Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di Piero Innocenti
Proviamo a fare qualche riflessione sulla “qualità della vita 2019” delle dieci città metropolitane come rappresentata nell’analisi pubblicata alcuni giorni da ItaliaOggi e che ha visto Trento quale città “migliore d’Italia”.
L’indagine, giunta alla ventisettesima edizione, prende ancora in esame nove ambiti tra cui popolazione, ambiente, sicurezza sociale, reati e sicurezza, istruzione ecc... Se Bologna, Firenze e Milano nella graduatoria finale occupano la prima “fascia” (quella buona per intenderci), Venezia e Torino la seconda (accettabile), Genova, Roma e Bari vengono posizionate nella fascia scarsa e Reggio Calabria e Napoli in quella insufficiente.
Migliorata, comunque, la situazione per Bologna, Milano e Firenze che nel 2018 erano nella situazione accettabile ma anche per Venezia e Torino che erano nella fascia scarsa. Stazionaria la situazione di Roma Capitale già scarsa nel 2018, migliorata quella di Bari da insufficiente a scarsa mentre Napoli e Reggio Calabria restano insufficienti.
Migliorata complessivamente la situazione generale in Italia con 65 province in cui la qualità della vita è buona o accettabile (erano state 58 province nel 2018). La situazione diventa meno “entusiasmante” per le Città metropolitane se diamo uno sguardo alla classifica stilata sui "reati e sicurezza” dove tre, Reggio Calabria, Venezia e Bari, sono nel gruppo della sicurezza scarsa e le rimanenti sette in quella insufficiente – tutte, insomma, nella parte bassa della graduatoria nazionale, con Milano in penultima posizione.
Una collocazione nella bassa classifica anche nei “reati contro il patrimonio”, con l’eccezione di Reggio Calabria. Nelle “violenze sessuali per 100mila abitanti”, la maglia nera appartiene a Milano con il rapporto di 14 seguita da Bologna e Firenze con 10, Roma e Genova con 9, Venezia e Torino con 8, Bari e Reggio Calabria con 6 e Napoli con 5. Pochi “scippi e borseggi” a Reggio Calabria (67 per centomila abitanti) in confronto ai 186 di Bari, ai 282 di Napoli e con un rapporto che aumenta considerevolmente rispetto al gruppo di Genova, Roma e Torino, tutte con il rapporto di 600, con Firenze che arriva a 725, Venezia a 807 (un incremento di “manolesta” notevole rispetto al 2018 quando il rapporto fu di 591), Bologna a 863, Milano a 882. Scarsa “attenzione” per i topi di appartamento alle case di Napoli e Reggio Calabria dove si sono registrati, rispettivamente, 112 e 147 furti per centomila abitanti (tra i più bassi a livello nazionale), contro i 527 di Bologna, i 485 di Firenze, i 476 di Milano, i 429 di Venezia, i 320 di Genova, i 268 della Capitale (con un lieve decremento rispetto al 2018).
Roma e Genova in testa alla classifica per le denunce sui reati collegati al narcotraffico a conferma, da un lato della diffusione degli stupefacenti nelle due città e dall’altro la risposta dell’azione antidroga svolta dalle forze di polizia.
In tema di “estorsioni” (il rapporto più alto a livello nazionale,28, alla tranquilla Asti) si va dalle 21 denunce per centomila abitanti di Napoli, a Bologna con 20, a Milano con 17, a Reggio Calabria e Bari con 15, a Roma, Torino e Genova con 13 per scendere ancora con 10 a Firenze e a Venezia.
La “Serenissima” registra nella categoria “altre rapine” (quelle in strada, negli esercizi commerciali ecc.) il valore più basso (35) tra le città metropolitane dove Napoli ha il “primato” con il rapporto 180 per centomila abitanti, seguita da Milano con 117, Torino con 85, Roma con 68, Bari con 59 e Bologna con 58.
Certo il livello della sicurezza pubblica può migliorare in queste grandi città ma questo lo si può ottenere soltanto con un adeguato aumento di poliziotti e carabinieri da destinare ai servizi, visibili, in uniforme, di controllo del territorio in un contesto di stringente coordinamento di tutte le forze di sicurezza.

