Noi giornalisti abbiamo l'obbligo morale di combattere contro le ingiustizie attraverso la diffusione della cultura della giustizia
Per la stragrande maggioranza delle persone la mafia è un’associazione a delinquere. Tuttavia, la parola “mafia” rimanda a molteplici significati, che definiscono l’agire umano per quanto attiene agli aspetti più deteriori che lo connotano, quali la violenza, l’esclusione, il malaffare, il crimine, per permettere il monopolio del potere di alcune persone, in ogni ambito della vita umana.
Si riscontra l’esistenza di una mentalità mafiosa, molto diffusa e radicata, non violenta dal punto di vista fisico, che rappresenta la mentalità del potere che, spesso, anche se non sempre, determina l’identità degli ambiti principali dell’esistenza umana e, fra questi, quello economico, seguito, subito dopo, da quello politico.
Si verifica, per tale motivo, che la società civile è permeata da lobby di potere che decidono quali debbano essere i soggetti che la governano.
Molti interessi economici scaturiscono da tale modo di dominare la realtà, nei campi più svariati.
Quando si parla di raccomandazione, termine molto in uso, si parla di uno dei modi più comuni mediante cui si esprime la mentalità mafiosa.
Non si può non riconoscere che la mafia vive, innanzitutto, nel cuore umano, altrimenti non si esprimerebbe nella realtà.
Essa è alimentata dall'ignoranza, dal pregiudizio, dalla stupidità e da quel falso e deleterio concetto di potere.
C’è da chiedersi se un mondo migliore è possibile?
Senz'altro: impegnandosi per l’affermazione della democrazia.
La mafia, difatti, in quanto alimentata dalla violenza, espressa materialmente oppure moralmente, è l’antidemocrazia per eccellenza.
La democrazia è foriera di pace sociale e di amore sociale, nonché di crescita e sviluppo armonioso della società.
Si può, mediante la diffusione di una cultura parallela, che affermi la democrazia, creare un’alternativa di governo della realtà. Questo dipende, non vi è dubbio, dalla lealtà di quanti a tale impegno si accingono.
Bisogna tenere in considerazione che la concezione mafiosa della vita, ossia la ghettizzazione della realtà, non ne ha determinato l’espressione delle sue reali potenzialità, tenendola ferma nel regresso.
Da tale mentalità è proliferata la povertà, di cui, attualmente, si raccolgono i risultati deleteri.
Tuttavia, il terzo millennio, che può definirsi l’epoca della verità, con l’acuirsi della povertà nelle sue forme più estreme, ha posto in luce una necessità impellente, quella di lottare per l’inclusione, pena il decadimento definitivo ed irreparabile nell'indigenza, facendo esprimere le diversità, ossia ogni essere umano in ogni contesto.
L’impegno è di carattere morale e culturale.
Autentiche frane si sono aperte nel tessuto socio-economico di ogni Stato ed altre si apriranno, che fanno emergere che non è questa forma di potere, ossia quello mafioso, quello capace di reggere la crescita ed il benessere dei popoli.
E’ qui che emerge una verità storica, che la storia la fanno gli uomini, tutti gli uomini, soprattutto quelli che amano il proprio universo e chi lo abita, ossia l’essere umano.
Noi che ci occupiamo di comunicazione dobbiamo accogliere l’appello che tanta miseria economica ed insieme morale rivolge alle nostre coscienze.
Dobbiamo, perciò, veicolare nuovi contenuti che pongono al centro il valore sacro di ogni individuo, che insieme agli altri individui, dà vita alla democrazia, unica forma di potere che può governare la realtà e farla crescere, perché fondata sull'amore per il prossimo, sul valore della dignità umana e perché sa discernere l’economia che si dirige verso l’altruismo da quella impoverente che si fonda sull'egoismo, ossia sul potere di pochi, accecati dall'odio e dall'amore per il potere fine a se stesso.
Noi dobbiamo porre in luce quanto importante e costruttivo sia il potere della verità.
E’ un compito educativo e, nel contempo, morale.
Riscatteremo dal degrado il concetto di Stato, di Nazione, il concetto di lavoro, il concetto di cultura, il concetto di politica.