di Maria Pia Capozza
Nel 1982, Giuseppe D’Urso - nella sua qualità di Presidente dell’Istituto Nazionale di Urbanistica per la Sicilia e del suo ruolo di docente di pianificazione urbanistica e territoriale all’Università di Catania - coniò il termine “Massomafia” per descrivere l’esistenza di una “serie di interconnessioni tra i vari poteri, le istituzioni, l’imprenditoria, la stampa, la cultura e così via….”.
D’Urso notò che le logge massoniche “deviate” costituivano il tramite più frequente dei rapporti tra organizzazioni mafiose, esponenti della società civile e istituzioni.
Notò, inoltre, che attraverso le logge massoniche deviate, le organizzazioni mafiose “aggiustavano” i processi che le riguardavano.
D’Urso, infine, notò ritrosia ed ostilità da parte della stampa, della politica e della magistratura.
La battaglia di Giuseppe D’Urso venne definita da Claudio Fava come “denuncia civile” basata “sull’intransigente ribellione di un “cittadino qualsiasi”. Claudio Fava descrive così l’attività di quel “cittadino qualsiasi”: “per ogni abuso il professor D’Urso aveva compilato un dossier completo di cifre, nomi, indicazioni di legge, estratti del Piano regolatore, copie di delibere comunali. Quegli esposti, con incrollabile perseveranza, forse perfino con un filo di dolente ironia, erano stati puntualmente spediti all’autorità giudiziaria. Che per molti anni aveva continuato ad inghiottirli in silenzio. L’ultimo fascicolo Giuseppe D’Urso aveva preferito invece farlo trovare sui banchi del Csm. Dentro, in bell’ordine, i promemoria del professore su tutte le inchieste insabbiate dalla Procura di Catania: le protezioni accordate, le illegalità compiute, le indagini depistate. Ma soprattutto c’era il testo del telegramma che D’Urso aveva spedito “per conoscenza” a ministri e presidenti di mezza Repubblica”.
Da allora, il termine Massomafia può essere usato solo con discrezione ed in silenzio, quasi come se qualcuno potesse restarne offeso. Nella notte tra mercoledì 18 dicembre 2019 e giovedì 19 dicembre 2019 Nicola Gratteri - Procuratore della Repubblica di Catanzaro - guida l’operazione “Rinascita-Scott” che smantella alcune cosche di ‘ndrangheta e ricostruisce legami e affari tra imprenditoria, politica e massoneria deviata, con l’arresto di oltre 330 persone. L’Italia si sveglia una mattina durante le festività natalizie 2019 e sente parlare, ancora una volta e suo malgrado, di Massomafia. Si legge sui giornali che secondo Gratteri “Il canale è massonico, usa come paravento le logge ufficiali, ma si struttura in una rete che non bada ad appartenenze e obbedienze. Un mondo fatto di un “coacervo di relazioni tra i ‘grandi’ della ‘ndrangheta calabrese e i ‘grandi’ della massoneria”, cioè professionisti “ben inseriti nei contesti strategici (giudiziario, forze armate, bancario, ospedaliero e via dicendo)”.
Secondo il pentito di ‘ndrangheta Cosimo Virgilio, uno degli arrestati “aveva una doppia appartenenza, una “pulita” con il GOI (Grande Oriente d’Italia) del distretto catanzarese e poi una loggia coperta, “sussurrata” era “accreditato nei circuiti della massoneria più potente, è stato in grado di far relazionare la ‘ndrangheta con i circuiti bancari, con le società straniere, con le università, con le Istituzioni tutte, fungendo da passepartout”.
Gratteri definisce il contesto in cui si muove la massomafia come “molto grigio, una zona d’ombra nella quale si addensano tutti i più alti interessi delle persone con cui entra in contatto. Si tratta di relazioni intessute a condizione di reciprocità perché, come si evince globalmente, tutti gli attori ne traggono un tornaconto personale.
Sull’inchiesta “Rinascita-Scott” interviene l’attuale Sindaco di Napoli de Magistris per ricordare come anche nell’inchiesta “Why not”, che porta la sua firma, si parla di Massomafia.
De Magistris sostiene che tra le due inchieste ci siano diverse similitudini: “Gli stessi nomi, lo stesso contesto, l’identico sistema di relazioni politico-massonico-mafiose che avevo individuato nelle mie inchieste di 12 anni fa (omissis). Lo denuncio da 12 anni. Il Csm eliminò chi indagava sul sistema criminale e lasciò quello stesso sistema, che aveva al suo interno molti magistrati, impunito e libero di agire. (Omissis) Hanno colpito l’idea stessa dello Stato democratico. Non vedo grandi prese di posizione. Il silenzio rischia di far vincere quei pezzi di Stato corrotti che vogliono strangolare l’inchiesta”.
E sulle elezioni regionali de Magistris dice che “dalle liste capiremo se i partiti avranno la forza di affrancarsi dalla massomafia, quel sistema che vede insieme politici, borghesia mafiosa, logge e ‘Ndrangheta”.
Dal giorno dopo è stato diffuso l’hashtag #iostocongratteri e la notizia è volata sul web e su ogni canale social.