(In)sicurezza pubblica:novembre nero
Se si analizza la realtà, uscendo dall’inchiesta di ItaliaOggi, si ricavano ulteriori dati utili alla riflessione.
Sulla situazione della sicurezza pubblica nelle nostre città si continua a dire che, in generale, i reati sono in calo senza aggiungere quasi mai la doverosa precisazione che si tratta di quelli denunciati dai cittadini e di quelli di cui sono venuti a conoscenza le forze di polizia nella loro attività quotidiana o la magistratura.
Queste (rassicuranti) dichiarazioni vengono fatte da esponenti politici ma anche da autorità locali, dopo riunioni ad hoc sulla sicurezza pubblica “turbata” da ripetuti episodi di criminalità predatoria verificatisi in molti contesti urbani. Spesso si invocano maggiori controlli da parte delle forze dell’ordine – non sempre attuabili date le ridotte risorse umane – o un maggior coinvolgimento dei cittadini nella c.d. sicurezza partecipata attraverso accordi di vicinato per un controllo del territorio ai fini della prevenzione che spetterebbe soltanto alle forze di sicurezza.
Nessuno ha, evidentemente, poteri speciali di azzerare i tanti episodi di criminalità che si verificano qua e là e che, al di là del numero (sempre elevato) destano forte preoccupazione per le modalità violente con cui vengono eseguiti.
Anche il mese di novembre che volge al termine è emblematico di quanto affermiamo.
A partire, ad esempio, dai ripetuti assalti notturni (con esplosivi) ai bancomat di diverse banche in molte province. E’ successo a Manerbio (Brescia) ai primi di novembre, con il quarantanovesimo bancomat saltato dall’inizio dell’anno e sempre nei fine settimana, quando si è certi di trovare più banconote.
Altri colpi in alcune filiali bancarie a Firenze e provincia, a Fossacesia (L’Aquila), a Tor Bella Monaca (Roma).
A Spoltore (Pescara), invece, un assalto di quattro banditi armati ad un furgone portavalori con un bottino di oltre centomila euro. A Pistoia, una rapina in banca con gli impiegati rinchiusi nel bagno e a San Gervasio (Brescia) altra rapina ad un portavalori. Ad Aragno (L’Aquila), un uomo sorprende i ladri in casa e finisce in ospedale per le botte ricevute, a Roma, un rapina in una tabaccheria si conclude con un bandito ucciso.
A Treviso, una novantenne viene aggredita in casa dalle ladre, malmenata e richiusa in bagno. A Terni, in una notte, una decina di case vengono svaligiate e la stessa situazione si verifica a Fermo, a Treviso, a La Spezia, a Empoli, a Cosenza, a Bobbiate (Varese). A Segrate (Milano) si spara nel corso di una rapina ad un portavalori. A San’Angelo Romano (Roma), tre banditi armati rapinano una coppia di sessantenni nelle loro abitazione dopo averli legati e imbavagliati. Stesso trattamento per un ottantenne in provincia di Vicenza con due stranieri che vengono arrestati dalla polizia.
A San Giorgio a Cremano (Napoli), vengono esplosi alcuni colpi di arma da fuoco contro una pattuglia di poliziotti mentre sventano un furto in un’abitazione. Due uomini restano feriti in una sparatoria a Pioltello (Milano). A Brescia un gioielliere viene aggredito in piena notte nella sua casa e accoltellato. A Roma, tre banditi tentano una rapina ai clienti di un Solarium sparando anche alcuni colpi di pistola.
A Sale (Alessandria) vengono esplosi alcuni colpi di kalashnikov all’indirizzo di una pattuglia dei carabinieri che sventa un assalto ad un portavalori. A Moncalieri (Torino), un barista viene gambizzato con quattro colpi di pistola mentre sta rincasando.
Sono soltanto alcuni dei gravi fatti di criminalità di un mese ancora nero di una situazione generale di insicurezza pubblica che si può tentare ancora di arginare con più poliziotti e carabinieri in strada e magari, in alcune città, integrando con servizi fissi e mobili di militari dell’esercito (aspettando gli arruolamenti straordinari delle forze di polizia, promessi da qualche anno) sempre coordinati da ufficiali e agenti di ps. Prima che la situazione diventi definitivamente incontrollabile.

