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Oggi, 12 febbraio, si ricorda la morte del giornalista Leo Veras ucciso nel 2020 a Pedro Juan Caballero in Paraguay e domani quella del collega Jean Paul Ibarra Ramirez ucciso nel 2009 a Iguala, Città del Messico situata nello Stato di Guerrero. Entrambi sono stati vittime del narcotraffico, il più ingente mercato mondiale comandato e gestito dalla mafia e vittime di quel sistema criminale integrato che si nutre della corruzione politica ed economica dilagante ormai nella maggior parte dei paesi sud americani. Ogni anno questo sistema assassino porta alla morte di decine e decine di giornalisti onesti che non vogliono piegarsi all’indifferenza. Solo nel 2020, cinquanta sono stati gli omicidi commessi in tutto il mondo, la maggior parte dei quali si sono consumati in Messico. Uno dei fattori principali di queste morti è l’inadempienza da parte delle istituzioni nel tutelare quella parte della cittadinanza che chiede giustizia, che chiede verità, non garantendo la libertà d'informazione e d’espressione. Troppi giornalisti, ogni giorno, pagano il prezzo della loro denuncia contro il potere economico, politico, informatico del loro Paese, estraneo agli interessi generali e al bene comune. L’esempio è Veras, Ibarra e tantissimi altri giornalisti e attivisti, tra cui anche molti giovani.
Non possiamo più permettere che tutte queste morti rimangano impunite e che non esistano più garanzie in grado di difendere i nostri diritti e le nostre libertà fondamentali di cittadini. E' nostro dovere uscire dal cancro dell'indifferenza e dell'omertà, radicata ormai da molto tempo in tutta la nostra società. E' nostro dovere quindi denunciare ed unirci per chiudere giustizia.

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