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di Vincenzo Musacchio
Quando devi partecipare a un incontro dove si parla di mafie e di nuove realtà criminali che stanno nascendo ed evolvendosi e ti viene detto che questi argomenti non attirano più il pubblico, onestamente, ti viene da piangere e cominci a pensare questo Paese ha un deficit culturale piuttosto grave. La risposta sempre più frequente è: sono argomenti che non attirano l’attenzione dei ragazzi. Cosa peraltro assolutamente non vera! Ho dedicato alla lotta contro le mafie gran parte della mia vita. Molte delle mie energie e del mio tempo libero li ho tolti spesso anche alla mia famiglia e ai miei affetti più cari. Dai tempi in cui andavo nelle scuole con Antonino Caponnetto, purtroppo per me conosciuto molto tardi, ho propugnato con forza lo studio della criminalità organizzata e dei suoi anticorpi nei programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, partendo dalla primaria sino all’Università. Di mafie ne parlo e ne voglio continuare a parlare anche quando chiedo ai vari rettori di Università di istituire la cattedra di Istituzioni e storia delle mafie e ricevo sberleffi e alcune volte neanche una semplice risposta. Nonostante siano cambiati due Governi, dall’inizio della legislatura, non sento parlare di lotta alla mafia. Chi è moralmente onesto, nota quanto la sottovalutazione della questione mafiosa sia sotto gli occhi di tutti. Occorre ricercare e far conoscere la verità a tutti i costi, lo dobbiamo ai cittadini e alle vittime di mafia che anelano giustizia. Mi piacerebbe, che certi “politicanti” invece di rimanere nel loro odioso silenzio, spesso complice, reagissero con forza facendo comprendere alle mafie che lo Stato c’è ed è forte. Credo, ed ho sempre creduto, che la mafia si possa battere. Per farlo, occorrono un insieme di strumenti normativi specifici e le persone migliori di cui lo Stato possa disporre. La mia più grande speranza è che si riesca ancora parlare e scrivere di mafia liberamente. E’ necessario che se ne parli e non che ci sia il silenzio e il disinteresse più assoluto. Abbiamo bisogno delle parole, di quelle che scaldino gli animi, diano speranza e portino poi ad agire in concreto. Contano i fatti ma le parole hanno la loro importanza, quelle che non prendano in giro, ma affermino la verità e ricerchino la giustizia. Spero che ciò che ho scritto possa essere letto da tanti giovani. Occorre superare il velo d’ignoranza e d’immobilismo che vive in questo periodo anche la società civile italiana e non solo lo Stato. In un Paese in cui la mafia controlla politica, economia, finanza, informazione, se il silenzio prevarrà sul “parlato”, la battaglia diventerà molto più difficile da vincere. La mafia esiste ed è forte, ma, esistiamo anche noi e siamo tanti, solo che non abbiamo “voglia di rimboccarci le maniche e cominciare a cambiare, perché vi è un prezzo da pagare. Ed é allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”. Era una delle esortazioni di Giovanni Falcone. Per una volta non lamentiamoci ma facciamo! Un pensiero, da studioso dei fenomeni mafiosi, lo invio a tutti i magistrati e alle forze di polizia impegnati nella lotta alla mafia, con l’esortazione a non mollare mai. Auguro a tutti i giornalisti di fare il proprio mestiere con dignità e libertà, propensi sempre verso la ricerca della verità. La cultura vincerà sulle mafie e la scuola, sull’ignoranza. Nonostante le enormi difficoltà, abbiamo l’obbligo morale di continuare a insegnare ai giovani che l’illegalità non paga ma i libri e la conoscenza sì. Vorrei tanto che le parole di Peppino Impastato, “la mafia uccide il silenzio pure”, fossero scritte all’ingresso di ogni scuola e nelle camerette di tutti gli adolescenti perché il pericolo più grave che stiamo vivendo è di educare la nostra gioventù all’indifferenza e al cattivo esempio.

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