Foggia: un altro grattacapo per il Ministro dell’Interno
Alcuni giorni fa il ministro dell’interno Lamorgese ha firmato, a Bari, il “Patto per l’attivazione della sicurezza urbana e per la promozione e l’attivazione di un sistema di sicurezza partecipata e integrata”. Un documento che, alla fine, servirà a poco come ha dimostrato l’esperienza di analoghi eventi in altre città che si sono aggiunti a protocolli e intese sempre fatti sulla sicurezza tra autorità e istituzioni locali.
Sicurezza che si potrebbe migliorare, come andiamo ripetendo da tempo, solo con una maggiore presenza visibile di poliziotti e carabinieri (che fine ha fatto, in molte città, il servizio di poliziotto e carabiniere di quartiere attivato una quindicina di anni fa?) che sono quelli che servono per fare un’adeguata prevenzione e per tranquillizzare i cittadini.
Nella circostanza della firma del Patto, il presidente della Regione Emiliano ha parlato di “dati criminali in netto calo” in ambito regionale, anche se a Foggia c’è una situazione criminale grave sulla quale continuano gli sforzi come ha aggiunto il Ministro dell’Interno assicurando, a breve, la sua presenza nella città per partecipare alla riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza.
In realtà, se diamo uno sguardo all’“Italia dei reati” come ci viene rappresentata da approfondite analisi pubblicate anche recentemente dal Sole24Ore e da ItaliaOggi, la situazione sulla sicurezza appare ancora problematica nelle province pugliesi.
Sicuramente lo è per Foggia e Bari che nella graduatoria del Sole24Ore del 14 ottobre scorso, sono le due province con un indice di criminalità nel 2018 alto, rispettivamente 4.136 e 4.072 denunce per centomila abitanti, con un lieve decremento dello 0,7% e dell’1,2% rispetto al 2017 (elaborazione su dati del Dipartimento della Pubblica Sicurezza). Barletta-Andria-Trani, Brindisi e Lecce si posizionano a metà classifica con circa 3.000 denunce/100mila abitanti e Taranto con poco meno.
La provincia di Foggia ha le posizioni di testa (quarta) negli omicidi consumati (rapporto di 1,77), nei furti di autovetture (rapporto di 539), negli incendi dolosi (quinta posizione) con il rapporto di 23,79 e nona nelle denunce per associazione di tipo mafioso. E’ in testa alla graduatoria per le estorsioni con il rapporto di 30,70.
Il territorio della provincia foggiana continua ad essere l’ambito di una progressiva espansione delle tre distinte organizzazioni criminali della società foggiana articolata in molteplici batterie dedite al traffico di stupefacenti, alle estorsioni e ai reati predatori, della mafia garganica con diversi gruppi attivi nello spaccio di stupefacenti, nella gestione di piantagioni di cannabis e di estorsioni e della malavita cerignolana impegnata nel mercato degli stupefacenti e delle armi, nella ricettazione, nel riciclaggio e nei reati predatori.
Una situazione di criminalità mafiosa e comune che, da anni, viene puntualmente rappresentata nelle relazioni semestrali redatte dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) e presentate al Parlamento dai vari Ministri dell’Interno che si sono succeduti nel tempo (l’ultima relazione, relativa ai risultati del secondo semestre del 2018, è stata presentata a luglio scorso).
Suppongo, tuttavia, che tali importanti documenti vengano poco letti da chi dovrebbe, poi, assumere decisioni politiche per attivare tempestive azioni di contrasto adeguate ai fenomeni criminali descritti.
In realtà siamo ancora molto lontani da queste iniziative e così il ministro Lamorgese deve affrontare anche questo ulteriore grattacapo pugliese ma, soprattutto, foggiano.
Anche nell’indagine di ItaliaOggi (pubblicata il 18 novembre scorso), Foggia occupa le ultime posizioni in tema di “reati e sicurezza” (inserita nella fascia “insufficiente”), poco lontana da Bari, Barletta-Andria-Trani, inserite nella fascia “scarsa”.
Di certo, comunque, Foggia è la peggiore delle province pugliesi anche in gran parte delle altre categorie di delitti presi in esame nell’indagine che si basa su dati Istat.
Così, nei reati contro il patrimonio occupa il novantacinquesimo posto a livello nazionale ed il penultimo posto negli omicidi volontari per centomila abitanti con il rapporto di 3,19, lo stesso per i tentati omicidi.
Ed ancora, Foggia è penultima nella graduatoria dei sequestri di persona con il rapporto di 4,15 ed in quello delle estorsioni con 28,55; è quart’ultima nella categoria dei furti di auto con 465,12 (primato, non invidiabile, che detiene Barletta-Andria-Trani con 586 e Bari con 565) ed è nel fondo della classifica (centesima posizione) in tema di “altre rapine” con il rapporto di 64,76.
Insomma, non sarà facile neanche per il ministro Lamorgese cercare di venire a capo di una situazione criminale così complicata e aggressiva.

Tratto da: liberainformazione.org

Foto © Imagoeconomica

Ti potrebbe interessare...

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos