di AMDuemila
“Chi era al comando critica la sentenza perché teme che Stato possa chiedere conto del loro agire”
"Da una parte c'è il rammarico che questa sentenza arrivi dopo 40 anni, perché si tratta di un tempo ingiustificato e ingiustificabile, dall'altra, anche dopo 40 anni si mette un punto, almeno dal punto di vista italiano, su questa storia. In sede civile, mentre in sede penale l'inchiesta è ancora aperta, nonostante quelli che hanno cercato in tutti i modi di dire che era già tutto chiuso. No, l'inchiesta è sempre rimasta aperta, ce l'ha la procura di Roma e credo che fra un po' anche loro arriveranno a definire quello che è accaduto il 27 giugno del 1980 nei cieli di Ustica". Ha commentato così il giornalista Andrea Purgatori la sentenza della corte d’Appello di Roma contro i ministeri della Difesa e dei Trasporti, ritenuti colpevoli di non aver tutelato la sicurezza dei cieli, a risarcire con 330 milioni di euro la compagnia aerea Itavia, proprietaria del Dc9 che il 27 giugno del 1980 esplose in volo causando 81 vittime. Il conduttore della trasmissione Atlantide, che da anni si occupa della ricerca della verità sulla strage, all’AdnKronos ha spiegato che “il processo che ha visti assolti in Cassazione, dopo una condanna in primo grado, i quattro generali dell'Aeronautica militare, era un processo sui depistaggi e sulle omissioni, ma quella non è una sentenza sulle cause e sui responsabili della strage, nonostante un gruppetto di generali continui a cercare di portare avanti la tesi della bomba”. “Mi fanno anche un po' malinconia - ha proseguito - dopo tutti questi anni, perché, insomma, come si fa a continuare a sostenere questa ipotesi. Basta semplicemente evidenziare il fatto che la tavoletta del water del Dc9 dove loro sostengono sia stata collocata la bomba, è stata ripescata intatta". Inoltre, ha aggiunto, se "vogliamo dirla tutta, questi 40 anni sono serviti a far sì che tutti quelli che in qualche modo erano coinvolti in questa storia, in Italia e fuori dall'Italia, perché non è solo una storia italiana, siano o morti o comunque fuori gioco, siamo arrivati a un punto, dunque, in cui forse si potrebbe davvero raccontare quello che è successo, e quello che è successo sta dentro un perimetro che è delineato dall'Italia, dalla Francia, dagli Stati Uniti e dalla Libia". Secondo il giornalista il nodo della vicenda “è che nel 1980 Gheddafi era il nemico numero uno dell'Occidente e a quell'epoca qualunque cosa avesse un riferimento con lui, i suoi caccia, la sua presenza in volo, era oggetto anche di operazioni coperte e segrete per farlo fuori". Purgatori, poi, alla domanda se in definitiva questi risarcimenti servano ad abbattere l’omertà istituzionale intorno al caso, ha risposto: "Aspettiamo il lavoro dei magistrati per quanto riguarda l'inchiesta penale, ma in parte ormai questa vicenda è consegnata alla storia". Infine, il conduttore tv ha sottolineato un ultimo aspetto: "Questa sentenza era quella più temuta da coloro i quali erano nei posti di comando all'epoca, perché a questo punto lo Stato, che deve tirare fuori 330 milioni di euro, forse potrebbe chiedere conto a chi non ha fatto quello che doveva fare quella notte, quindi rivalersi da un punto di vista economico su di loro, e questa - ha concluso - è la mia spiegazione del perché esiste ancora un gruppo di persone che sostiene che è stata una bomba".
Foto © Imagoeconomica
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