tragedia e tralasciando quelle successive, figlie del mortale connubio tra pubblico ignavo e privato proteiforme.
Certo, finito di leggere permane in bocca un qualche retrogusto amarognolo. Piccolo e sgradevole effetto collaterale, non imputabile agli autori.
Essendo piena e precisa responsabilità di chiunque vive, agisce, vota, entro i confini di questo singolare paese.

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