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In Sicilia abbiamo tutto.
Ci manca il resto.
(Pino Caruso - Ho dei pensieri che non condivido)

Altro giro, altro regalo. In Sicilia non ci facciamo mancare niente. Come diceva il grande Pino Caruso, abbiamo tutto.
O meglio, abbiamo di tutto.
L’ultima perla dall’ostrica l’ha estratta l’ex senatrice leghista (ed ex vicesindaco di Lampedusa) Angela Maraventano, in quel di Catania.
L’ambientazione è il raduno della creme leghista, accorsa in difesa del ruspante Capitano, perseguitato dalla solita, bieca magistratura politicizzata.
Una volta salita sul palco, la prodigiosa Erinni del padanesimo siculo ha affrontato, come da copione, il problema cardine della politica siciliana, che come tutti sanno, non è né il traffico, né la siccità, bensì l’immigrazione.
Scagliandosi contro il governo, complice di chi traffica in carne umana e soprattutto contro la mafia.
Ottimo e abbondante, penseranno in molti.
La mafia, questo tentacolare parassita che avviluppa un’isola in procinto di diventare bellissima, ben si presta ai coraggiosi strali di altrettanto coraggiosa militante.
No, no.
Non ci siamo capiti.
Perché la signora Maraventano, a quanto riferiscono le cronache, non si è scagliata contro la mafia per denunciarne il pizzo, i delitti, il malaffare.
Il cahier de doleance dell’intrepida Angela ha un solo, angoscioso contenuto.
La mafia sarebbe anch’essa complice dell’immigrazione clandestina, poiché ormai non ha più quella sensibilità e quel coraggio che aveva prima.
Eh, già. Sensibilità & coraggio.
D’altronde son pieni i libri di toccanti episodi, degni del miglior De Amicis, in cui Bernardo Provenzano aiuta le vecchiette ad attraversare la strada e Totò Riina regala ai poveri i proventi del narcotraffico.
Quanto al coraggio, come dimenticare quelle pittoresche copertine della Domenica del Corriere di inizio secolo, disegnate da Achille Beltrame?
Raffiguranti Luciano Liggio che, coltello tra i denti, espugna da solo le trincee del Carso (è una montagna, non un’imprecazione. N.d.r. a uso dei leghisti) o Calogero Vizzini che lotta con le tigri tra le jungle di Caltanissetta.
Senza per questo sottovalutare il prode Giovanni Brusca, che tutto solo e disarmato, affronta un bambino di dodici anni e dopo averlo strangolato, ne scioglie il cadavere nell’acido. Dando prova, a un tempo, di enorme coraggio quanto di spiccata sensibilità.
Echi di ormai perduti valori, che scompariranno tra le pieghe del tempo, sciogliendosi come lacrime nella pioggia.
La buona vecchia mafia, congrega di bonaccioni, arditi alla bisogna, ma sensibili h24, pare non esista più.
Perché noi, stando all’ex senatrice Maraventano, la stiamo eliminando, perseguitando, distruggendo.
Cosa che, j suppose, nelle intenzioni della signora dovremmo ben guardarci dal fare. Coccolandola, magari. Garantendo sconti, esenzioni, facilitazioni.
Magari (why not?) omaggiandola con premi e riconoscimenti.
Eliminando, una volta per tutte, quel vetusto e sorpassato codice penale che insiste nel colpevolizzare sì nobile istituzione, pregna di coraggio e sensibilità.
Invece continuiamo testardamente ad accanirci, con il risultato, ipsa Maraventano dixit, che nessuno difende più il territorio.
Nobile missione che, evidentemente, non tocca alle istituzioni, allo Stato o alla società nel suo complesso, ma a una società diversa e onorata.
Viene da chiedersi in maniera un po’ ingenua, se esista una magistratura capace di intervenire, quando un politico esprime in una pubblica piazza idee che, sguazzando nel lercio stagno dell’apologia, non possono essere derubricate a opinioni democraticamente rispettabili.
Se ci sia ancora, da qualche parte, un’opinione pubblica in grado di indignarsi, al cospetto di comportamenti che spaziano tra il cinismo e l’ignoranza, passando per un sostanziale disprezzo dell’elettorato.
O se esista ancora, in qualunque punto cardinale, un vento così forte da scarnificare questa terra fino alla nuda roccia, lasciandola sgombra per qualche altra specie senziente.

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