gratterii nicola c imagoeconomica

Nicola Gratteri


Ma, ancora una volta, quando si parla di Massomafia si registra il silenzio della grande stampa, delle massime Autorità di Governo e Giudiziarie, del Presidente della Repubblica.
E così Gratteri sente il dovere di denunciare pubblicamente il silenzio delle grandi testate giornalistiche sulla vicenda, quelle stesse testate che mentre ripetono ossessivamente particolari intimi di fatti di cronaca privati, sull’inchiesta “Rinascita-Scott” restano silenti. Lo stesso silenzio accomuna Giuseppe D’Urso, Nicola Gratteri e Luigi de Magistris ma anche Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tanti altri. Silenzio, se non isolamento, persecuzione, morte bianca, perdita del proprio ruolo e del proprio lavoro: in sintesi queste sono le principali conseguenze di chi contrasta a vario titolo la Massomafia.
Ma cos’è? Cosa si indica con il termine Massomafia? Cosa unisce il metodo mafioso con i rituali massonici? La caratteristica fondamentale è l’appartenenza o il metodo?
Anche se nessuno ce ne vuole parlare a fondo, dobbiamo prendere atto che la Massomafia è una realtà, un fenomeno, una evoluzione della Mafia.
I problemi si possono risolvere solo se ci si sforza di guardare un po’ oltre.
Il fenomeno va letto in modo inverso: la Massoneria, quella vera, quella che deposita le liste degli iscritti alle Autorità, che invita le stesse Autorità ai propri eventi pubblici, che agisce alla luce del sole, è essa stessa “parte lesa” dalla Massomafia. Essa infatti viene “usata” da gruppi di criminali, sia per fini di millanteria, sia per poter creare “reti” che poi vengono usate in modo deviato.
In caso di infiltrazione dei criminali in una loggia ufficiale, gli iscritti “normali” vengono pian piano indotti a cambiare “officina”, fin quando l’intera o quasi intera Loggia rimane con gli elementi infiltrati. I quali poi faranno in modo di far entrare più elementi possibili appartenenti alle filiere corruttive insite nelle Istituzioni che essi intendono “controllare”.
Quando questo percorso si completa, possiamo parlare di “Loggia deviata”. Essa, in effetti, non ha più nulla che la caratterizzi quale Loggia massonica ufficiale, ma diventa uno strumento di potere della Mafia, una “istituzione parallela”.
Chi aderisce in modo consapevole a (o, peggio, crea) logge deviate, tradisce il suo giuramento alle Obbedienze ufficiali (riconosciute dallo Stato), perché in realtà aderisce a qualcos’altro: alla Massomafia, ovvero alla “Mafia senza armi da fuoco”. Sono i colletti bianchi “sporchi”, che “usano” il termine “Massoneria” per avere contatti ed una rete da “offrire” alla “Mafia con le armi da fuoco”.
Quando utilizziamo il termine Massomafia, dunque, ci riferiamo a consorterie ben diverse dalla Massoneria ufficiale, a gruppi di criminalità organizzata che nulla hanno a che fare con essa, ma che in essa, in modo silente, si infiltrano.

Ormai il Re è Nudo.
Un fenomeno che non si conosce e che si cerca di capire, può essere compreso anche secondo un metodo empirico. Dopo un’attenta lettura dei fatti e delle inchieste insabbiate o “eterne” degli ultimi anni, si possono provare ad individuare alcune delle caratteristiche del fenomeno Massomafia, e specificatamente:

1) Una rete capillare e segreta di uomini ben inseriti nelle istituzioni, invisibili in senso metaforico ovvero visibili per il loro ruolo istituzionale-politico-sociale-imprenditoriale ma invisibili per la loro aderenza ad una rete di interessi, da cui traggono benefici ed a cui sono funzionali;
2) Un sistema di nomine che fa riferimento ad un “cerchio magico” di persone, solitamente sempre le stesse in un determinato settore e coordinate da un gruppo ancora più ristretto di persone;
3) L’inserimento di tali persone, attraverso concorsi pubblici “farsa” o assunzioni intuitu personae, nell’apparato dello Stato per realizzare reati di Truffa ai danni dello Stato - Corruzione - Collusione - Influenze illecite - Turbative d’asta - Mobbing - Stalking - Minacce;
4) L’utilizzo nel ciclo produttivo sempre e solo degli stessi soggetti, al di là della compagine societaria, per la realizzazione di appalti di lavori e di servizi, gestione di immobili o di attività commerciali;
5) L’utilizzo di un metodo mafioso, il quale si fonda su tre elementi fondamentali: la forza di intimidazione del vincolo associativo, la condizione di assoggettamento e l’omertà che da esso deriva;
6) La morte bianca. Ovvero isolamento, persecuzione, minaccia, mistificazione della figura di chi avvia una denuncia o un’inchiesta (i colletti bianchi “sani” ovvero i cosiddetti Whistleblowers), che possa avere una ripercussione sul sistema massomafioso;
7) L’esistenza di sentenze “tecnicamente inspiegabili” o pilotate;
8) L’archiviazione o l’insabbiamento (spesso mediante l’utilizzo improprio dei Modd. 44 e 45) di denunce su gravi questioni;
9) Il giro di interessi ed economico di portata rilevante.

trequartino gradi ndrangheta

Se quanto sopra esposto è vero, come è vero, allora dobbiamo tutti chiederci quanto veramente #siamotutticongratteri e quanto lo siano i nostri rappresentanti politici o istituzionali.
Dovremmo tutti denunciare gli illeciti ed i soprusi che non possiamo non vedere nel nostro lavoro, dovremmo tutti contrastare la mentalità mafiosa, secondo la quale il diritto è inteso come un favore. La Mafia è un’associazione criminale organizzata che, usando metodi e mezzi illeciti, riesce ad autofinanziarsi perseguendo fini criminali, divenendo un “potere forte” dalle fondamenta solidissime, ed ha lo scopo di voler sostituire lo Stato nell’ambito politico, legislativo e giudiziario. Il termine Mafia, allora, va riferito al “metodo mafioso” utilizzato dalla ‘ndrangheta, dalla camorra etc. che unisce e caratterizza tutte le Mafie. Dobbiamo ammettere che la Mafia è riuscita a sostituire lo Stato - ovvero tutti noi cittadini - proprio attraverso la Massomafia, perché attraverso le logge deviate è arrivata ad avere referenti nelle Istituzioni, nell’ambito giudiziario ed in ogni settore produttivo del nostro Paese.
Questo significa essere passati ad avere il potere decisionale non solo su chi deve vincere una gara ma anche sul “se e quando” un’opera pubblica va realizzata.
Questo significa, inoltre, avere il potere di riscrivere la storia, di mistificare la realtà, di dare le informazioni ai Media e di decidere cosa va pubblicato e cosa va manipolato o occultato. Non possiamo continuare a pensare che la Mafia esista solo in alcuni territori e che il mafioso si individui facilmente, che sicuramente non è il nostro Capo o il nostro vicino di casa, altrimenti “ce ne saremmo accorti”. Riporto e faccio mio l’invito fatto ad ognuno di noi dal Procuratore Gratteri: “Fino all’ultimo dei nostri giorni dobbiamo lottare e non rassegnarci, bisogna dire basta e avere il coraggio di occupare gli spazi che questa notte vi abbiamo dato. Da oggi dovete andare in piazza, dovete occupare la cosa pubblica, dovete impegnarvi in politica, nel volontariato, in tutto quello che è possibile fare, andare oltre il vostro lavoro. Altrimenti continueremo a parlarci addosso. Questo è il cambiamento da oggi, a parte le chiacchiere, altrimenti continuiamo a piangerci addosso e ci facciamo prendere per il naso una volta dall’uno una volta dall’altro”. Rispetto a questo invito, sento il dovere di ricordare che tante persone hanno già lottato e non si sono rassegnate. Lottando si sono trovate dinanzi a fatti illeciti, che non hanno avuto remora a denunciare, ma nessuno li ha ascoltati.
Anzi, tutte queste persone sono state isolate, perseguitate ed hanno avuto un ridimensionamento del loro ruolo lavorativo o, addirittura, hanno perso il lavoro. Siamo dinanzi ad uno degli elementi tipici del sistema massomafioso: la morte bianca del denunciante. Allora, se veramente è arrivato il momento di affrontare il fenomeno della Massomafia, la parte sana dello Stato dovrebbe ascoltare tutti i denuncianti ed i Whistleblowers, ovvero i colletti bianchi “sani”, per ritrovare nelle loro testimonianze elementi comuni: stessi ambienti, appalti, favori reciproci, nomine forzate.
Dovrebbe rivedere le loro storie lavorative, i settori ed i contesti in cui si sono svolti i fatti, per rilevarne gli interessi visibili ed invisibili ed estrapolarne le connessioni.
Dovrebbe revisionare tutti i procedimenti giudiziari che hanno visto i whistleblowers quali attori o convenuti, revisionare gli atti anche dei procedimenti penali, individuare le sentenze “tecnicamente inspiegabili” e pilotate e fare una mappatura dei nomi dei Magistrati, degli uomini delle Istituzioni e dei politici coinvolti, per verificare collegamenti e connessioni. Lì troverebbe, finalmente, un primo livello, più o meno visibile, della rete Massomafiosa, la più grande associazione segreta della storia postunitaria italiana.
Perché nessuno ci ha mai pensato? Il bandolo della matassa è lì, alla portata di chi avrà il coraggio di iniziare ad interconnettere e mappare quei nomi.
La matassa appare inestricabile ed occulta, ma i “morti bianchi” sono ancora “clinicamente” vivi ed hanno tanto da dire.
O meglio: hanno già detto, ma nessuno ha ricostruito i puzzle delle loro storie complesse e contorte, volutamente mistificate proprio dagli attori del fenomeno Massomafia.
All’appello, quindi, rispondo con un altro appello: “Ascoltate i Whistleblowers - “colletti bianchi sani”. Proteggete il loro posto di lavoro. Considerateli come una risorsa e non come un problema”.

Tratto da: themisemetis.com

Foto di copertina © Imagoeconomica

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